Vittorio Zucconi: A Kerry il voto della stampa Usa

18 Ottobre 2004
"Un presidente eletto senza mandato che ha portato gli Stati Uniti verso la destra estrema", quattro anni di "gestione disastrosa" caratterizzata "da una ossessione nixoniana per la segretezza, dal disprezzo per le libertà civili e dalla inettitudine": dopo parole come queste, la direzione editoriale del ‟New York Times” non poteva che concludere con l´invito formale a votare per John F. Kerry. È cominciata ieri, con le edizioni di domenica, la stagione delle prese di posizione esplicite e formali nel mondo dei media americani e se la scelta della "signora in grigio", come i lettori chiamano il quotidiano di New York, non è un sorpresa, la durezza delle ragioni e delle recensioni del quadriennio Bush è spietata: "Quattro anni di cuori e di vite spezzate da un presidente al quale la storia ha proposto più volte l´occasione di svolgere un ruolo eroico e che ha sempre fatto le scelte sbagliate".
Ma se il ‟New York Times” predica ai convertiti, a lettori in uno stato dove nelle elezioni presidenziali - diversamente da quelle locali - la maggioranza vota democratico, molte altre testate americane ieri si sono aggiunte alla lista degli endorsement, delle investiture a favore dell´avversario di Bush. Dei 54 quotidiani in tutti gli Stati Uniti che hanno già fatto le loro scelte editoriali (l´investitura di un candidato è responsabilità esclusiva del desk degli editorialisti in autonomia dalla direzione del giornale e dalla proprietà) 37 si sono schierati con JFK e 17 per W. Tra i 37 pro Kerry, sorprendono testate di quotidiani apparentemente minori, ma importanti in quei sobborghi e in quegli stati considerati di tendenza repubblicana, come il ‟Chicago Daily Herald”, il ‟Daytona Beach News”, l´”Akron Ohio Beacon”. Massiccio lo schieramento filo democratico dei giornali di quella Florida governata dal fratello, Jeb Bush, e considerata lo stato perno attorno al quale ruoterà il risultato. Si sono pronunciati per Kerry il ‟Miami Herald” ("la sua è stata una performance imbarazzante"), il più importante e diffuso dello stato, il ‟St. Petersburg Times”, e il ‟Palm Beach Post”. Persino nel suo Texas, dove i due giornali principali di Houston e Dallas hanno indicato disciplinatamente il loro conterraneo Bush, un´importante testata letta nei sobborghi di Dallas, il ‟Daily Herald” di Arlington, che nel 2000 aveva appoggiato il Texano, ha cambiato campo.
Gli editoriali di sostegno a Kerry, dal” San Francisco Chronicle” al ‟Minneapolis Star” ripetono tutti, sostanzialmente, le stesse ragioni per licenziare Bush: "inettitudine", "mendacità", "estremismo ideologico", "arroganza", che hanno fatto "pagare all´America un prezzo salatissimo in termini di vite, di prestigio internazionale e di disavanzo nel bilancio".
Giudizi senza appello, che confermeranno negli elettori di destra lo stereotipo del "giornalismo sinistrorso" per esorcizzare questa massiccia sconfitta sul fronte dei media, che neppure il conteggio delle testate pro o contro rende in tutta la sua imponenza. Sommando le vendite delle copie, risulta che i giornali che hanno indicato Kerry contano in tutto quattro milioni e mezzo di copie, quelli per Bush 850 mila. Se votassero i giornalisti americani, le elezioni del 2 novembre sarebbero già finite. Ma Bush può consolarsi ricordando che, nel tempo della tv, le investiture della carta stampata non vincono più le elezioni.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …

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