Umberto Galimberti: Fu l' età dei Lumi a condannare la pratica del biblico Onan

23 Agosto 2004
Condannata, sublimata, elogiata, la masturbazione, per una sorta di ironia della storia, incrina la venerabilità dell' Età dei Lumi, giustamente considerata età della ragione, che lascia finalmente alle sue spalle il buio dei secoli precedenti oscurati da pregiudizi religiosi e superstiziosi. Fu infatti nell' Età dei Lumi che la masturbazione fu esecrata e messa al bando dalle pratiche umane, condannata alla stregua del suicidio, in un crescendo di intolleranza che non ha confronto con i secoli precedenti. Il tutto a opera di due ancelle: la scienza medica e l' economia sempre pronte a soccorrere con i loro soliti argomenti le debolezze dell' etica. Né il mondo biblico, né il mondo greco hanno tenuto in gran conto la masturbazione, né si sono premurati di condannarla con la precettistica delle rispettive etiche. Il fatto che la masturbazione si chiami anche «onanismo» con riferimento a Onan che, rifiutandosi di procreare in nome di suo fratello, praticava il coitus interruptus, dice solo che questa denominazione è scorretta, come scorretto è riferire la masturbazione a Onan, che il Signore fece perire, non tanto perché spargeva il seme per terra, ma perché, così facendo, rinnegava la legge del matrimonio levitico. Nel mondo greco Ippocrate e Galeno, i grandi medici dell' antichità, inquadrano la masturbazione nella teoria generale degli umori che devono essere, a secondo delle circostanze, ora espurgati ora contenuti, in un contesto dove il liquido seminale non è considerato diversamente dal liquido biliare. La mitologia greca ha addirittura divinizzato la masturbazione mettendola sotto la protezione di Pan, a cui fanno riferimento gli stoici che, pur essendo noti per il loro distacco dalle passioni, non esitano a esaltare la masturbazione come espressione di autosufficienza e indipendenza dagli altri. La teologia medioevale con Tommaso D' Aquino condanna la masturbazione come sintomo di rammollimento (mollities) in concorso con le fantasie incestuose o adulterine, ma nulla di più. Fu nel Settecento, con la nascita della scienza medica in senso moderno, che il medico svizzero David Tissot scrive due trattati sulle malattie prodotte dalla masturbazione che sono nell' ordine: disturbi visivi, occhiaie, foruncoli, bulimia, problemi digestivi, tremito alle ginocchia, blefarospasmo, mal di testa, malattie veneree, caduta dei capelli, tisi, mielite e simili. Tra i seguaci entusiasti di Tissot incontriamo Rousseau e Kant per i quali chi si masturba non è dissimile dal suicida che distrugge con un gesto la vita che il masturbatore sacrifica nel tempo. Contemporaneo a Tissot è Johann Georg Zimmerman, medico personale di Federico II che, in un saggio dal titolo Monito a medici, educatori e amici dell' infanzia a proposito dell' obbrobriosa masturbazione segnala la masturbazione femminile «come peggiore di quella maschile» perché meno manifesta anche se ugualmente precoce, dal momento che prende avvio nella primissima infanzia, con buona pace di Freud che un secolo dopo era persuaso di aver scoperto per primo la sessualità infantile. Istruiti dalla scienza medica, tutta una schiera di pedagogisti da Salzmann a Campe mettono a punto una serie di suggerimenti e di pratiche per dominare la masturbazione: giarrettiere per bloccare le mani, letti divisi con paratie elastiche tra il torso e l' addome, infibulazioni e altre strumentazioni che oggi costituiscono il repertorio delle pratiche sadiche. Seguono consigli per l' arredo dei collegi e per l' abbigliamento dei collegiali che prevedono cappotti che non siano troppo lunghi, tavoli che non siano troppo grandi, letti troppo soffici, camere troppo buie, spazi troppo ristretti e segreti, giacché: «cominciamento di ogni vizio è lo star da soli». E così anche la solitudine viene criminalizzata come anticamera del vizio detto appunto «solitario». E tutto ciò in un periodo in cui si dissolve la casa come comunità, perché prende piede, con la borghesia, l' intimità della famiglia nucleare, che concentra nella cornice privata l' intera produzione della dinamica del desiderio erotico con le sue manifestazioni masturbatorie e incestuose. Ma nel Settecento, oltre alla scienza medica e all' intimità della casa borghese, non più comunitaria ma nucleare, nasce anche l' economia nel senso moderno dell' accezione e, rispetto ai parametri economici, la masturbazione è pur sempre uno spreco. Non a caso il dottor Paul Demeaux, specialista in onanismo e tubercolosi, scrive che: «Sperperare il proprio seme è come gettar soldi dalla finestra». E così il secolo dei Lumi, che per Kant segna «l' emancipazione dell' umanità da uno stato di minorità», di fronte alla masturbazione si rivela molto più arretrato, ossessivo e persecutorio di quanto non siano stati i secoli precedenti regolati dalla religione che forse, più della ragione, ha dimestichezza con la carne e con le sofferenze della sua solitudine. E allora congediamoci dalla scienza e dalla morale per perderci nei meandri del desiderio e lì permanere per vedere se mai ci è dato scoprire che il desiderio non è una convulsione della soggettività, qualcosa che blocca l' esistenza e la contrae in un gesto corporeo che chiude al mondo e fa del corpo il nascondiglio della vita. Il desiderio è tensione verso l' altro nel suo sottrarsi e sfuggirmi, nel suo concedersi per un attimo e poi ritrarsi, conservando quell' integrità di un corpo su cui il possesso sembra non aver lasciato traccia. L' uomo, dice la scienza, ha desideri sessuali perché ha un sesso. In realtà è esattamente il contrario perché, come dice Sartre: «Né la turgescenza del pene, né alcun altro fenomeno fisiologico possono spiegare o provocare il desiderio sessuale, più di quanto la vasocostrizione o la dilatazione della pupilla possono spiegare o provocare la paura». La sessualità non è carne, è desiderio. Ciò a cui tende non è l' eiaculazione, ma è l' incontro con l' altro, perché solo desiderando l' altro o sentendomi oggetto di desiderio altrui, io mi scopro come essere sessuato. Il limite della masturbazione è nel modo di vivere il proprio desiderio come apertura o come chiusura all' altro. Nella masturbazione, infatti, il desiderio che non desidera l' altro è un desiderio che non diventa veicolo di trascendenza, ma oggetto della propria immanenza, giocata in quel breve spazio che separa la tensione dalla soddisfazione che la estingue. Quando il desiderio diventa l' oggetto desiderabile, lo si eccita, lo si tiene in sospeso, se ne rimanda la soddisfazione finché non sopraggiunge il gesto che lo spegne, come un soffio di vento spegne un fuoco che non ha trovato ove propagarsi. Ma il desiderio, quando è voluto per se stesso, porta con sé la sua sconfitta. Allontanando la passione per l' altro, per divenire semplice azione sulla carne dell' altro, il desiderio che desidera solo se stesso non riesce mai a trovarsi a contatto con un corpo, ma sempre e solo di fronte a una carne che, incarnata, lo estingue con quel piacere che è ad un tempo l' oggetto del desiderio e la sua irrimediabile sconfitta. E' un piacere indiviso perché non condiviso. E' un compimento che non lascia sulla pelle, sulle labbra il sapore dell' altro, ma porta con sé solo il sapore della fine. Un gioco di morte invece che un gioco d' amore; un gioco di solitudine, dove lo spazio per la con-versione all' altro è stato derubato dalla propria per-versione. Perverso è ogni amore che si vive senza reciprocità, quindi senza la possibilità per il corpo di trascendersi in un altro corpo. E' quell' amore generato e contraddetto da quella passione inutile che spinge una coscienza a ritenersi assoluta, al punto da non desiderare altro che il proprio desiderio. E' un amore che mentre progetta di asservire l' altro, di ridurlo a oggetto dei propri desideri, fa solo la parodia della propria castrazione, che ha tutto della pulsione di morte. Qui non vogliamo ripetere Sartre nella suggestiva descrizione delle perversioni, vogliamo semplicemente dire che tutte le perversioni, nella misura in cui sottraggono all' altro la sua soggettività, per ridurlo alla pura opacità della sua carne, giocano con la morte, dove la soggettività si estingue e il corpo si raggela nell' immobilità della carne. Siamo alla pornografia di cui la masturbazione si alimenta. Allucinante per il gusto dei dettagli, purgata di ogni segreto a forza di segni troppo esatti, la pornografia spoglia il corpo di tutti i suoi rinvii, per lasciarlo alla pura concupiscenza dello sguardo, dove la prossimità assoluta, la presenzialità totale di un corpo senza difesa, senza spazio per arretrare, decreta la fine dell' interiorità e dell' intimità, il crollo di tutte le metafore e di tutte le allusioni che, materializzate, sprofondano nell' opacità del reale. Come uno schermo assorbente, il reale, nella sua evidenza estingue il desiderio e, sottraendolo al gioco duale, lo ricaccia nei giochi estatici, solitari, narcisistici, dove l' oggetto non è più l' altro, ma il ripiegamento del desiderio su se stesso, nel tracciato malinconico della sua delusione.

Umberto Galimberti

Umberto Galimberti, nato a Monza nel 1942, è stato dal 1976 professore incaricato di Antropologia Culturale e dal 1983 professore associato di Filosofia della Storia. Dal 1999 è professore ordinario …