Vittorio Zucconi: Reagan junior contro George in nome di papà

29 Luglio 2004
Quando il suo viso di adolescente quarantenne apparirà questa sera sullo schermo tv nella caverna del palazzo dello sport di Boston, il tradizionale dibattito su di lui si aprirà tra i 4mila delegati e i 20mila giornalisti, parenti dei delegati, finanziatori dei delegati, amici dei delegati, amanti dei delegati, giornalisti e altri figuranti della Convention che lo osserveranno: ma assomiglia più alla mamma o al papà? Ricorda più Ronnie o Nancy, quell'uomo che porta sulle spalle visibilmente troppo gracili per reggere tanto peso il nome di un uomo che fu un grande presidente e un piccolo padre, Ronald Reagan junior? L'apparizione di un Reagan, e un Ronald per di più, per un comizietto contro i repubblicani e contro Bush al congresso del partito concorrente che suo padre detestava, essendone cordialmente ricambiato, è un evento shock, una provocazione, un tradimento, come se un Agnelli arringasse una riunione di azionisti della Volkswagen per dire male della Fiat. Anche nella zuffa sanguinosa della politica elettorale americana, che non rispetta vizi e non perdona virtù, la famiglia era rimasta l'ultimo cerchio sacro e questa sera Ron jr lo infrangerà. Con il pretesto di difendere la ricerca sulle cellule embrionali, che un giorno lontano potrebbe portare anche alla cura del morbo di Alzheimer che spense suo padre e che il bigotto George avversa perché a suoi elettori cristianissimi non piace, il secondo dei quattro figli di Nancy e di Ronnie approfitterà per sferrare qualche calcetto di mulo a quel clan Bush che suo padre tollerò per convenienza politica, senza mai amare. E che oggi vorrebbe usurpare l'eredità spirituale del grande vecchio defunto. No, dirà con la sua presenza il figlio, non basta invocare un nome per indossarne i meriti. E se la sua autorità politica è modesta, avendo Ron jr concluso non moltissimo nei suoi 46 anni di vita tra studi abbandonati, vaghi tentativi di praticare la danza classica, fallimentari talk show tv cancellati e ora una nicchia più tranquilla come telecronista di concorsi per cani, la sua passione filiale per difendere la memoria di un padre che non lo amava molto, è ammirevole. I repubblicani lo guarderanno come a un piccolo Giuda, i democratici come a un piccolo Saul di Tarso che ha finalmente visto la luce della verità politica e non fa mistero di considerare W Bush come un ipocrita "il cui solo merito è quello di non essere più un ubriacone molesto", come ebbe a dire, non gentilmente. Ma lo ascolteranno tutti perché, Giuda o Saul che sia, fa molto reality show sentire un Reagan che dice a un Bush, io lo conoscevo bene quel Reagan e lei non è un Reagan, caro Bush. Parola di Reagan.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …