Vittorio Zucconi: Nelle stanze dei miracoli. Dove Wojtyla sarà santo

18 Aprile 2005
Se le lacrime facessero rumore, dentro questa stanza ci sarebbe un frastuono di cascata. Questa è la stanza dei miracoli, dunque il serbatoio del dolore degli uomini e della speranza nei santi, affacciata sulla piazza che da oggi attende un nuovo Papa e da lui presto un nuovo Santo.
Qui, dove la Chiesa Cattolica archivia e cataloga i miracoli e quindi la santità, le finestre aperte sulla folla hanno portato per giorni il tifo popolare per la ‟santificazione subito” di Giovanni Paolo II, ma il Niagara delle emozioni si placa nel lago del tempo e della prudenza. Quando il ‟postulatore”, il monsignore che deve perorare la causa di un santo, forse anche quella del futuro San Giovanni Paolo da Cracovia, mi conduce nell´archivio delle santità concesse o negate (‟non dovrei, sa” - si schermisce passando davanti all´usciere del paradiso che finge di leggere il giornale), le coste di quei tomi enormi scritti a mano e rilegati in pelle screpolata, ci riportano a date come il 1592, e si capisce che ‟Dio non guarda la televisione e non gioca con le anime”, come mi dice il monsignore.
Da questi uffici al numero 10 di Piazza Pio XII, dietro la solita facciata di stile piacentiniano che segna tutta la via della Conciliazione, nascosta ora dall´impalcatura con l´enorme e incongrua pubblicità di una assicurazione ‟malattia e vita”, lavorano i custodi della beatitudine, gli avvocati dei misteri che la scienza non sa spiegare e che la Fede attribuisce alla intercessione di uomini e donne. Tutto ciò che i credenti, gli scettici, i devoti, i mistici, i medici, i vescovi, i parroci, le pie donne, i millantatori, attribuiscono alla mediazione di un essere umano in collegamento diretto con il Cielo, arriva qui, nel lago delle lacrime alimentato da rigagnoli globali, molto prima che ‟globale” divenisse uno stereotipo di moda.
Vedo le otto fustelle, i classificatori ministeriali legati da fettucce ingrigite dalla polvere, che raccolgono la vite e le opere dei ‟Santi Martiri Giapponesi”, il libro che ‟postula” la umile santità abruzzese di tale Dino Zambra, di Chieti, giovane soldato italiano morto nel 1944 a 22 anni, di tubercolosi, dopo una vita esemplare, il testium et summarii, così si chiama nel latino Tridentino delle cause, per perorare la santificazioni di un dimenticato, dai più, Theopanic Chatillon e di un Francescano argentino, Mamenti Esquiu, che i devoti giurano d´aver visto levitare e volare. Un dettaglio che lascia del tutto fredda la mia guida, il ‟postulatore” del Francescano, Josè Louis Gutierrez. ‟Di pii monaci e suore che svolazzano abbiamo gli archivi pieni, ma non è a questi fenomeni che guardiamo per capire quello che davvero importa al collegio dei 30 cardinali e vescovi che dovranno decidere la canonizzazione. A noi importa capire, oltre ogni dubbio possibile, se quella persona, laico o religioso che fosse, Papa o curato di campagna, fondatrice di un Ordine o vedova Rossi in un un condominio di periferia, avesse la qualità essenziale. Se avesse cioè risposto pienamente al progetto di Dio per essa”.
All´occhio di cronista viziato dallo scetticismo professionale, i 35 volumi nuovi rilegati in tela rossa, come tesi universitarie qualsiasi nello studio di un capo dipartimento, allineati negli scaffali metallici nell´ufficio monastico del Monsignore in attesa del voto finale per quei 35 aspiranti beati e santi, così come i fantastici archivi segreti che raccolgono la storia della santità dal 1592 a oggi, dagli amanuensi alle stampanti laser dei computer, danno l´impressione che anche in materia di misticismo la ‟quantità” sia ‟qualità”. Non è soltanto questione di penne d´oca e di laser se la causa per la santificazione di Francisco Xavier, il compagno di Ignatio di Loyola, che evangelizzò - un poco - Giappone e Cina occupa un intero scaffale nell´archivio (saranno almeno 12 tomi) e l´umile volumetto per il soldato di Chieti morto nel ‘44 ha le dimensioni della tesi di un laureando pigro.
Invece è anche così, ‟la santità - sorride il monsignore - può essere misurata anche con un metro da sarto. Noi guardiamo anche alla quantità di lettere e di testimonianze che arrivano alla Segreteria di Stato, all´ufficio stampa, alle diocesi per affermare la straordinarietà di una persona, perché sono un indizio di quello che noi chiamiamo, nel linguaggio giuridico della Congregazione, "fama sanctitatis", la fama di santità. Da queste spesso parte l´inchiesta”. Come partirà quella per Karol Wojtyla. ‟Se la ‘fama sanctitatis’ bastasse, Giovanni Paolo sarebbe già santo. Negli ultimi mesi della sua vita, le lettere sono diventate una montagna”.
Provo, approfittando slealmente di una telefonata che distrae il Monsignore Basco, a sfogliare qualche pagina di queste cause pronte per la discussione finale, quando il ‟Postulatore” e il ‟Promotore della Fede”, un tempo l´avvocato del diavolo, dovranno misurarsi davanti al collegio dei vescovi e poi nel giudizio finale del Pontefice. Sono, con commovente ripetitività, cataloghi di lacrime, di implorazioni miracolosamente andate a buon fine, di malati terminali che guariscono senza che i cinque baroni universitari chiamati a esaminare il caso riescano, per quanti sforzi professionali facciano, a trovare una spiegazione clinica, storie di bambini assopiti in sonni di marmo che si risvegliano dopo una perorazione al soldato morente o al francescano missionario, martiri nelle mani di soldataglie, uccisi per non aver voluto rinnegare Cristo o semplicemente per aver tentato di difendere una vittima dai suoi carnefici.
Ogni miracolo presunto è accompagnato, oltre che dai certificati medici notarizzati, dalle deposizioni di testimoni, raccolte con la tecnica arida, oggettiva, indifferente, che ricordo nei rapporti di Questure e Carabinieri, compilate da interroganti un po´ cinici, che le hanno viste e sentite tutte. ‟Non tutti devono essere per forza eroi, martiri, figure straordinarie come la piccola suora d´Albania. Ci sono santi - interviene con garbo mons. Gutierrez per strapparmi alla mia indiscrezione - specializzati in lenti a contatto perdute sul fondo di una piscina o in portafogli persi e ritrovati dopo una supplica a qualcuno. Se ci scrive un uomo per dire che ha ritrovato le lenti a contatto, o una donna felice per aver recuperato la borsetta o un figlio piccolo inghiottito dalla folla, archiviamo e basta. Ma se mille persone da ogni angolo della terra ci scrivono per dire che hanno trovato gli occhiali invocando quel nome, ce ne occupiamo, perchè anche quello può risultare, a indagini successive, la spia di qualcosa di molto più grande”. La fama sanctitatis, appunto.
Nelle stanze dei miracoli grandi o piccoli, dove avviene il vero miracolo della fede, la transustanziazione della disperazione in grazia divina dunque in speranza, non ci sono gli originali dei documenti, i reperti, le reliquie. Il Vaticano chiude nei propri ‟Archivi Segreti”, casse e casse di materiale riposto e accastatato sotto il controllo della Congregazione dei Riti, ora divenuta la Congregazione delle Cause dei Santi. Ci sono le summae, le tesi finali che un tempo le penne d´oca compilavano in anni di fatica (per Francesco Saverio il Gesuita impiegarono trent´anni) e oggi i ‟consultori” al servizio del ‟postulatore” fanno, dall´apertura della causa alla decisione finale del Papa, in circa sette anni, con notevoli costi di viaggi, ricerca e rilegatura nella tela rosso cardinalizia che le avvolge. La cascata della lacrime e il lago dei miracoli certificati si ingorga nel collo di bottiglia dove ora aspettano le circa 400 cause in lista d´attesa, almeno sette anni che soltanto un intervento straordinario del Papa può accorciare, come avvenne per la santa albanese. E come forse avverrà anche per Wojtyla, riducendo anche i cinque anni che dovrebbero trascorrere tra la morte e l´inizio del processo.
Per fare Santo Francesco d´Assisi, in evidente flagranza di santità, bastarono due anni dopo la morte.
Mi stupisce, camminando dietro la mia gentilissima guida tra le trincee di metallo che sorreggono quasi cinque secoli di beatitudini e santità concesse o negate (la Chiesa archivia tutto, almeno dal 1293, con i «Decretali» di Gregorio IX), vedere la divina nonchalance con la quale sono affiancati fragili volumi del `500 e i più moderni raccoglitori della Irlandese Mary Aikenhead, fondatrice delle Sorelle di Carità a Dublino nel 1812, per la quale neppure un metro e mezzo di documentazione ha ancora convinto i Papi della sua santità.
Le pergamene del prezioso Regestum Servorum Dei, il registro dei ‟servi di Dio”, completato nel 1592 da Papa Sisto, proprio quello della Cappella, per mettere ordine nella confusa processione dei santi creati prima del Concilio di Trento, scrocchiano e gemono nell´aprirsi e nel mostrare il pallore dell´inchiostro seppia che le riempie di una scrittura corsiva perfetta, ma sbiadita.
Dietro una porta automatica a vetri, condizionata, documenti ancora più antichi e fragili ‟aspettano una ricerca storica meravigliosa”, sospira il guardiano delle porte della santità, ma la Chiesa avanza, la «domanda di santi» ribolle e cresce, quasi come risposta alla secolarizzazione e alla scristianizzazione, l´ansia di miracoli ‟non è mai stata così forte” e gli otto postulatori come lui devono firmare ogni causa, assumersene la responsabilità, perorarla davanti ai Vescovi, ai Cardinali, al Papa, ‟e soprattutto davanti allo Spirito Santo”. La marea delle lacrime e dei miracoli cresce, monta, come la folla che gridava ‟Subito Santo” e il Monsignore neppure osa immaginare quale inondazione di documenti e di lavoro lo attende, per la causa di Giovanni Paolo II, come fu per Padre Pio da Petralcina (un intera libreria solo per lui) e per i santi contemporanei, dalla vita documentata ora per ora. Esco dalla stanza dei miracoli con l´impressione che il soldatino di Chieti, Zambra Dino, dovrà pazientare a lungo, anche se avendo davanti l´eternità gli importa poco.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …

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