Vittorio Zucconi: La corsa dei gamberi

29 Ottobre 2004
Come nei sogni agitati delle notti peggiori, più l’America corre verso l’elezione e più il traguardo sembra allontanarsi. Quando pareva che a cinque giorni dal voto la corsa si fosse concentrata su un tris di Stati in altalena, Ohio, Pennsylvania e Florida, la partita si riapre inaspettatamente in territori che erano dati per sicuri. Lo sprint finale è diventata una corsa dei gamberi, una competizione all’indietro per vedere chi, fra i due, perderà meno consensi tra adesso e martedì prossimo. Tornano "in play", a dondolare, Stati come le lontanissime Hawaii democratiche, il Nevada repubblicano, il New Jersey democratico, il Missouri che Bush credeva di avere in tasca, il Michigan della grande disoccupazione industriale, stati rustici come l’Arkansas e stati prosperi come l’Oregon. I sondaggi nazionali riflettono nella loro alternanza schizofrenica la confusione che si allarga su tutta la nazione e che sta sfiancando i due candidati sbattuti da un oceano all’altro come palline in un flipper. Ogni mattina i loro staff elettorali consultato i "tracking polls", quei sondaggi che seguono giorno per giorno sempre lo stesso campione per avere qualche continuità di giudizio, e non ci si raccapezzano. Per stare nel sicuro, devono riaprire i portelloni degli aerei e i borsellini, riversando comizi del loro uomo e costosi spot elettorali in terre che parevano assegnate. Ogni zona del fronte è a rischio e dunque ogni zona va difesa, dimenticando la aurea regola strategica, secondo la quale "chi difende tutto finisce per non difendere niente". Bush non si sente più sicuro in Florida, dove questa volta potrebbe non bastare neppure il fratello e gli avvocati della "squadra brogli" democratica hanno già presentato sei mozioni in tribunale per denunciare irregolarità. Kerry sente tremare sotto i piedi la terra del Wisconsin e dell’Ohio, Stati che deve vincere se vuole accumulare quei 270 voti elettorali di maggioranza sui 538 in palio, e gli avvocati repubblicani stanno spulciando le liste dei nuovi elettori reclutati dai democratici denunciando i brogli altrui. Tutti si preparano a denunciare tutti e i due campi puntano sul "ground game", sul gioco a terra, come si dice nel gergo politico sportivo americano, sulla mobilitazione individuale degli elettori nel giorno del voto, spinti ai seggi con le buone, con le cattive o con qualche banconota opportunamente fatta scivolare in tasca ("walking money", danaro da passeggio, si chiama) ma è proprio nel gioco a terra che si aprono le possibilità peggiori di manipolazioni e di sospetti. Sei americani su dieci sono persuasi che ci saranno brogli e che il risultato avrà un lungo strascico giudiziario. I lettori di foglie di tè annaspano, nella impossibilità di leggere una tendenza chiara. Citano la massa informe dei nuovi elettori iscritti, come i diciottenni che questa volta dovrebbero finalmente andare alle urne e che sono per natura imprevedibili. Non capiscono come, a meno di una settimana, ancora rimanga incerto un tre per cento di possibili elettori, dopo mesi di bombardamento propagandistico e oltre un miliardo di dollari spesi in campagne pubblicitarie e non la capisce Bush, che ogni giorno attacca Kerry senza riuscire ad abbatterlo e parla con il tono stupefatto di chi non comprende come la prima elezione nel tempo della "guerra al terrore" non riservi un plebiscito a lui, che è convinto di condurla con mistica efficacia. I giornali e una buona parte dei nuovi confessori e diaristi di Internet, i "bloggers" stanno invece piegando dalla parte di Kerry. Nessuno dei due riesce a oltrepassare la soglia di sicurezza del 50% nei favori dell’elettorato. E questa è la prova che, fuori dalla cerchia dei fanatici del partito preso, al grosso degli elettori questa scelta non piace e non convince. Tra Bush "l’incompetente" e Kerry "l’inaffidabile" qualcuno dovrà vincere per forza, ma sarà la rassegnazione, non l’entusiasmo, a decidere fra i due gamberi.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …