Vittorio Zucconi: L’America tra legge e fede

01 Aprile 2005
E il quattordicesimo giorno, quel che restava della signora Terri Schindler Schiavo morì, lasciando ai credenti la speranza della resurrezione e ai non credenti il ricordo di quel sorriso misterioso. È finita un´agonia per fame e sete che ha fatto gridare parole mostruose come ‟tortura”, che ha scatenato reazioni violentissime dal Vaticano, che ha sollevato manifestazioni di religiosità medioevali da flagellanti e diviso non l´America della politica, ma l´America delle coscienze individuali, trafiggendo il cuore di noi tutti.
È finita nella cronaca ma potrebbe vivere nella storia, accesa dalla domanda che il presidente Bush ha posto, trasmettendo le condoglianze ai genitori: se ‟la legge è fatta per proteggere i deboli dai forti”, perché è stato proprio l´anello umano più debole a essere spezzato?
In una sola parola, oggi, a morte biologica certificata alle ore 9 e 02, la domanda è: ‟perché”? Quale urgenza, quale imperativo, quale ragione di Stato, hanno imposto che fosse spenta una donna mentalmente devastata, ma biologicamente fortissima, che aveva resistito tre lustri in uno stato di dipendenza che raramente, dicono gli specialisti, si protrae così a lungo? La risposta formale, e ormai sostanziale, è quella che abbiamo già tentato di dare qui, seguendo con rispetto e con tenerezza questa agonia. Una nazione insieme fortissima eppure fragilissima nell´insalatiera mutante delle culture e delle etnie che la formano, è tenuta unita dal principio del ‟governo di leggi e non di uomini”, è retta dall´osservanza della Costituzione e della interpretazione che ne da chi ha il compito di farlo, cioè la magistratura, non i quaresimalisti e i moralisti. La legge non è un optional da prendere o scartare o modificare ad arbitrio di chi controlla temporaneamente il governo, è la religione civile nazionale garantita dalla assoluta autonomia dei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario. Questo principio fondante e unificante diventa tanto più doloroso ma ferreo proprio quando richiede il sacrificio, in pace e in guerra, al fronte con il fucile o in un letto di ospedale, del singolo, per salvare la comunione dei cittadini.
Soltanto chi applica agli Stati Uniti schemi e pregiudizi è dunque rimasto sorpreso dalla secca risposta negativa che tutti i sondaggi di opinione hanno dato due settimane or sono, quando il Congresso con voto concitato di repubblicani e democratici e con la melodrammatica firma notturna del Presidente, ha tentato un escamotage legislativo per aggirare i 12 verdetti dei tribunali statali, in Florida. Lo stesso presidente Bush che aveva, come il fratello Jeb governatore della Florida, creduto, per opportunismo o per principio poco importa ora, di cavalcare questo caso, ha avuto l´intelligenza e la saggezza civile di chiamarsi fuori e di tacere, durante l´agonia.
Se si illudeva di salvare la signora Schiavo e di dare una spallata alla separazione dei poteri e alla Costituzione, l´estremismo degli integralisti cristiani che hanno organizzato scene commoventi ma anche sceneggiate indecenti portando acqua e cibo che comunque lei non poteva inghiottire dal 1986, è fallito. Neppure il chiaro e implicito tentativo di ricatto elettorale rivolto a Bush, al fratello e ai parlamentari repubblicani, ha retto di fronte alla schiacciante risposta dell´opinione pubblica che non è composta di ‟nazisti”, come gridavano i fanatici. Né di ‟assassini”, come ha detto ieri a morte annunciata un sacerdote della Chiesa Romana, monsignor Pavone, parlando a nome e per conto di un Vaticano che forse non si rende conto di avere accusato di omicidio l´intero sistema della magistratura americana, dai giudici di contea alla Corte Suprema.
La spallata dell´integralismo reazionario - non la intera ‟destra religiosa”, che si è comportata con dignità e rispetto - non ha spinto Bush a mandare le truppe come scelleratamente aveva proposto anche un terziario francescano che si era autonominato portavoce degli Schindler e predicava in tv, ma questo non significa che il problema della fine e del prolungamento della vita sia morto con la povera signora che ieri ha finito di respirare. Al contrario, oltre l´emozione e il sentimentalismo televisivo generato dal mistero di quel sorriso infantile sul volto di una donna di 41 anni, la sua fine avrà un senso, e darà una risposta ai nostri ‟perché”, se il caso di Schiavo contro Schiavo, del marito pietoso o boia secondo le opinioni, provocherà la necessaria discussione politica nazionale su eutanasia volontaria, su testamenti biologici, su custodie legali e sul proseguimento della vita con mezzi eroici e artificiali.
Proclamarsi ‟dalla parte della vita”, come facevano i flagellanti sull´asfalto attorno all´ospizio di Pinellas County o invocare la ‟cultura della vita” contro una presunta ‟cultura della morte” incarnata da non si capisce bene chi, ha senso soltanto se si affronta quello che soprattutto gli Americani, nel loro vitalismo ottimista, rifiutano di affrontare: il mistero della morte. E il rapporto fra l´assoluto della fede e la relatività delle leggi umane. Osservava un docente di bioetica, il dottor Arthur Caplan, che il caso Schindler ha esposto ancora una volta la ambiguità umanissima di una nazione che si proclama religiosa all´80 per cento, ma di fronte alla vecchiaia, alla malattia grave, alla fine della vita, ‟sembra riporre la propria fede più nella tecnologia che nel Signore”. E mentre proclama la sua apparente certezza nella morte come passaggio a miglior vita, si aggrappa freneticamente a ogni siringa o a ogni macchinario. ‟Si vivono vicende identiche a questa ogni giorno in ogni ospedale” ci ha ricordato la dottoressa Bernardine Healy, ex direttore dell´Istituto Nazionale della Salute. ‟E la morte - ha aggiunto per rispondere a chi ha visto in quel ritiro delle sonde di alimentazione una forma barbara di tortura - non è mai pretty, non è mai graziosa. Togliere il respiratore a un paziente che non respira più da solo, produce una fine più rapida, ma non più piacevole”.
Il mito della ‟vita da difendere a ogni costo” si spezza quotidianamente nella realtà delle scelte che medici e parenti e coniugi devono prendere davanti ad anziani, o giovani adulti o bambini. Maledire la crudeltà della legge e l´insensibilità dei giudici è soltanto una brutale, ipocrita speculazione politica per usare la signora Schiavo come ariete per i veri obiettivi, sfondare la fortezza dell´aborto volontario, della ricerca sugli embrioni, del ‟permissivismo” e di tutta quella tecnologia medica che viene maledetta e limitata se produce vita ma applaudita se serve a trascinare esistenze allo stremo. Se hanno ragione i credenti autentici che nulla avviene senza la volontà di Dio, l´inspiegabile calvario di Terri cominciato 15 anni fa aiuterà gli Stati Uniti, e noi, a confrontare con leggi, regole e discussioni serie, non con rimpianti medievalisti o slogan a effetto, il problema reale della vita e della morte nel tempo della tecnologia invadente ma non ancora onnipotente.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …