Vittorio Zucconi: Più suicidi, meno reclute. Il male oscuro dei marines

01 Marzo 2005
La voce al telefono 1-800-MARINES, è puro Hollywood d’annata. Maschia, emozionante, pressante. "Grazie per avere chiamato i Marines. Se pensi di poter diventare uno di noi, resta in linea". Pausa, con ombra di disprezzo e calo della tensione. "Se invece chiami per altre ragioni, premi il tasto due". Noi siamo "i pochi", "gli orgogliosi" canta lo slogan del reclutatore e ha ragione, perché i Marines non sono mai stati così pochi. Tanto pochi che l’orgoglio ha dovuto umiliarsi al richiamo del danaro e portare fino a 35 mila dollari il signing bonus, la gratifica una tantum, per convincere qualche ragazzo o ragazza in più a partire per le sabbie dell’Iraq o le nevi dell’Afghanistan. Davanti al calo delle reclute, che per la prima volta in dieci anni ha visto il corpo dei Marines restare nel 2004 al di sotto della quota necessaria di sangue nuovo, neppure i scintillanti spot pubblicitari ripetuti da tutti le reti bastano più a mobilitare abbastanza adolescenti. La persuasione pubblicitaria ha i suoi limiti, quando va a sbattere contro i turni al fronte raddoppiati, contro le immagini di guerriglia urbana, di corpi dilaniati dagli "esplosivi improvvisati", di mutilati che tornano a casa avendo lasciando un pezzo di se stessi a Bagdad o a Falluja. Se non tutti i caduti e i feriti americani in Iraq sono "Marines", come erroneamente televisioni e giornali europei spesso li definiscono, è vero che sono loro, i leathernecks, i colli di cuoio, a pagare il prezzo più alto. I Marines sono il 20 per cento dei 150 mila americani in combattimento sul fronte iracheno, ma sono il 31 per cento dei morti. Dunque il Pentagono deve tentare la strada del borsellino, ora che la grande ondata patriottica ha subito la risacca di due anni di guerra senza uscite ancora visibili. Il ‟Commandant”, così si chiama il capo dei Marines, Michael W. Hagee, ammette con il ‟New York Times” che "l’effetto Falluja", l’incubo di quel combattimento strada per strada, dove neppure l’addestramento perfetto e la superiorità tecnologica mettono al riparo da imboscate, "sta bruciando negli occhi del pubblico immagini che gli ufficiali e i reclutatori hanno difficoltà a cancellare". La piccola armata dei reclutatori, quei sottufficiali che passano giornate intere nei centri commerciali e nei quartieri meno alti delle città per accalappiare e convincere giovanotti a ‟sign up”, a firmare, è stato decimato dalla necessità di spedire altri Marines al fronte, e ora il Commandant vuole aggiungerne 250 ai 2.100 in attività, soprattutto perché vadano a convincere il genitori a lasciar partire i figli. Più di Marina, Aviazione ed Esercito, i Marines sono un corpo di giovanissimi. Sei di loro su dieci hanno meno di 25 anni, e quasi due su dieci, il 18%, sono teen agers, non raggiungono i vent’anni. Si capisce perché "i genitori siano il nostro problema principale". Ma anche chi non si lascia più commuovere dalla mamma, mostra segni di averne avuto abbastanza. Il 75 per cento, tre quarti, dei Marines in servizio, dice il ‟New York Times” citando cifre ufficiali del Corpo, si congeda al termine del contratto e non rinnova. Per trattenere soprattutto quei sottufficiali, quei sergenti esperti che sono la colonna vertebrale di ogni esercito, si pagano borse, "bonus" a fondo perduto dai 20 ai 35 mila dollari, una cifra che può valere più della paga di un anno intero. Non sono soldi destinati a specialisti, tecnici, piloti, ma a fanti, a truppe disposte a fare la guardia al classico bidone di benzina, la più necessaria e la più pericolosa delle missioni in Iraq. Dopo tanta retorica di armi futuristiche, la vecchia verità di ogni occupazione ritorna: "Abbiamo bisogno di ‟boots on the ground”, di stivali sul terreno, di fanteria" spiega il generale. Le cose non vanno meglio nella Army, nell’esercito, e soprattutto non in quella Riserva e Guarda Nazionale alle quali Rumsfeld ha dovuto attingere a piene mani per completare i ranghi delle truppe assottigliate da troppi fronti. Ma se la Riserva è una "forza ormai spezzata" come ha denunciato il suo comandante, da un impiego troppo lungo e troppo oneroso per questi civili in uniforme, lo shock viene dai Marines, i pochi, gli orgogliosi, i semper fideles come dice il loro motto. Segnali alla politica che lo spiegamento e il logoramento in Iraq non può prolungarsi all’infinito senza intaccare anche la maglia di ferro del morale. Il 2004, è stato l’anno record nei suicidi tra i Marines, trentuno "riusciti" e ben 84 "tentati", una cifra che ha subito mobilitato i servizi psichiatrici del Corpo con spiegazioni ovvie: "Lo stress del combattimento urbano, il peggiore sotto il profilo psicologico, e la lunghezza dello spiegamento, hanno stressato i più giovani e i meno capaci di affrontare le difficoltà personali", ha detto lo specialista di "problemi del comportamento" nella base di Quantico, in Virginia. Sono ancora molti i ragazzi e la ragazze che chiamano l’1-800-Marines. Ma sono sempre più coloro che silenziosamente riagganciano la cornetta. Anche trentancinquemila dollari possono non bastare per comperarsi un sacco di plastica con la lampo.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …