Eva Cantarella: In questa nuova teoria linguistica un'idea vecchia di famiglia

28 Luglio 2004
In Grecia, il padre era patèr, la madre metèr. A Roma il padre era pater (per i suoi figli, familiarmente, molto spesso "tata"), la madre mater. In sanscrito il padre era pitar, la madre matar. Gli esempi potrebbero continuare: in gotico (germanico antico), il padre era atta. Costantemente, il termine che indica il genitore maschile contiene delle occlusive, mentre quello che indica il genitore femminile contiene delle nasali. È il segno, questo, di un'origine comune? Nel caso delle lingue sopra citate, tutte indoeuropee, con antenato linguistico comune accertato, la risposta sembra positiva. È lecito estendere queste conclusioni al di fuori di questi limiti? Il problema nasce di fronte alla constatazione (di cui alla ricerca Blancel-Matthey de l'Etang) che la presenza di queste parole comuni si riscontrerebbe a livello universale. Su questo, peraltro, vale a dire degli aspetti linguistici del problema, il giudizio non può che spettare agli esperti. Chi, come me, non ha competenze in materia, viene tuttavia inevitabilmente colpito dalle conseguenze che l'accettazione di questa teoria avrebbe sulla storia dell'organizzazione sociale e della famiglia. Se veramente una tra le prime parole pronunziate dal baby Neanderthal fosse stata la parola "papa" dovremmo concluderne che l'umanità conosceva una forma di organizzazione familiare che prevedeva un qualche ruolo paterno già 50.000 anni fa, perlomeno. Sinceramente, c'è da restare perplessi. La polemica contro l'idea che la famiglia fosse un'istituzione immutabile ed eterna, quasi connessa alla stessa natura umana, è ormai vecchia di almeno 150 anni. Sollevata nel 1861 da J.J.Bachofen, con il famoso Das Mutterrecht, l'idea che l'organizzazione sociale non fosse stata da sempre patriarcale e patrilineare venne ampiamente discussa dall'antropologia sociale, venne accolta da Engels ne L'Origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, venne elaborata sul piano psicoanalitico da Jung e accolta con entusiasmo da molti filoni del femminismo. Ovviamente, i termini del dibattito ottocentesco oggi non sono riproponibili: in piena atmosfera evoluzionista, allora si vedeva la storia dell'umanità come un progresso da fasi primitive (popolate da orde più o meno selvagge) a epoche più evolute, nelle quali le donne avrebbero avuto un qualche potere (alcuni parlavano addirittura di "matriarcato"), per giungere a una fase "superiore", caratterizzata dall'affermazione dello Stato e della famiglia patriarcale. Oggi inaccettabili, queste ipotesi hanno tuttavia avuto il merito di mettere in discussione l'idea che la famiglia fosse un'istituzione eterna, immutabile, fuori della storia. La nuova teoria linguistica forse non ripropone necessariamente questa idea: ma sembra non considerare che con essa dovrebbe in qualche modo fare i conti.

Eva Cantarella

Eva Cantarella ha insegnato Diritto romano e Diritto greco all’Università di Milano ed è global visiting professor alla New York University Law School. Tra le sue opere ricordiamo: Norma e sanzione …