Erri De Luca: L’uomo ha fatto del corpo un’arma di sterminio

12 Settembre 2002
Il millenovecento ha combinato di nuovo l’ingegneria col cielo. L’aeroplano e gli edifici di centinaia di piani occupano le sue quote addomesticandole a spazio supplementare del suolo. Ne hanno fatto un cielo di servizio. Una giostra di satelliti di notte confonde la rotta alle balene. Le linee dei motori lasciano ulcere bianche nell’azzurro. Gli incendi e i gas lo velano a lutto. Allora un giorno il cielo ha uno scossone. Afferra i due aeroplani e li scaraventa contro due grattacieli. L’ingegneria volante esplode contro l’acciaio avvitato tra le nuvole. È strage di inquilini dell’aria. Per reazione e risposte attaccano un popolo di villaggi e montagne, di pastori e tribù di nomadi. Lo vincono. La vittoria è veloce, ma non basta. Continuano a vincerlo con precisi bombardamenti su feste di nozze, su moschee e torri di muezzin che dall’alto sembrano dei missili puntati terra-aria, ma non possono decollare perché il loro combustibile è a fiato di preghiera, che punta al bersaglio alto in altro modo.
Questo va in cambio di quello, dicono. Il conto torna. L’estate successiva, questa, i cieli, rimasti incompresi, si rovesciano. Radunano acque di oceani e le trasportano a fiumi sopra i fiumi d’Europa, per mettere il continente amato da Zeus con l’acqua alla gola e anche più su. È estate di annegati in terraferma. Gli amanti delle stelle cadenti hanno avuto in sostituzione i fulmini a grappoli un effetto giorno in piena notte.
Una sera a Gaeta una festa cercò di competere sparando una ben assortita artiglieria di fuochi d’artificio. Ma i fulmini che si buttavano a capofitto nel mare dirimpetto non permettevano il minimo termine di paragone.
Nei notiziari il cielo passava per uno spaesato che non riconosceva le stagioni. Nessuno gli dava del tu, cercando di leggere il rigo lasciato bianco tra il basso delle nuvole e le ondate. La scrittura sacra insegna che anche il bianco tra le righe è scritto. Ma ci vogliono i poeti per dare il tu all’immenso e intervistarlo. "Che fai tu luna in ciel dimmi che fai silenziosa luna?": così provava Leopardi nel suo Canto notturno di un pastore errante dell’Asia. Così dava del tu. Oggi i poeti portano occhiali da sole, non si accecano più per essere veggenti e i pastori dell’Asia sono tutti taleban sotto tiro.
Così le mosse dei cieli sono state ridotte a zuffe terrestri tra punti cardinali: un’ira d’Oriente contro la spiritualità bancaria d’Occidente. Notiziari e commenti stabiliscono i torti, è colpa dell’Est, del Sol Levante, ma no, dell’Occidente che è al tramonto per definizione.
Intanto, dopo i temporali non si chiudeva più un solo arcobaleno. Se spuntava era solo un piede, zoppo, scarto di un’alleanza antica tra suolo e cieli aperti. Il vecchio marinaio di Odessa al ragazzino ebreo che già scriveva pagine, diceva: "Sono belle però a te manca il senso della natura". "Chùvstva priròdj", senso della natura: questo manca ai sapienti di oggi, alle loro dispute sui torti dei vari punti cardinali. Il mondo è governato da gente di città che non distingue un faggio da un ciliegio.
Intanto nelle guerre spunta un’arma nuova, il corpo umano, la sua vita disposta a disintegrarsi pur di disintegrarne altre. Il corpo è la più nascosta delle armi, sta dovunque. Rivestito d’esplosivo non ha bisogno d’essere puntato, va da solo. Non deve cercare il nemico, tutti sono nemici. Non ha bisogno di vivere, di riprodursi, è frutto d’altra missione. Il corpo umano è un’arma di sterminio.
Suicidio, dicono di lui notiziari e commenti notando la formula di congedo. Per lui è farsi fulmine in terra, starsene impugnato nella destra della sua divinità, esserne la prolunga. Quel corpo si è alzato presto, si è lavato, ha recitato versi, ha visto l’alba senza desiderare la seguente, ha badato ai suoi passi, a non inciampare e a non farsi urtare. Portava con sé il centro della morte inoltrandosi tra vite parallele, poi è esploso diventando la circonferenza. Chiedono la paternità dell’atto, le rivendicazioni: sono chiasso di coda. Tu chiedi invece la maternità: quale madre di ferro ha partorito schegge anziché un figlio? La madre è terrasanta, un ardore di bibbie sovrapposte, alture di patiboli, callo di terrore, un suolo che mai ricopre i sangui. "E saranno i tuoi cieli che sono sulla tua testa di rame; e la terra sotto di te di ferro": chiedi alla scrittura sacra che sta nelle tue chiese, nelle sinagoghe. Troverai le materie prime e le parole ultime. Niente da aggiungere e da togliere.
La maternità di terrasanta è un rovo ardente. Il resto del mondo è periferia e digrada dalla temperatura del monte di Tziòn. Laggiù Dio può solo dare un sabato alle guerre. Se scruti il salmo vedi che usa il verbo "shabbàt", quello del sabato. E noi siamo appena a un lunedì.

Erri De Luca

Erri De Luca è nato a Napoli nel 1950. Ha pubblicato con Feltrinelli: Non ora, non qui (1989), Una nuvola come tappeto (1991), Aceto, arcobaleno (1992), In alto a sinistra (1994), Alzaia (1997, …