Michele Serra: Il premier billionaire

23 Agosto 2004
Essere qui a interrogarci sulla bandana di Berlusconi non è esattamente quello che avremmo sperato di fare nella nostra vita adulta. Evidentemente, ognuno ha i rovelli che si merita. A noi tocca, da qualche anno, soprattutto verificare e controllare, giorno dopo giorno, che gli elementi di commedia rimangano prevalenti, nella vicenda italiana contemporanea, rispetto a quelli potenzialmente tragici. Da questo punto di vista, il Bandana-Day è un segnale abbastanza controverso. Da un lato tranquillizza: è difficile immaginare un uomo con la bandana asserragliato a Palazzo per indire un golpe - al massimo starà covando un gavettone. Dall' altro inquieta, come accade ogni volta che un uomo di potere dà segni percettibili di squilibrio. Per esempio ricevendo un capo di Stato straniero vestito come in un pigiama-party dei primi anni Ottanta. I tabloid inglesi, banalizzando una volta di più, avevano sgridato i coniugi Blair perché andavano ospiti "del nuovo Mussolini". Categorie decrepite, bassezze antitaliane. Il mistero (e l' orrore) del berlusconismo non sta nella replica di vecchi stili, ma nella gioiosa abrogazione di qualunque stile (o, se volete, nell' adozione alla rinfusa di tutti gli stili, postmodernamente e televisivamente, per far ridere gli amici e per compiacere la clientela di ogni ordine e grado). La bandana di Berlusconi, non a caso, è di classificazione complessa: una specie di multibandana, riassuntiva di tutte le bandane. In quel luogo e in questa stagione il primo effetto, quello principale, è briatoresco, da frequentatore anziano, gioviale e ricco di luoghi notturni, alla Billionaire, con un possibile rimando ai "cumenda" milanesi nella Alassio del Muretto. Cafone ma allegro, il tipico, eterno frescone italiano che offre da bere e conosce l' ultima. Berlusconi, insomma. Poi la bandana, ovvio, farebbe pensare a Pantani, e alle legioni di emuli abbronzati e muscolosi che pedalano ovunque, più o meno impasticcati e più o meno felici. Ma il riferimento al Pirata è poco olimpico, tenebroso nei suoi esiti da cronaca nera, ulterioremente oscurato dal piccolo trionfo ateniese di Ciampi e dei suoi livornesi d' oro. No, Pantani non è la pista giusta. Da non escludere un pizzico di civetteria da lifting, per far pensare che magari, sotto la pezzuola, è in vigoroso divenire un bel rinfoltimento di capelli. Farlo pensare anche se non è vero niente, come certe dame quando si trattengono a lungo in bagno lasciando intuire preparazioni raffinatissime, e invece magari stanno solo leggendo Topolino. Infine e forse soprattutto la bandana, anche se se la tira da accessorio di gran moda, è la chiara evoluzione del fazzoletto poggiato sulla testa (quattro nodi alle quattro cocche, a far da contrappesi) di tutti i Fantozzi di tutte le epoche, quelli che scaricano dal bagagliaio il cocomero e le carte da ramino per trascorrere la domenica su grami praticelli riarsi. E si asciugano il sudore sulla fronte. Un tocco popolare molto andante, come sempre ideale per far dire "in fondo Lui è come me" anche ai paria che in Costa Smeralda sarebbero allontanati dai gorilla, anche ai disgraziati che bivaccano sui moli di Porto Cervo per fare vip watching. Se Berlusconi abbia di queste sortite per demagogia calcolata o per schietta vocazione non è mai stato chiaro. E in fondo non è nemmeno interessante. Più interessante, come si diceva prima, sarebbe stabilire se il suo reiterato e gongolante oltraggio alla forma, allo stile e alle regole di qualunque ordine e grado sia solo un pittoresco e in fondo innocuo corredo della decadenza repubblicana, oppure il presagio di una definitiva pazzia narcisista, tipo quello che fece senatore il suo cavallo, o quello che rifece la Costituzione perché non contemplava, tra i suoi articoli fondamentali, un elogio della bandana, specie se indossata su completino bianco.

Michele Serra

Michele Serra Errante è nato a Roma nel 1954 ed è cresciuto a Milano. Ha cominciato a scrivere a vent’anni e non ha mai fatto altro per guadagnarsi da vivere. …