Michele Serra: I no limits del pericolo

13 Gennaio 2003
Ogni tragedia della montagna riaccende il dibattito - vecchio quanto il turismo di massa - sulle responsabilità umane, e sull´eccesso di dimestichezza con la quale milioni di persone affrontano un ambiente severo e infido. Dibattito che s´arresta, in genere, di fronte a interessi economici così cospicui da sconsigliare eccessivi allarmi. Valanghe e slavine, d´altro canto, travolgono di preferenza gli incauti, ma a volte gli alpinisti esperti: quanto basta per inserire anche la fatalità tra le cause di morte. Inevitabilmente diverso è il discorso che riguarda gli incidenti sulle piste di sci. Chiunque le frequenti, con crescente paura, ha notato negli ultimi anni il proliferare di comportamenti scellerati.
Un vero e proprio bullismo delle nevi che la diffusione dello snowboard ha incrementato senza trovare argine. Una malintesa cultura no limits, favorita da un marketing molto attento a esaltare le prestazioni e pochissimo a mettere in guardia contro i pericoli, anima eserciti di giovanotti che si fiondano giù per le piste sovraffollate senza cura alcuna per l´incolumità propria e soprattutto altrui. Lo sci tradizionale contava già i suoi bulli. Lo snowboard li ha significativamente moltiplicati, inducendo troppi neofiti a cercare limiti tipicamente sportivi nel bel mezzo del normale e ingorgatissimo traffico degli sciatori del week end: come se ogni domenica, su ogni autostrada, si svolgesse un rally automobilistico o una gimcana.
Il problema è noto da tempo. Ma sono pochissime le stazioni di sci che hanno tentato di disciplinare il fenomeno, dotandosi di qualche strumento preventivo (piste apposite per gli snowboard) e repressivo (controlli lungo le piste). Il colossale giro di denaro dell´industria bianca suggerirebbe, se non altro per fare bella figura, d´inserire anche la sicurezza attiva e passiva tra i servizi offerti. Ma questo non accade, se non sporadicamente, ed è un segno d´evidente arretratezza culturale d´un mondo che appare travolto da un benessere economico fulmineo e stordente.
Il turismo alpino è esploso, prodigo e devastante, in valli un tempo povere o poverissime, massacrando paesaggi e sradicando abitudini. Ha portato infiniti vantaggi, facendo lievitare i redditi e mettendo comunità un tempo chiuse a contatto con i tempi. Ma ha anche dissolto consuetudini di rispetto per la montagna, di prudenza, perfino d´intelligenza ambientale, svendendole a un benessere economico troppo a lungo atteso. I montanari, ai quali spettano gli onori e gli oneri dei padroni di casa, chiudono volentieri entrambi gli occhi di fronte a un uso ingordo e vandalico dei loro luoghi e delle loro risorse. Prontissimi a moltiplicare gli impianti pur di moltiplicare gli incassi, lo sono assai meno quando si tratti d´invitare i loro ospiti paganti al rispetto della natura e a un uso cauto e civile della montagna.
Timidamente, troppo timidamente, all´inizio d´ogni stagione sciistica le società e le comunità che gestiscono gli impianti si pongono il problema d´un "codice delle piste", e di controlli almeno minimi lungo pendii che sono abbandonati all´arbitrio di chi li percorre. Forse è arrivato il momento d´aiutarli: il legislatore può fare molto, anche perché il vuoto di norme e di misure repressive, sulle piste, è totale, e se c´è un luogo nel quale l´impunità è assoluta, e l´esaltazione da impunità idem, questo luogo sono le pendici innevate.
E se l´offerta continuasse a essere troppo disinvolta sul piano della sicurezza, un salto di qualità, e di cultura, potrebbe arrivare dalla domanda: gli sciatori comincino finalmente a chiedere, tra gli optional per la loro vacanza, oltre alla sauna e alla lampada abbronzante, anche i vigili delle nevi sulle piste. Compresi nel prezzo.

Michele Serra

Michele Serra Errante è nato a Roma nel 1954 ed è cresciuto a Milano. Ha cominciato a scrivere a vent’anni e non ha mai fatto altro per guadagnarsi da vivere. …