Vittorio Zucconi: I segreti rubati di Los Alamos

26 Luglio 2004
Dai laboratori americani delle armi di distruzione di massa, i segreti delle testate nucleari più avanzate uscivano ed entravano, copiati e ricopiati in dischetti portatili. In quali mani finivano, quelle copie di disegni e documenti ultrasegreti? Erano solo leggerezza, incuria, routine, o filtrava qualcosa di più sinistro da quei segretissimi colabrodo? A Los Alamos, che sfornò le prime bombe "Fat Boy" e "Little Boy" sganciate sul Giappone, l'armadio con i dischetti ultra "classificati", era stato messo accanto al distributore di bibite, in un corridoio vicino alle toilettes. E tutto questo nel tempo della "minaccia terrorista", quando si proibisce ai passeggeri di portare forbicine da unghie in aereo e le commissioni d'inchiesta sull'11 settembre denunciano l'incompetenza e l'inettitudine delle agenzie di spionaggio e controspionaggio. Secondo la classica parabola burocratica della stalla chiusa dopo la fuga della mandria, ora il Dipartimento dell'Energia, che sovraintende al lavoro dei laboratori, che poi passano i prototipi alle aziende private, che poi li vendono al Pentagono, che poi dovrebbe risponderne appunto al Dipartimento dell'Energia nel bizantino universo del complesso militar-industriale, ha messo i sigilli ai 20 principali laboratori di ricerca militare. Los Alamos e Sandia nel New Mexico, Livermore (la Disneyland delle "Guerre Stellari" reaganiane) in California, Argonne Laboratory in Illinois, Brookhaven National Laboratory a Long Island e gli altri centri sono stati congelati dal ministro Spencer Abraham. "Ogni attività collegata a progetti segreti" è stata "sospesa a tempo indefinito", in attesa che il problema dei dischetti in fuga sia risolto e un nuovo, meno ridicolo sistema di sicurezza sia installato. è stato il solito whistle blower, un anonimo arbitro col fischietto, a segnalare il fallo e a rivelare che i dipendenti di questi centri di ricerca, dove, dai tempi del "progetto Manhattan" 60 anni or sono, si disegnano gli ordigni più sofisticati dell'arsenale Usa, entravano e uscivano con le copie di files, di documenti elettronici riprodotte sui dischetti portatili ad alta capacità chiamati zip, un comune accessorio periferico disponibile in ogni negozio di hardware. Alcuni di questi documenti, schemi, formule, non erano stampigliati con il classified, il segreto militare, ma altri, il 50% almeno, lo erano. Un fatto che non impediva ai dipendenti di ricopiarli come liceali che si passano illegalmente videogames o canzoncine. Per farne che cosa? Per studiarli meglio a casa, forse. Per discuterne informalmente con colleghi e altri esperti autorizzati, come indica la spiegazione più benevola, ricordando che la scienza, a scopi bellici come civili, vive e prospera nella continua circolazione di idee e di proposte, forse. Per "sbadataggine", come oggi si dice per spiegare qualunque malefatta, compreso il fantastico caso del consigilere di Kerry ed ex responsabile della sicurezza nazionale con Clinton, Sandy Berger, sorpreso a portarsi via dagli Archivi di Stato documenti su Al Qaeda imbarazzanti per lui, nascosti "sbadatamente" all'interno della giacca e sotto la patta dei calzoni. Forse. O per venderli a qualche potenza o acquirente straniero. Un ottimista potrebbe licenziare anche questo scandalo tragicomico dei segreti nucleari da asporto come un semplice polverone politico, sollevato dai Democratici per mettere in imbarazzo i Repubblicani che vantano i magnifici progressi fatti sul fronte della "sicurezza" nazionale. Sarebbe la vendetta, classica nella politica boomerang, della tempesta sollevata dai repubblicani contro Clinton e i Democratici negli anni '90, quando l'unico scienziato cinese (di Taiwan) naturalizzato americano al lavoro presso il centro di Los Alamos, Wang Lee, fu accusato di spionaggio a favore di Pechino e condannato a nove mesi di carcere, per, appunto, "sbadataggine" e non per spionaggio attivo. Ma se il gioco del colabrodo nucleare ha certamente, in un tempo di campagna elettorale, risvolti e ricadute politici, il risultato finale è potenzialmente ben più sinistro di qualche speculazione partitica. Può essere, e forse è già stato, quello stesso esito che, sessant'anni or sono, lasciò gli Stati Uniti sbigottiti davanti all'esplosione della prima bomba all'idrogeno sovietica, costruita grazie ai segreti venduti dalla spia infiltrata nel progetto Manhattan, Klaus Fuchs. Le nuove invenzioni finiscono agli avversari, che sfruttano e applicano i progressi tecnologici compiuti a spese dei contribuenti americani, per rivoltare le armi stesse contro chi le ha inventate. In attesa che i geni della ricerca arruolati nella catena dei laboratori colabrodo si rassegnino a non utilizzare lettori e copiatori di dischetti esterni zip, dunque portatili, e tengano i dati più importanti archiviati in un computer centrale sicuro - come ora il ministero ha ordinato di fare e molte ditte specializzate offrono - la Repubblica popolare cinese ha raggiunto gli Usa in materia di minitestate atomiche. È riuscita, miracolosamente, a compiere, mentre i dischetti zip entravano e uscivano, un formidabile balzo in avanti e a copiare il gioiello più prezioso della cassaforte nucleare Usa, la testata atomica miniaturizzata "modello W-88". Agli scienziati di Los Alamos e di Livermore sono stati necessari decenni per passare dalle enormi bombe A e bombe H del primo dopoguerra a ogive sempre più piccole e di più pratica forma conica, per essere montate a grappoli sul naso dei missili intercontinentali destinati ai sottomarini classe "Trident". Ai cinesi sono bastati pochi anni. "Non bastano schematiche e calcoli per riprodurre armi così sofisticare", ha tentato di rispondere una portavoce del ministero, ed è giusto. Ma, come ben sapevano i sovietici che puntualmente rubavano e ricostruivano tutti i sistemi d'arma americani ed europei, dai bombardieri strategici B-29 ai caccia fino al supersonico civile TU-144 copiato dal Concorde e ribattezzato il "Concordsky", avere i progetti è già un buon aiuto.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …