Gabriele Romagnoli: Olimpiadi. L'orgoglio dei vinti

02 Settembre 2004
È assurdo mischiare la guerra con lo sport. Una partita è una battaglia a tempo, alla fine ci si può anche abbracciare. Dopo una guerra, si può solo fare finta: i vinti non perdonano. Prendete la storia di Louis Zamperini. Di famiglia italo-americana, corse i 5000 metri per gli Stati Uniti alle Olimpiadi di Berlino. Nell'ultimo giro di pista fece un recupero impressionante. Colpito, Hitler chiese di conoscerlo. Nella circostanza, mentre aspettava di essere ricevuto, Zamperini rubò una bandiera nazista e se la portò a casa come trofeo. Sette anni dopo volava sul Pacifico combattendo l'alleanza nippo-tedesca. Il suo aereo fu abbattuto al largo delle Haway. Sette suoi compagni morirono. Lui e altri due, benché feriti, riuscirono a montare sul canotto d'emergenza e aspettarono soccorsi. Avevano sei barre di cioccolato. Uno degli altri morì nell'attesa e fu gettato in mare. Dopo 27 giorni li scorse un velivolo giapponese. Zamperini finì in un campo di prigionia dove fu torturato da un sergente sadico: Watanabe detto l'Uccello. Ne uscì a fine conflitto, erano passati due anni. Tentò di rimettersi a correre, ma non aveva più le gambe. Deluso, si diede all'alcol. Poi ricordò quanti voti e promesse aveva fatto a se stesso e al cielo su quel canotto e divenne pastore presbiteriano. Ha corso ancora nell'88, portando la torcia olimpica per le Olimpiadi invernali di Nagano. In Giappone andò alla ricerca dell'Uccello per abbracciarlo, come fosse finita una partita. L'Uccello, con la lucidità dei sadici, seppe distinguere: era finita una guerra e rifiutò l'incontro.

Gabriele Romagnoli

Gabriele Romagnoli (Bologna, 1960) Giornalista professionista, a lungo inviato per “La Stampa”, direttore di “GQ” e Raisport è ora editorialista a “la Repubblica”. Narratore e saggista, il suo ultimo libro è …