Concorso “Centoparole”. I consigli di Pino Cacucci

05 Aprile 2005
Scrivere è un ottimo sfogo. Aiuta a sopportare lo schifo che ci circonda inventando vendette contro la realtà. Si scrive per riparare ai torti della vita, si scrive perché non si può farne a meno, perché ci scappa, perché abbiamo bisogno di "sacar el diablo pa' fuera", secondo un detto messicano, cioè sputare il rospo, liberarsi dei demoni o dei tarli. Si scrive anche per amore, che è poi sempre uno sfogo. Ma guai a credere che o la va o la spacca, che questa sarà l'unica occasione della vita, che il talento o si vede subito o niente. Non so neppure se il talento esista. A cercare nella memoria, trovo ben pochi autori che abbiano esordito con un capolavoro, e comunque non sappiamo quanti fogli abbiano gettato nel cestino prima di quell'esordio felice. Scrivere è pratica artigianale, simile a quella del fabbro, dell'intagliatore del legno, o del semplice falegname, che non pretendeva da apprendista di fare un mobile rococò perfetto in ogni ghirigoro. E poi, scrivere è soprattutto buttare via molto di ciò che si scrive, tanta segatura e tanti riccioli inutili, consapevoli che ci saranno altre occasioni per dire il "resto". Scrivere per pubblicare, prima di aver pubblicato, è una trappola: si rischia di pensare troppo a chi legge e poco a cosa si sta raccontando. Ecco, raccontare: da raccontatore di storie, mi interessa poco chi e come e quando entrerà tra gli immortali della Letteratura, con la maiuscola, preferisco - da lettore, innanzi tutto - le storie minuscole della vita vissuta, anche perché è difficile scrivere prima di aver vissuto, prima di avere qualcosa di intenso e appassionato da dire agli altri. E scrivere è resistere, come diceva Guimaraes Rosa, e lo è ancor più agli esordi: resistere ai rifiuti, resistere all'indifferenza, con ostinazione, cocciutaggine, e soprattutto continuando a scrivere come se fosse una ginnastica, un mestiere di artigiano da imparare giorno dopo giorno, appunto. L'unica arrendevolezza, è consigliabile quando qualcuno ci legge e chiede troppo spesso spiegazioni: significa che non siamo stati capaci di arrivare dritti alla meta, cioè ricreare nella mente del lettore le stesse immagini che vedevamo noi scrivendo. E allora... pazienza, si continua a scrivere e riscrivere. Perché è un po' come per la musica: l'1 per cento è ispirazione, il 99 per cento è traspirazione. Ma scrivere non è una fatica, non è un "lavoro", scrivere è un piacere, e se si suda un po', be'... alcune tra le attività più gradevoli della vita fanno sudare, no?

Pino Cacucci

Pino Cacucci (1955) ha pubblicato Outland rock (Transeuropa, 1988, premio MystFest; Feltrinelli, 2007), Puerto Escondido (Interno Giallo, 1990, poi Mondadori e infine Feltrinelli, 2015) da cui Gabriele Salvatores ha tratto …