Vittorio Zucconi: Diari segreti dalla schiavitù. "Io, un nero che osa scrivere"

21 Giugno 2004
Doveva essere un ragazzo robusto e forte, Wallace Turnage, perché fu venduto per 950 dollari nel 1860, quando 950 dollari erano un capitale e al massimo uno schiavo poteva valerne mille, mille e due se era proprio un magnifico esemplare da lavoro. Ma non fu un buon investimento, per il piantatore dell´Alabama che lo comperò al mercato, insieme con due suoi fratelli. Wallace Turnage aveva un grave difetto segreto. Di nascosto, due ore ogni notte, aiutato dalla madre e dai figli del padrone che rischiavano il carcere passandogli di nascosto copie di un magazine illustrato, "fu imparato", come diceva lui, a leggere e scrivere. Non bene, non nell´inglese della regina, ma abbastanza per avere scritto di nascosto il diario della propria vita che oggi, quasi un secolo e mezzo più tardi, è riaffiorato dal baule della figlia morta in una casa di riposo, a portarci in diretta la voce di chi non avrebbe dovuto parlare. Il diario autografo di uno schiavo che osò imparare a scrivere.
Sono passati 139 anni dal giorno di giugno del 1865, il 19, quando l´ultimo stato schiavista del Sud, il Texas, che aveva resistito fino alla disfatta della Confederazione prima di abbandonare la "istituzione speciale" come i sudisti chiamano lo schiavismo e piegarsi alla sconfitta militare e all´emancipazione. Migliaia di giovani di colore e qualche vecchio sono andati in Texas, lo Stato di George W. Bush, per ricordare questa data e per irritare i texani che resistettero fino all´ultimo prima di cedere. Ma se la storia dell´uomo bianco, le sue vittorie militari e politiche, è stata scritta molte volte, al mosaico dello schiavismo mancavano ancora i tasselli delle voci delle vittime, la verità raccontata dagli esseri umani comperati e venduti e proprio in questi giorni, un pezzetto di quel silenzio è caduto.
Da una casa di riposo del Connecticut, dove a 99 anni è morta la figlia del ragazzo venduto a 14 anni nel 1860, è uscito, tra vecchi dagherrotipi e foto di studio, il diario di Wallace Turnage mentre in Virginia un altro documento, un altro diario scritto dallo schiavo John Washington, è stato ritrovato da uno storico di Yale. E se la loro vita racconta cose purtroppo ben note, le aste bandite per commerciare donne e figli, la rassegnata accettazione della propria esistenza di "oggetti" umani, la incomprensibile disperazione di essere separati dalle madri e dai fratelli per essere spediti al lavoro nelle ultime piantagioni dell´Alabama o del Texas, è la voce di questi uomini, tradotta su fogli di diari con calligrafia e ortografia sgangherate, a parlare con la semplicità di chi non conosce le malizie della retorica. "Non potrò mai dimenticare le lacrime di mia madre", annota Wallace Turnage, la sera in cui fu venduto da un mercante di Richmond.
Wallace era figlio del suo padrone, naturalmente illegittimo, che aveva messo incinta la madre, perché le prestazioni richieste e imposte agli schiavi non erano soltanto di lavoro. Dalle suo foto, prese quando ormai era un uomo libero ed era fuggito verso il Nord, raccolto da una pattuglia di "giubbe blu" si vede che nel suo sangue scorrono anche cromosomi bianchi e la figlia, quella morta a 99 anni, si era sempre spacciata per "bianca", perché lo schiavismo è morto, ma il razzismo vive. Era un uomo gentile e mite, e lo si capisce dall´incipit del suo diario, che ha un titolo talmente semplice da essere straziante, Left Alone, lasciato solo e comincia con le sue scuse al lettore, come se avesse ancora paura di essere frustato dal padrone per la sua impudenza. "Wallace Turnage - scrive in terza persona, per rispetto non per presunzione - chiede scusa per questo libro. Sono quadretti della mia vita e delle persecuzioni subite tra il 1860 e il 1865, ma non intendo che questo sia offensivo per coloro che mi hanno comperato e venduto. Chiedo perdono anche per la mia cattiva grammatica e per la mia brutta prosa, ma il lettore capirà che sono stato privato di istruzione formale".
Il lettore lo perdonerà. Come John Washington, l´altro diarista, che "era stato imparato" dai figli del padrone violando la legge secondo la quale agli schiavi era proibito imparare a leggere e scrivere, anche Walle racconta delle notti trascorse con la madre a leggere sillabari sottratti dalle stanze dei signorini e del suo primo lavoro per il proprietario. "Ero il suo garzone di asta, e il mio lavoro era spogliare li schiavi e le schiave in vendita e accompagnarli dalla gabbia al palco dove erano esibiti nudi per i compratori". Sulla piattaforma molti piangevano. Ricorda Washington: "Non dimenticherò mai i lamenti delle donne che vedevano i figli venduti e mandati nel lontano Sud che sapevano non li avrebbero mai più rivisti su questa terra".
Venne la liberazione, per questi uomini fortunati che per appena cinque anni dovettero assaggiare la frusta nella piantagione. "Tutti noi schiavi correvamo - scrive Washington che era in Virginia, dunque in prima linea - correvamo sui tetti per vedere oltre il fiume luccicare le baionette dell´esercito e guardarli avanzare", fino a quando lui corse via, verso il fiume che separava le linee, saltando su una barchetta e remando verso l´altra riva e l´altra vita. Ma quella madre, che gli aveva, per fortuna nostra, insegnato a scrivere nel fienile, di notte, alla luce di una candela, sfogliando sillabari o copie rubate di Harper´s, anche lui, come Wallace, non la rivide più.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …

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