Gabriele Romagnoli: Olimpiadi. Il tramonto degli dei

02 Settembre 2004
Mi prendo una pausa e vado a vedere una mostra. S'intitola "Dei che diventano uomini". Alla fine di queste Olimpiadi scriveranno che non nascono più supermen. Phelps non ha strappato il record a Spitz, il ‟Dream Team” è stato sconfitto due volte (fin qui), non ci sono atleti perfetti, squadre imbattibili. Nell'ironica composizione fotografica di un tal Wen Feng cinesi nudi salgono su un podio sotto l'effigie della Coca Cola. Un mandarino li onora serio, i cerchi olimpici sono tre. I premiati hanno muscolature normali, facce qualunque. Un greco di nome Victor Koen ha creato una mascotte orrenda che vorrebbe essere satira, ma è stata superata dalla realtà dei sarchiaponi di questa edizione. Johnatan Webb ha ripreso Gino, un acrobata senza gambe che si aggira per le strade di Parigi e l'ha reso uno sberleffo a tutta l'opera di costruzione del corpo perfetto. Non è che cadono gli dei, abbiamo messo una scala e mandato alcuni uomini al piano di sopra, poi l'abbiamo chiamato cielo e reso omaggio a qualche nuvola. La velocità con cui si smitizza a questa Olimpiade, quella sì è da record: medaglie ritirate in 24 ore (ma vacci tu a toglierla alla pesista russa che non la vuole restituire), nuovi eroi prefabbricati dalle giurie e smascherati prima che abbiano il tempo di completare il giro dei talk show. All'ingresso della mostra c'è un discobolo di similmarmo. Indossa un completo giacca e pantalone. Tiene lo sguardo basso, ha l'espressione di qualcuno che da sempre aspetta di scagliare l'attrezzo e riprendersi la vita.

Gabriele Romagnoli

Gabriele Romagnoli (Bologna, 1960) Giornalista professionista, a lungo inviato per “La Stampa”, direttore di “GQ” e Raisport è ora editorialista a “la Repubblica”. Narratore e saggista, il suo ultimo libro è …