Manuel Vázquez Montalbán: La solitudine ineguagliabile del padrone del mondo

30 Maggio 2002
Di tutte le solitudini che si possono comprendere e connotare, dalle più essenziali alle più fisiche, riconosco, Signor Imperatore, che nessuna supera la Sua, posta all´apice della globalizzazione, all´inizio della distanza più breve tra Disneyland e il sole. Solitudine accentuata dal fatto che Lei è stato scelto da una minoranza di sudditi, decisione attribuita alla negligenza dei cittadini, ma che forse, tenuto conto dei Suoi meriti, bisognerebbe attribuire all´immensa saggezza spontanea delle masse, con l´esperienza di oltre un secolo d´Impero, tempo sufficiente per verificare come il ruolo dell´Imperatore dipenda dal potere economico che lo finanzia e dalla capacità del personaggio di recitare la parte.
Lei incarna, al livello più alto, la solitudine del politico, che è raddoppiata dal periodo tra le due guerre, non importa quali esse siano, quando i professionisti della cosa pubblica diventarono portavoce del potere economico, e per conoscere un po´ meglio il futuro non è tanto utile sapere il nome del nuovo Imperatore quanto quello dei suoi patroni. Durante il periodo tra le due guerre, il sistema schiacciò la capacità rivendicativa dei nemici dell´Impero e, durante una delle guerre più lunghe, venne annientata la coscienza politica realmente alternativa a quanto potevano rappresentare i valori riconosciuti come i più eterni. Si impose via via l´evidenza dei limiti del cambiamento e del ruolo di delegati del potere economico e tecnico-militare che i politici avevano detenuto a ogni livello, fino a quello più alto, quello dello stesso Imperatore. Ricordo, Signore, che nella mia gioventù contestataria era di estrema importanza leggere analisi politiche in cui si dimostrava come fosse più utile giocare a golf con l´Imperatore che essere un suo elettore. Gli Imperatori giocano a golf con il potere economico e culturale legato agli apparati ideologici, informativi e telecomandati. È questa la vicinanza che conta poiché isola nei migliori green l´immaginario del potere politico senza staccarlo dai suoi padroni.
Così si spiega che certe personalità dotate non solo per la politica ma addirittura per la conversazione diventassero Imperatori senza che accadessero catastrofi galattiche. Di alcune di esse si diceva fossero incapaci di fare due cose insieme, per esempio scendere una scala e masticare gomma americana. Non erano leggende o calunnie. Uno degli Imperatori più transitori cadeva dalle scalette degli aerei ogni volta che si ostinava a scenderle senza smettere di masticare la sua gomma. Gli Imperatori sono di solito busti parlanti solitari, e intorno a loro si muovono due generi di esseri: esperti autosufficienti reclutati nelle sfere più alte del sapere e collegati a tutti gli apparati del potere reale, quello economico e quello militare, e borsiste un po´ cicciotte, avide di comunicazione orale. I redattori di agiografie scrivono che vi fu qualche Imperatore più notevole degli altri, a seconda di quanto recitasse bene la sua parte, fatto non sempre ovvio, talvolta omologabile secondo le migliori tecniche della scuola di Stanislavskij o del controllo naturalistico di Sir Lawrence Olivier.
Lei venne eletto perché il Suo rivale era un po´ palloso, più adatto a fare il presidente di un qualche ordine di avvocati ricchi che a fare l´Imperatore. Inoltre, negli ultimi tempi era ingrassato troppo e i retroscena della sua candidatura erano stati evidenti fin da quando era nato o si era iscritto a Harvard. Soltanto Lei poteva aspirare a presiedere quest´Impero, e ora, perché in ogni altro luogo del mondo, senza Suo padre e senza la Sua lobby, si troverebbe a vendere il pop-corn negli stadi o alle corridas. Lei, Imperatore, non apparteneva neanche alla razza di quelli che cadono dalle scale quando masticano gomma americana, ragion per cui i Suoi consiglieri non Le lasciavano scendere le scale e ancor meno masticare gomma, neppure quando queste cose le faceva una alla volta. E non le lasciavano neanche sbocconcellare salatini, ma Lei se li nascondeva nelle tasche e nei cassetti più segreti delle stanze imperiali e si procurava minuti di assenza per mangiarli.
Qualche giorno prima delle elezioni, emerse dalle gole e dai cassoni più profondi il ricordo di Lei, non più tanto giovane, ormai quarantenne, che assumeva droghe proibite e soprattutto la più convenzionale di esse, l´alcol. Arrivarono a ritirarLe la patente di guida; poi si rigenerò quanto basta per uscire dalla sua crisi da quarantenne e trovare un posto di lavoro e uno stipendio come viceré di una provincia importante, dove si dedicò a spedire alla sedia elettrica i perdenti sociali che, per via delle loro stesse carenze o tossicodipendenze, non ebbero a loro disposizione materassi per addolcire la caduta. Nel giustiziare le vittime del sistema con tanta facilità, saggiamente, Lei sterminava quell´altro io che si ubriacava per dimenticare la Sua stessa mediocrità e che la Sua identità dipendeva esclusivamente dal fatto di chiamarsi come Suo padre, il vecchio Imperatore, in grado, lui sì, di scendere le scale e masticare gomma contemporaneamente, ma non di farsi la barba mentre cantava e nemmeno di cantare mentre si faceva la barba.
No. Voi non eravate candidati entusiasmanti, come ragionava assai bene Woody Allen in un acuto articolo pre-elettorale, anche se quel gran castratore di malinconie proprie e altrui decideva di votare, senza speranze, in favore del Suo rivale. L´elezione del presidente degli Stati Uniti, nonché Imperatore per il rimanente universo, esclusi alcuni pochi Stati in transizione storica o con senso dell´umorismo, era già stata decisa e ora appartiene al libro in cui tutto è scritto, come Lei, appena seduto sul trono, tirasse fuori alcune delle Sue migliori carte di governo, quasi tutte ereditate dall´équipe di Suo padre che del resto non erano strettamente dell´équipe di Suo padre. Perché Voi due appartenete a quel genere di Imperatori poco dotati per l´analisi politica e dipendenti da quelle che un tempo si chiamavano lobbies o gruppi di pressione e che ora non sappiamo come nominare, in quanto la rivoluzione conservatrice, così urgente e generosa, non ha trovato il tempo per correggere tutti i truci eccessi significativi della sinistra. Propongo che lobbies e gruppi di pressione si chiamino Organizzazioni Non Governative di Agenti di Interazione Extraparlamentare.
Tra tutte le nomine, la più appariscente fu quella di un Visir degli Affari Esteri nero. L´appariscenza del colore della sua pelle si offre a diverse letture, ma nessuna di esse evidenzia che il suo comportamento in quanto protettore della politica estera sarebbe stato diverso da quello di un generale in pensione anche se bianco. La condizione di perdente simbolico non presuppone solidarietà con i perdenti: abbiamo già visto che Margaret Thatcher fu un capo di governo durissimo, mai affetta dalla benché minima dose di femminismo. Anche se la Thatcher ci avvertiva delle sue intenzioni ogni volta che usciva dal parrucchiere coronata da una permanente non meno incorrotta del braccio di santa Teresa, il suo Visir ex generale e nero ci aveva già fatto capire durante la Guerra del Golfo che cosa significhi la nuova logica bellicista del sistema, intesa a eliminare la disoccupazione mediante la tecnoindustria armamentista. Il Suo ministro degli Esteri venne definito un eroe di quella guerra, di quella prodigiosa commedia militare mediatica zeppa di spie e cormorani infiltrati, prima dimostrazione di come, nelle guerre avanzate, a morire sia soltanto il nemico e di come il disordine internazionale indossi la maschera del suo contrario. Il Suo Visir aggiunge la volontà di far sì che le guerre non vengano chiamate guerre e siano trasmesse in diretta dalla CNN a condizione di non mostrare né i cadaveri né le distruzioni che i buoni possono infliggere ai cattivi. Nemmeno i neri dell´Africa Equatoriale, è un modo di dire, devono quindi fidarsi del fatto che l´Impero ha un uomo di fiducia nero, nel caso che chiamarlo così sia politically correct.

(Traduzione di Hado Lyria)

Manuel Vázquez Montalbán

Manuel Vázquez Montalbán (1939 - 2003) con Feltrinelli ha pubblicato: Gli uccelli di Bangkok (1990), Tatuaggio (1991), Il centravanti è stato assassinato verso sera (1991), Il labirinto greco (1992), Ricette …