Michele Serra: A scuola con i Nasi Forati

23 Luglio 2004
Sono un nativo americano della tribù dei Nasi Forati. Abito in Italia da qualche anno e mi trovo benone, nonostante io sia l'unico Naso Forato di questo paese. Ho un figlio e vorrei farlo studiare. Secondo la legge italiana, tra l'altro, l'istruzione è un obbligo. Ero molto contento di mandarlo alla scuola pubblica, che mi piace perché è uguale per tutti. Ma ho saputo che, dopo le scuole cattoliche e le scuole ebraiche, si sta decidendo di introdurre anche le scuole islamiche.
Allora mi sono detto: perché loro sì e mio figlio no? Mi è stato risposto che esiste un problema di quantità, grosso come una casa. I cattolici sono moltissimi, gli ebrei sono una comunità piccola ma con identità e tradizioni culturali forti e radicate, i musulmani sono ormai il secondo gruppo religioso del paese. Mio figlio, invece, è il solo studente Naso Forato italiano, e probabilmente l'unico in Europa. Ho risposto che il ragionamento non regge, da nessun punto di vista: i diritti non sono mai un problema di quantità, sono un problema di qualità. Il mio diritto non è diverso da quello di cattolici, ebrei e musulmani solo perché loro sono tanti. In democrazia, la minoranza è sacra. E nessuno è più minoranza di mio figlio.
Ho dunque presentato al Tar, al Provveditorato, al Ministero e a una decina di altre istituzioni un capitolato molto ben scritto (ho tre lauree), giuridicamente agguerrito, chiedendo che venga istituita una scuola parificata per Nasi Forati. Naturalmente, ho vinto: nessun giurista, nessun democratico, nessuna persona dotata di buon senso poteva negare a mio figlio lo stesso trattamento che può spettare, qualora lo vogliano, ai ragazzi cattolici, ebrei e musulmani. Se le radici sono importanti, allora devono esserlo per tutti, nessuno escluso. E se si decide che le radici comuni offerte dalla scuola pubblica non bastano più, allora mi prendo anche io la mia giusta porzione di diversità.
Dal primo settembre, dunque, mio figlio frequenterà il primo Liceo Parificato Gufo Pedante (fu il più celebre pedagogista del nostro popolo). Non avrà sede: la nostra cultura non sopporta la stanzialità, e gli edifici in muratura ci opprimono. Sarà dunque un liceo all'aperto, che stabilirà di giorno in giorno dove tenere le sue lezioni, seguendo l'antica traccia delle migrazioni dei bisonti (come concessione alle usanze del paese ospitante, e per ovviare alla mancanza di bisonti in Italia, la scuola seguirà la migrazione delle beccacce). Le lezioni di tiro con l'arco saranno sospese durante l'attraversamento dei centri urbani. L'ora di grido di guerra avrà luogo solo a debita distanza dagli ospedali. L'accampamento per i nove docenti e le loro famiglie, e per l'unico alunno, comprenderà anche un wigwam palestra e un totem al quale legare il motorino di mio figlio.
Le materie principali sono caccia al bisonte, concia dei pellami, guerra, teoria e pratica dello scalpo, astronomia e orientamento, cavallo, arti sciamaniche, acconciatura, pagaia, epica orale e, ovviamente, religione. Mio figlio sarà educato nel culto del Grande Spirito, Manitù. Non disponendo di aule, non sarà possibile appendere al muro il simbolo del nostro culto, un tronco di sequoia lungo quaranta metri. Mio figlio, che l'hanno scorso ha frequentato le scuole medie pubbliche, ha provato ad appenderlo accanto al crocifisso facendosi aiutare dal genio civile, ma il parziale cedimento della parete lo ha dissuaso. In sostituzione, mio figlio ha appeso gli scalpi dei ministri Buttiglione e Moratti, ottenendo l'imprevisto e clamoroso appoggio di docenti e compagni di scuola.
I costi? Secondo i principi della nuova riforma della scuola, anche i costi delle scuole private parificate sono in buona parte a carico della collettività. Mio figlio pagherà la retta simbolica dei nostri avi, un tacchino vivo, che verrà consegnato solennemente al capo del governo, in segno di deferenza. La somma restante (un milione e settecentomila euro all'anno) la pagherete voi contribuenti. Ma non vi lamentate: se la vostra scuola di Stato vi sta così poco a cuore, dovete rassegnarvi a mantenere anche le scuole confessionali. Dice un antico proverbio dei Nasi Forati: chi ha ucciso il bisonte non lo rimproveri perché è morto. Augh!

Michele Serra

Michele Serra Errante è nato a Roma nel 1954 ed è cresciuto a Milano. Ha cominciato a scrivere a vent’anni e non ha mai fatto altro per guadagnarsi da vivere. …