Umberto Galimberti: La nostra anima che si difende dall´angoscia

05 Dicembre 2003
La chiamano "paura", in realtà è "angoscia". La paura è un ottimo meccanismo di difesa che, di fronte a un pericolo determinato, adotta strategie di attacco o di fuga. L´angoscia, invece, è un sentimento che insorge di fronte all´indeterminatezza di una minaccia non identificabile, non localizzabile, non prevedibile, ma vissuta come certa, come qualcosa che, prima o poi, capiterà. Dall´angoscia non ci si può difendere.
L´arma del terrorismo, che è poi l´arma di chi non ha eserciti per combattere ad armi pari, è la distribuzione dell´angoscia, la stessa arma dei giovani che, non potendo competere con gli adulti (i genitori) ad armi pari, li ricattano seminando angoscia con i loro comportamenti imprevedibili, le loro nottate senza ritorno, le loro trasgressioni nascoste, i loro discorsi al limite di una improbabile o probabile devianza.
Dopo la guerra in Iraq e non dopo l´11 settembre, anche molti italiani vivono nell´angoscia. Non te la dichiarano, perché nella nostra cultura non bisogna ostentare paura o debolezza, ma la rivelano i loro comportamenti che disertano la metropolitana, i viaggi aerei, gli assembramenti di massa. Una mano alla diffusione dell´angoscia la danno anche i nostri politici che, nel propagare i successi delle operazioni di polizia, ti fanno anche sapere che il terrorista abita la tua città, e da lì opera per i suoi disegni di distruzione. Un po´ di segretezza in questo scenario non sarebbe male. Ma che volete. Un "ve l´avevo detto" dopo una strage accredita sempre chi governa.
Ma, notizia dopo notizia, avvertimento dopo avvertimento, l´angoscia dilaga e, come nei deliri paranoici, si dissemina su tutte le cose che diventano terribilmente sospette. Si eleva in ciascuno di noi la soglia di vigilanza, diventiamo più guardinghi, più sospettosi. Il luogo pubblico, che è poi il luogo della socializzazione, diventa il luogo del pericolo, mentre il privato, la famiglia diventa il luogo della sicurezza. Dentro casa ci si fida. Fuori si diffida.
E così il sociale collassa, e col sociale parte dell´essenza umana che gli antichi greci avevano individuato quando definivano l´uomo "animale sociale". Svilupperemo egoismi, solitudini, diffidenze, sospetti. Prima del disastro terroristico avremo creato una società così poco fiduciaria e solidale che sarà il vero disastro senza vittime di sangue.
Conviveremo comunque abbastanza decentemente anche con il terrorismo, perché, siccome l´angoscia è costitutiva della nostra struttura psichica, basterà trasferirla dal piano psichico a quello reale: non più angoscia del futuro, della mancanza di lavoro, dell´amore che non c´è, dei figli che chissà come crescono, ma angoscia del terrorismo. Un evento esterno ai nostri angoscianti vissuti psichici. Qualcosa di preciso che fa pulizia dei fantasmi della nostra mente. Il nemico è là e non chissà dove.
Finiremo per liberarci dall´angoscia ed avere semplicemente paura. Impoverimento psichico, senz´altro. Ma forse anche la nostra anima aveva bisogno di semplificazione.

Umberto Galimberti

Umberto Galimberti, nato a Monza nel 1942, è stato dal 1976 professore incaricato di Antropologia Culturale e dal 1983 professore associato di Filosofia della Storia. Dal 1999 è professore ordinario …