Vittorio Zucconi: Stati Uniti. Esporre i Dieci comandamenti? Decide la Corte suprema

03 Marzo 2005
Pesanti come il monumento di granito alto due metri che ammonisce il visitatore a venerare "Il Signore, tuo unico Dio" all´ingresso del Parlamento del Texas, due secoli di controversie sulla separazione fra Chiesa e Stato sono piombati sul tavolo della Corte suprema americana, come sempre chiamata a essere la bussola nei momenti di tempesta. E questa è una tempesta perfetta, perché raccoglie venti e correnti fondamentali come il rapporto fra Bibbia e leggi umane, tra fede e codici civili, in un momento nel quale il nome di Dio è invocato dalla politica tra propaganda della fede e propaganda elettorale.
Naturalmente è dal Texas, Stato che ha prodotto un presidente che disse di guardare a Gesù come al suo "filosofo politico preferito", la terra fibbia della cintura della Bibbia che si estende dall´Oceano Atlantico alle Montagne Rocciose, che è venuta la prima sfida al "muro della separazione fra Stato e Chiesa". Il monumento della discordia, il monolito di marmo con la scritta "Io sono il Signore Dio tuo", e i ben diciassette monumentini più piccoli con la riproduzione del Dieci Comandamenti sparpagliati nei locali del Parlamento statale del Texas ad Austin, erano stati riposti nei magazzini statali nel 1990, durante i restauri dell´edificio, insieme con altre statue, busti e placche. Nel 1993, alla riapertura del Parlamento texano, il monolito e la sua corte di Decaloghi sono ricomparsi, in posizioni ancor più vistose, mentre il resto della cianfrusaglia monumentale accumulata nel tempo, è rimasta negli scantinati. Dunque, ha concluso il querelante, Thomas Van Doren, questa è la prova che l´assemblea legislativa del Texas intende esibire il Dio della Bibbia ebraica e cristiana come la religione dello Stato, a detrimento di tutte le altre fedi, dei cittadini laici e degli atei.
Sulla breccia aperta dal Texas, mentre George W. Bush era governatore, si gettarono poi il giudice dell´Aalabama che mise in mostra anche lui il Decalogo giudaico cristiano nell´atrio del palazzo di Giustizia, costretto a rimuoverlo su ordine di un tribunale di più altro grado, fra gli anatemi, le lacrime e le preghiere pubbliche dei buoni cristiani che organizzarono veglie al momento della rimozioni. Arrivò il Kentucky, altro Stato del sud di profonda religiosità e celebri whiskey, ordinando l´esibizione del Decalogo nei tribunali dello Stato. Di sentenza in sentenza, di ricorso in ricorso, la tempesta di marmo doveva inesorabilmente arrivare alla Corte suprema che ieri ha ascoltato il difensore della fede, il procuratore generale del Texas, Greg Abbot, difendere il diritto all´espressione delle convinzioni religiose e i querelanti ripetere il monito costituzionale contro la mescolanza di Dio e di Cesare.
Ma questa volta, a differenza delle altre occasioni nelle quali la suprema Corte si è pronunciata per il mantenimento del muro, il vento dell´opinione pubblica, del nefondamentalismo cristiano sapientemente sfruttato politicamente dal Partito repubblicano, soffia decisamente nelle vele di chi vuole abbatterlo. Il 72% degli americani sondati non trova nulla da eccepire all´esposizione del Dio giudaico-cristiano negli edifici statali. Il presidente in carica, George Bush ha dichiarato che il dialogo con il Signore e la fede sono ingredienti indispensabili per essere una buona guida della nazione. La reazione al galoppare del "secolarismo", alla scienza ormai entrata nei segreti più profondi della vita, alla "perdita dei valori tradizionali" e della moralità del buon tempo antico, sussurra alle orecchie di una Corte, dove i giudici conservatori e quelli progressisti sono ormai in numero pari e il presidente, l´anziano Rehnquist, è consumato da un male che lo sta portando alle dimissioni forzate.
La separazione fra Stato e Chiesa, che non è scritta nella Costituzione, dove si afferma soltanto la proibizione di promulgare leggi che creino una religione di stato ma è sempre stata affidata alle interpretazioni, vacilla sotto la spinta del "revivalismo" religioso, che anche le spallate del terrorismo e dell´opposto integralismo islamico, rafforza. ‟Libertà di religione non è libertà dalla religione” hanno argomentato i difensori del Texas, del Kentucky, degli altri 26 Stati americani che lo hanno affiancati e della stessa Casa Bianca che si è schierata con loro.
Chi teme la fine di quella separazione che rese unico e rivoluzionario l´"esperimento America" per sfuggire all´integralismo e all´oppressione religiosa dell´Europa settecentesca, si aggrappa a un foglio di carta, alla lettera che Thomas Jefferson scrisse ai Battisti del Connecticut, spaventati da voci di una possibile persecuzione statale nel 1802, per rassicurarli. "Contemplo con la massima reverenza la volontà del popolo americano espressa nella Costituzione erigendo un muro tra la Chiesa e lo Stato". "Se si apre una breccia nel muro che separa il giardino di Dio dalla giungla del mondo, anche il giardino di Dio diverrà una giungla" gli rispose rasserenato il pastore battista. Duecento tre anni dopo, il muro vacilla.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …