Vittorio Zucconi: Stati Uniti. Lo strano genio che sbanca i quiz

20 Luglio 2004
L'uomo che sapeva tutto scarabocchiò tranquillo un nome sulla sua lavagna elettronica, Cio-Cio San, la geisha pucciniana, e poi sorrise modesto allo sbalordito presentatore del telequiz che annunciava senza più voce il totale: "Giusto! Giusto! Con questa risposta esatta, lei ha vinto finora un milione, centomila e 960 dollari, lei, signor Jennings, è il recordman assoluto dei telequiz, lei è un genio". Genio? Per una Madama Butterfly? Nessuno, effettivamente, aveva mai vinto come lui. Nessuno è mai rimasto campione invitto per 33 puntate, sbaragliando la dispettosità delle domande e la concorrenza degli avversari. Nessuno, nella storia ormai cinquantennale dei telequiz aveva saputo rispondere correttamente, come ha fatto questo signor Ken Jennings, a 1.004 domande consecutive in ogni categoria immaginabile, musica e sport, guerre e gastronomia, sport e fumetti. E dunque nessuno poteva, meglio di questo trentenne biondo dello Utah, di professione programmatore di computer, definito enfaticamente "genio", riaprire quella domanda alla quale millenni di ricerca, di filosofia, di letteratura hanno mai saputo dare la risposta esatta: che cos'è l'intelligenza? L'incredibile viaggio dell'uomo che sapeva tutto ha resuscitato una discussione che sembrava essere finita con il disastro del primo "Lascia o raddoppia?" americano negli anni '50, lo scandalo del concorrente Van Doren, colto e bennato figlio di ottima famiglia, che vinceva tutto soltanto perché era biondo, bello, popolare e i produttori gli passavano le risposte. Il caso Van Doren, raccontato nel film Quiz Show, sembrava avere distrutto per sempre il mito del genio enciclopedico che in Italia resistette ancora, tra fagotti, controfagotti, polpose vallette e sarti torinesi. Ma l'avvento del Pico della Mirandola mormone, nato a Salt Lake City nello Utah, che ha sparecchiato soldi, domande e avversari nel telequiz più serio e compassato d'America, ‟Jeopardy!” (rischio) della Abc Television, ha riattizzato polemiche sopite da mezzo secolo. Chi conosce le risposte esatte a mille quesiti disparati è un genio o un semplice idiot savant, un cretino con una memoria di ferro? è una persona capace di immagazzinare ed elaborare quantità immense di fatti e di factoids, di pseudo fatti, dunque uno intelligente, o è un inconscio "mago della pioggia", come il protagonista autistico di Rain man, capace di calcolare migliaia di combinazioni matematiche senza capirne il significato? ‟Jeopardy!” è il veterano dei telequiz americani che da decenni galleggia rispettabilmente nei rating senza insidiare i reality show né i giochi a premi più elementari e ricchi come "Chi vuol essere milionario" o la "Ruota della fortuna", costruiti sulla sorte e su qualche aiutino istituzionalizzato. La conoscenza delle risposte si intreccia con la abilità dei concorrenti - tre per puntata - di variare le scommesse al momento giusto e di fare meglio degli altri. Non promette somme faraoniche e 20 o 30 mila dollari sono il massimo al quale un vincitore possa aspirare. Dunque, non è costruito sul puro nozionismo da piccola enciclopedia popolare, ma sulla capacità di valutare i rischi in funzione delle proprie conoscenze e degli avversari. Richiede, appunto, intelligenza di gioco. Ecco allora la domanda da un milione di dollari che oggi psichiatri, antropologi, letterati, giornali si pongono, davanti al biondo mormone pigliatutto. L'intelligenza e la definizione di che cosa essa sia. Il ‟New York Times” interpella l'emerito professor Howard Gardner, docente di abilità conoscitive a Harvard che fa ciò che ogni vero esperto fa in questi casi, dribbla, distingue ed evade. "Certo, Jennings non è uno stupido, ma la sua è memoria linguistica, intelligenza verbale, aiutata dalla capacità intellettiva di organizzare le conoscenza in categorie, come un classificatore o un computer, senza necessariamente stabilire nessi fra di esse", appunto come quei computer dei quali è programmatore. Ma ci sono molti altri tipi di intelligenza e nessuna definizione li può abbracciare tutti. Un altro studioso, Jonathan Plucker della Indiana University, ammette che possa esistere una sorta di "intelligenza generale", una capacità intellettiva superiore applicabile a qualunque tipo di disciplina: "Un grande filosofo potrebbe facilmente essere anche un grande radiologo o un magnifico avvocato". Il professor Plucker è un fan del programmatore piglia tutto. "Chiaramente, quest'uomo è molto più di un fenomeno da puzzle, perché sa utilizzare le conoscenze mnemoniche nel contesto spaziale e temporale e interpersonale del duello con gli altri concorrenti. Ha intuito". è come il giocatore professionale di poker, osserva un altro studioso di facoltà cognitive da Berkeley, che sa "leggere" gli avversari e capire quando bluffano o quando sono vulnerabili al suo bluff. "Nonostante migliaia di libri su come vincere a poker - concorda Gardner da Harvard - l'intelligenza dei rapporti interpersonali è più importante della intelligenza logica di chi cerca di calcolare le probabilità e le sequenza". Alla fine, tutti gli esploratori frustrati concordano sulla conclusione che definire in modo univoco e onnicomprensivo che cosa sia l'intelligenza umana è impossibile e arbitrario. Come è impossibile e crudele quantificare l'opposto, la stupidità, attorno alla quale sociologi e antropologi americani tentarono di accordarsi all'inizio del secolo, con una graduatoria che distingueva, anche a fini di reclutamento militare, il cretin, (il fondo del barile) dal moron, (l'idiota) dallo stupido semplice e dal non molto sveglio. La fissazione positivista e materialista che alla fine produsse quell'abominio, oggi sempre più contestato ma anche molto americano, dell'indice di intelligenza misurato come la febbre. Il dubbio su Ken Jennings, se sia il solito "secchione" che sa tutto e non capisce niente o un genio che colloca e sfrutta le proprie conoscenze nello spazio tridimensionale della vita sotto forma di quiz, rimane insoluto, fortunatamente per chi di noi non ha alcuna speranza di poter rispondere a 1.004 domande consecutive in 33 giorni (e continua). Rimane una consolazione romantica (il romanziere è intelligente o scemo?): sapere che Madama Butterfly ha smesso di aspettare il fil di fumo all'orizzonte e ha perdonato il suo Pinkerton da telequiz, rendendolo milionario.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …