Vittorio Zucconi: Caso Calipari. La verità del più forte

04 Maggio 2005
Con il tono patronizing, cioè condiscendente e comprensivo della madre di fronte a un bambino imbronciato, l´America ci fa sapere di essere ‟dispiaciuta” per l´ostinazione degli investigatori italiani a non voler ingoiare la versione del Pentagono sull´omicidio di Nicola Calipari. Sorry, ha detto Condoleezza Rice a Gianfranco Fini, ma non sorry per avere ucciso uno dei nostri senza ragione e per avventatezza di poveri soldati di complemento nel panico su una strada dove non avrebbero mai dovuto essere.
Dispiaciuta soltanto perché la nostra ricostruzione diverge dalla loro che non ammette contraddittori e deve essere il Vangelo per i fedeli. Una ‟sberla in faccia a Berlusconi e alla sua pretesa di una relazione speciale con Bush”, come ha detto all´agenzia Reuters, Jason Watson dell´American University a Roma.
Di fronte a un atteggiamento americano di inevitabile e scontata chiusura, (‟il tragico incidente”) che ha il classico sapore del whitewash, della mano di calce stesa per coprire gli errori di chi non ha mai ammesso errori, la nostra fretta nell´annunciare che i rapporti di amicizia fra Italia e Stati Uniti ‟non ne saranno incrinati” è una concessione scontata, quindi gratuita, autolesionistica e anticipata. Un segnale tanto ovvio quanto non richiesto, che ancora una volta, come nei giorni della corsa alla partecipazione alla guerra ‟non belligerante”, distrugge ogni margine residuo di credibilità e di prestigio e toglie qualsiasi forza politica alla nostra posizione. Ha ragione dunque la signora Rice nel ridurre questo gravissimo incidente, questa brutale mancanza di rispetto per la vittima, a un "sobbalzo sulla strada", come ha detto l´ambasciatore Sembler, e a trattarci da bambini che pestano i piedi e vanno rabboniti, in attesa che la buriana passi.
Si ripete l´errore strategico che questo governo italiano commette dal giorno dell´assunzione di George Bush alla presidente degli Stati Uniti, il 20 gennaio del 2001, l´errore dell´"allineamento preventivo" in cambio di nulla. Anche oggi, come nell´estate di due anni or sono quando Washington disperatamente raschiava il fondo del barile internazionale dopo la disfatta all´Onu per formare un simulacro di alleanza internazionale che coprisse la scelta unilaterale dell´invasione, il governo italiano sarebbe in una posizione di forza quale raramente l´Italia ha occupato, nei confronti del potente e prepotente alleato. Il senso di quei 2.500 soldati italiani spediti a Nassiriya ci era stato presentato come l´astuzia di un nuovo Conte di Cavour alla guerra in Crimea, militarmente irrilevante ma diplomaticamente cruciale, per guadagnare punti alla causa dell´unità italiana. Due anni dopo l´inizio della guerra, mentre il secondo Bush ha già dimenticato la "Nuova Europa" che si è ritirata dal fronte e torna a guardare e a lusingare le nazioni che hanno sempre contato in Europa, Francia e Germania, oltre alla solita Inghilterra, il nostro pugno di morti, e i nostri bersaglieri non valgono neppure a meritarci qualcosa di più serio che un ‟sorry” e bene così.
Nessun commentatore americano, e nessun osservatore politico o diplomatico a Washington, ha infatti alcun dubbio sul fatto che questo bump in the road, questo sobbalzo sulla autostrada a senso unico della "fedeltà italiana all´America", possa lasciare tracce serie o provocare qualche effetto reale sui rapporti di subordinazione.
Neppure il fatto che la relazione italiana sia ‟una confutazione esauriente e dettagliata” al giustificazionismo del documento americano, come ha notato il New York Times, porterà ad altro che a un futuro incontro al vertice con nuove pacche sulle spalle a Washington o nel Texas e nuove promesse di incrollabile amore, oltre il regrettable, il malaugurato episodio. Sarebbe stato giusto, approfittare della malinconica occasione far notare oltre le frasi fatte e ripetute da ogni governo dal 1947, che un´alleanza, soprattutto quando sigillata dal sangue e dal sacrificio, deve essere una strada percorribile in due direzioni. E che neppure i fedelissimi italiani sono tanto fessi da non capire che i leaks le fughe di notizie che arrivano ai media americani, come la Abc news e ieri la Cnn, sulla velocità dell´auto, i satelliti di sorveglianza e il versamento di 10 milioni di dollari ai terroristi per salvare i nostri ostaggi non crescono sugli alberi, ma sono segnali molto precisi. Avvertimenti della mamma al bambino irritato che essa conosce troppi segreti per non castigarlo, se i capricci dovessero continuare e lui continuasse a raccontare bugie pubbliche sui riscatti mai pagati.
Posto dunque che l´amicizia è infrangibile, la partecipazione militare italiana alla guerra americana non è in discussione dunque non è negoziabile, il solo testimone autentico è morto, la Us Army copre i suoi per coprire sé stessa e la scena del delitto è stata compromessa e dunque resa inutilizzabile immediatamente, le due verità continueranno a correre parallele verso l´infinito dell´ipocrisia e della verità del più forte. Bugie che si aggiungeranno ad altre bugie necessariamente, perché il rischio, che renderebbe Bush e la Rice realmente very very sorry, è che cominciare a tirare il filo anche di una sola verità, sgomitoli l´intera matassa delle menzogne sui "progressi".

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …