Vittorio Zucconi: Porno sì ma senza tacchi

27 Settembre 2004
Tra i circa cinquecento canali che mi allagano il video (il sintonizzatore ne elencherebbe 885, ma si sa che la televisione esagera sempre un po') se ne aggiungerà presto uno nuovo che non dovrò guardare. È un altro canale di pornografia a pagamento, tipo il calcio in Italia, ma non è la solita spazzatura. Questa è la prima spazzatura creata esclusivamente per le donne.
Le donne sono il "target", il bersaglio come dicono gli esperti di pubblicità, gli arcieri olimpici e i serventi dei cannoni. Il nuovo canale "Playgirl" è scientificamente studiato per un pubblico femminile, che ha conquistato il diritto di vedere le stesse porcate che i maschi fingono da decenni di non guardare.
Sono stati gli specialisti che studiano i nostri comportamenti di telecriceti, prigionieri della ruotina infinita dei canali, a intuire che in una nazione puritana, femminista, cristianissima, esisteva un enorme mercato potenziale per la pornografia mirata sulle donne, oltre le solite fantasie erotiche controllate da maschi, etero od omo che fossero.
Mark Graff, creatore di un vecchio canale di telemarchette chiamato "Spice Entertainment", venduto poi a "Playboy" per 100 milioni di dollari, spostò un giorno la programmazione dei suoi filmini dalla tarda sera al primo pomeriggio e i contatti, nel senso degli acquisti, schizzarono in alto.
Graff ebbe un'epifania erotico-commerciale: "Non potevano essere soltanto camionisti disoccupati e studenti universitari arrapati con la carta di credito del papà a comperare quei programmi: a quell'ora dovevano esserci milioni di casalinghe sole che approfittavano del fatto di essere appunto sole in casa per vedersi in pace un film erotico". C'erano.
Ma se la "casalinga di Kansas City" aveva scoperto il gusto per il sex spinto oltre le timide fantasie di provincia alla maniera di ‟Sex and the City”, le ricerche di mercato constatarono che la produzione per così dire "classica" la lasciava insoddisfatta. Il "porno della pizza", come si chiama nel gergo dell'industria quella ricca e articolata sceneggiatura che comincia con l'arrivo del maschione che consegna la pizza a casa di una cliente già in mutande, per non perdere tempo, e dopo circa trenta secondi finisce a letto, non andava più bene.
Una nuova scuola del "porno for ladies only" andava creata, con criteri tagliati sulle misure del pubblico femminile. Occorrevano meno esercizi ginnico-sportivi, meno atmosfera catramosa da garage con tendoni alle pareti e tenera illuminazione da studio medico, e soprattutto meno di quella aria di violenza e di brutalità da monta di cavalli che rende il cinema porno artisticamente, prima che moralmente, desolato.
Le donne interessate al genere chiedevano nei sondaggi di mercato più poesia e meno anatomia. Pretendevano almeno un'apparenza di motivo, che andasse oltre il campanello della porta suonato dal fattorino della pizza. Molte, un po' sentimentali, avrebbero gradito che almeno una volta, una, nel corso della monta equina, i due attori si scambiassero qualche parola, oltre ai nitriti, ai grugniti e ai mugolii preregistrati, possibilmente anche un "I love you", tanto per gradire.
Esigevano donne dall'aspetto normale, con le quali identificare il proprio corpo normale e le proprie fantasie, anziché le pupazzone dai seni termonucleari. Più che alle misure, notizia confortante per i maschi, si interessavano all'arredamento della stanza, osservavano gli abiti e le acconciature delle protagoniste e soprattutto le scarpe.
Kelly Holland, la regista di molti nuovi film porno "for women", ha raccontato al ‟New York Times” che tutte le intervistate si scandalizzavano specialmente davanti alle ridicole scarpe che le donne, ignude, indossano obbligatoriamente quando sono a letto. "Ma chi farebbe mai all'amore nuda tenendo ai piedi un paio di tacchi altissimi?", dicevano. "E che razza di orribile biancheria intima indossa quella lì?".
Sembra l'apoteosi dei luoghi comuni sulle donne e invece ci viene proposta come una conquista. Nelle nuove produzioni per il canale televisivo "Playgirl", oltre le proteste e le preoccupazioni del femminismo che ha perso la battaglia contro il porno, le attrici indosseranno soltanto costosa biancheria firmata, che all'ingordo occhio maschile sembrerebbe persino un po' sprecata, ma per gli attenti sguardi femminili pare indispensabile.
Si toglieranno le scarpe, sempre di marca o italiane, e prima di sgobbare a letto tenteranno di costruire una sembianza di dialogo con l'idiota annoiato che si appresta a saltar loro addosso.
Finalmente, dunque, decenni di sex revolution, di liberazione, di pari opportunità, hanno spinto le donne americane oltre la frontiera dell'eros maschilista. Oltre la pizza.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …

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