Umberto Galimberti: Il mondo della tecnica frantuma le regole dell'età umanistica

27 Settembre 2004
Giuseppe Pontiggia, con un'intuizione che rende inutili tanti libri di psicologia e sociologia, fonda l'autorità sulle tre dimensioni del tempo: il passato da cui l'autorità trae legittimazione, il presente che consente all'autorità, a partire dalla legittimazione del passato, di esercitare il comando, il futuro che rende credibile e quindi autorevole il comando, se questo è in grado di indicare una direzione. Venisse a mancare una di queste dimensioni del tempo l'autorità perderebbe subito la sua autorevolezza e diverrebbe arbitrio. È quanto sta accadendo oggi, pervasi come siamo dal mondo della tecnica, che manda in frantumi le regole di comportamento dell'età umanistica perché, per un progetto che ha in vista solo il suo autopotenziamento, il passato è passato, senza più alcuna cura per la tradizione e per la sua venerabilità. Ma anche il futuro barcolla, sia quello religioso perché la tecnica corrode il trono di Dio, sia quello laico perché la rivoluzione è impossibile (il servo e il signore non sono più controparti, perché entrambi sottoposti al regime della tecnica), l'utopia è lontana così lontana da sconfinare nel sogno, la scienza progredisce in modo afinalizzato, spiazzando l'etica su cui avevamo costruito le nostre regole di condotta e conosciuto le nostre deroghe. Il futuro-promessa, alimentato prima dall'ottimismo teologico che prometteva la salvezza e poi da quello scientifico che prometteva progresso, si è trasformato sotto gli occhi di tutti in futuro-minaccia. Inquinamenti di ogni tipo, disuguaglianze sociali, disastri economici, intolleranze, egoismi, guerre hanno fatto precipitare il futuro dall'estrema positività dell'ottimismo teologico e scientifico all'estrema negatività di un tempo affidato alla casualità senza direzione e orientamento. Che ne è a questo punto dell'autorità? L'impossibilità di fare affidamento sull'esperienza del passato così come l'impossibilità di prevedere le linee guida del futuro mina alla radice l'autorità, sostituendola con la "contrattualità" come risulta evidente in tutte le famiglie e in tutte le scuole, dove genitori e insegnanti si sentono tenuti a giustificare le loro scelte nei confronti dei figli o degli studenti, che accettano o rifiutano ciò che viene loro proposto in un rapporto ugualitario. Ma la relazione tra giovani e adulti non è simmetrica, e trattare l'adolescente come un proprio pari significa non contenerlo, e soprattutto lasciarlo solo di fronte alle proprie pulsioni e all'ansia che ne deriva. Quando i sintomi del disagio si fanno evidenti l'atteggiamento dei genitori e degli insegnanti oscilla tra l'autoritarismo, che è la negazione dell'autorità, e la seduzione di tipo commerciale di cui la cultura berlusconiana un esempio. Sennonché anche i giovani di oggi devono fare quello che gli psicoanalisti chiamano "l'Edipo", devono cioè esplorare la loro potenza, affrontare tutte le funzioni tipiche dei riti di passaggio dell'adolescenza, tra cui uccidere simbolicamente l'autorità, il padre. E siccome questo processo non può avvenire in famiglia, i giovani finiscono col fare il loro Edipo con la polizia, scatenando nel quartiere o nello stadio la violenza contenuta in famiglia. In alternativa rinunciano all'Edipo, restano in casa fino a trent'anni, mancando processi di crescita e assunzioni di responsabilità. Che fare? Non credo si possa cambiare lo spirito del tempo, soprattutto perché dubitiamo che il nostro tempo coltivi ancora lo spirito. Ma si dà anche, nei tempi di crisi, che qualcuno, allergico ai discorsi degli psicologi e dei sociologi, ascolti le parole dei saggisti, dei poeti e dei narratori, di cui Pontiggia, amico mio, è stato grande maestro. E allora un invito: se non vi fidate degli adulti, cari giovani, fidatevi almeno dei grandi narratori, perché loro hanno colto le metafore di base dell'umano, che solo la vostra ingenuità può pensare di poter sovvertire nel giro di una generazione.

Umberto Galimberti

Umberto Galimberti, nato a Monza nel 1942, è stato dal 1976 professore incaricato di Antropologia Culturale e dal 1983 professore associato di Filosofia della Storia. Dal 1999 è professore ordinario …