Vittorio Zucconi: Bush uomo dell´anno. "È il cow-boy della politica"

20 Dicembre 2004
È il tempo di un uomo e di uno spettro, è l´anno che ha visto come protagonisti un fuorilegge del quale conosciamo soltanto il nome e il cowboy che tenta invano di dargli la caccia: Abu Musab al-Zarqawi e George Walker Bush. Loro, il "mujahiddin" giordano che imperversa in Iraq facendo strage di truppe occupanti come di innocenti iracheni e il texano rieletto presidente in novembre, sono stati i prescelti da ‟Time” per i due "Oscar" di una cronaca che da mesi ormai parla soltanto, giorno dopo giorno, di guerra e di devastazioni.
Non sarà dunque un buonissimo Natale per i 48 milioni di americani che hanno votato per buttare "W" fuori dalla Casa Bianca e da oggi vedranno il suo volto sorridere compiaciuto dagli scaffali di tutti i supermercati, delle librerie, dei drugstore, sulla copertina del numeno speciale di ‟Time”, ma la scelta fatta dal magazine per il suo "uomo dell´anno", come per il "cattivo dell´anno", è ineccepibile. George W Bush, il presidente americano che il 20 gennaio prossimo succederà a se stesso è davvero la figura che ha segnato più di ogni altra il nostro tempo, un uomo che "ha riscritto le regole della politica per piegarle al suo stile da cowboy", come dice la motivazione, dando un giudizio un po´ acidulo, di fatto e non di merito. E al-Zarqawi, il cervello della insurrezione irachena del quale non abbiamo mai sentito la voce né davvero visto il volto, è colui che ha spodestato il grande cattivo di ieri, Osama Bin Laden, nella realtà e nelle fantasie del terrore.
L´incoronazione annuale che ‟Time” assegna proprio con la tecnica degli Oscar, con nomination, finalisti e votazioni, non è necessariamente un´investitura in positivo.
Nell´elenco dei vincitori passati, che vide anche un robot, ci sono personaggi negativi come Hitler, Stalin e l´ayatollah Ruhollah Khomeini, figure collettive, come i tre militari scelti per rappresentare il sacrificio di tutte le forze armate in Iraq e Afghanistan, presidenti come John F. Kennedy e George H. Bush o i coraggiosi funzionari della Enron e dello Fbi che osarono, inascoltati, denunciare le truffe del colosso energetico o l´indifferenza delle forze di sicurezza di fronte ai segnali di imminenti attentati terroristici. Lo stesso "W" era già stato, sarcasticamente, insignito del titolo di person of the year nel 2000, per essere diventato presidente senza avere vinto elezioni.
Quest´anno, i polemisti della destra radicale, come la rivista cara ai neo conservatori, il ‟Weekly Standard”, avevano previsto con la loro consueta faziosità, che ‟Time”, essendo "di sinistra", non avrebbe mai eletto Bush a "persona dell´anno".
Ma quel riconoscimento che il più importante magazine americano gli aveva negato nel 2003, per polemica contro l´invasione dell´Iraq, non poteva essergli negato in questo 2004 che ha visto Bush "ottenere dal popolo americano quel mandato e quella legittimazione elettorale che nel 2000 non aveva avuto" dice il direttore del settimanale, Jim Kelly, e l´Oscar è valsa un´intervista con il presidente che ha affidato alla storia il giudizio sulle proprie azioni. "Sono certo che la storia lontana, senza le polemiche del tempo, quando io non sarò più vivo, giudicherà positivamente quello che sto facendo per portare avanti la frontiera della libertà e della democrazia nel mondo. So che mi accusano di essere un testone, ma non è un´accusa quando si portano avanti le convizioni più profonde".
In realtà, la persona alla quale la direzione e la giuria di ‟Time” avrebbe voluto dare il titolo di uomo più influente dell´anno sarebbe stata un´altra, quel Karl Rove che ha concepito, sceneggiato e guidato la rielezione di George Bush e che lo stesso presidente ha battezzato in pubblico "l´architetto" della propria vittoria. Ma premiare Rove, maliziosamente definito "il cervello di Bush", sarebbe potuto apparire come uno sberleffo al presidente e ancora peggio sarebbe stato eleggere un altro dei finalisti all´Oscar della cronaca, a quel Michael Moore che ha indignato la destra, i repubblicani e i sostenitori di "W" con il suo film di docufiction, Fahrenhet 9/11. Eliminato anche un altro finalista, il Mel Gibson autore del devoto polpettone sulla Passione di Gesù, il presidente restava la scelta obbligata, come lo era quella di al-Zarqawi tra i cattivi, nonostante egli sia, ammette ‟Time”, "uno spettro", più che un uomo. Una figura immateriale che vive soltanto attraverso le sue azioni feroci e le presunte rivendicazioni.
Per i fan e gli elettori di Bush, quella copertina speciale, esposta in vendita per due settimane, sarà il riconoscimento che il loro uomo si è guadagnato, se non il voto, almeno il recalcitrante rispetto anche dei critici, che ora lo devono guardare, dice sempre Time, come "uno dei più importanti presidenti" degli ultimi 50 anni e "uno che ha saputo restare in piedi, metaforicamente e realmente". Agli avversari, la modesta soddisfazione di un giudizio di merito che rimane ancora sospeso, in attesa non degli storici del futuro, ma dei cronisti che nel vicino 2005 dovranno verificare sul campo se la continua strage in Iraq, che anche ieri ha conosciuto una giornata di orrore, sia davvero la strada che condurrà il mondo arabo, e il resto dell´umanità, verso quella che il premiato ha definito "un futuro migliore". Un futuro sul quale il 49 per cento degli americani, in pratica la percentuale che gli votò contro, si sente ancora scettico.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …

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