Vittorio Zucconi: L´America che processò Darwin

07 Luglio 2005
Il processo alle scimmie trasformò quel paesino in un Barnum. Arrivarono scimpanzé alla catena e giornalisti sciolti, venditori di limonate e borseggiatori, maddalene e profeti, principi del foro e tromboni della politica, tutti calati su Dayton, nel Tennessee bollente d´afa, con 20mila curiosi per partecipare a un processo che i giornali, per stare abbondanti, battezzarono "il processo del millennio". Fu l´estate "dell´Armageddon giudiziario" che avrebbe dovuto risolvere per sempre il conflitto tra Dio e scimmie, tra King Kong e Noè, tra evoluzionisti e creazionisti.
Quel conflitto che ogni generazione di americani deve invece ricominciare daccapo a combattere.
Era l´America del luglio 1925, di 80 anni or sono. Era il tempo della "prosperità dietro l´angolo", delle gonne che si accorciavano, del listino di Borsa che si allungava, della fede montante nella scienza e della fede calante nella Bibbia. In una guerra di mondi tra materialismo ed evangelismo che l´immaginazione di H. G. Wells trasformò nella metafora di marziani e terrestri, l´Assoluto e il Relativo vennero a darsi battaglia in questo paesino del Tennessee per decidere una volta per tutte se i bambini americani dovessero considerarsi figli di una scimmia o figli di Eva.
Mai prima d´allora, e mai più dopo, un processo senza sangue avrebbe fissato l´attenzione di un popolo intero. Cinque radiocronisti trasmisero in diretta, per la prima volta nella storia della radio, le udienze dall´inizio alla fine. Giornali inviarono le loro stelle con la licenza di scrivere quanto volevano, perché i lettori a casa divoravano tutto. Il ‟Baltimore Sun” mandò a Dayton il letterato più famoso del momento, H. L. Mencken, decisamente proscimmia. Per la difesa e l´accusa, furono arruolati ex candidati alla Casa Bianca, leader di partiti, tutti risucchiati nel Tennessee dalla convinzione che quella fosse la Kulturkampf decisiva, la guerra totale e definitiva per stabilire, un secolo e mezzo dopo la fondazione, se gli Stati Uniti d´America dovessero diventare una "repubblica cristiana", o una "repubblica laica". ‟Questo è il nuovo processo a Galileo”, tromboneggiò l´avvocato principale degli evoluzionisti, Clarence Darrow, anche lui soccombendo all´enfasi in una storia che nel 1960 ispirò il film "... e l´uomo creò Satana" interpretato da Spencer Tracy.
Galileo più improbabile di quell´imputato che sedette nella piccola aula del tribunale davanti a un giudice talmente "proDeo" da avere preteso che tutti intonassero salmi all´inizio dell´udienza, non si sarebbe potuto trovare. Si chiamava John Scopes ed era un 24enne allenatore di football al liceo, che ogni tanto suppliva alle assenze del vecchio insegnante di scienze.
In quel 1925, per reagire all´edonismo secolarizzante dei "ruggenti anni Venti" e alla diffusione dei diabolici insegnamenti di Darwin e Freud, all´arte astratta, al jazz, alla solita "crisi dei valori", i benpensanti dell´epoca avevano cavalcato, esattamente come oggi, l´ondata di paura, di confusione e quindi di revivalismo fondamentalista cresciuta nel sud. L´ondata divenne una legge che in Tennessee aveva proibito l´insegnamento delle teorie darwiniane sull´evoluzione della vita.
La Aclu, la associazione per la difesa dei diritti civili, decise di attaccare subito l´offensiva anti scientifica prima che si diffondesse e dilagasse, come nell´America del 2000. Gli avvocati libertari sbarcarono sui Tennessee, batterono i piccoli centri, arrivarono a Dayton, un paesetto agonizzante che aveva perso 3mila dei suoi 5mila abitanti in pochi anni, pescarono l´ignaro "Galileo" in un drugstore dove lavorava per arrotondare. Gli mostrarono il libro di testo allora in uso, la "Biologia Civica" di Hunter con la classica sequenza scimmia-homo sapiens e gli chiesero se fosse quello il sillabario che usava a scuola. Quando Scopes rispose di sì, lo denunciarono alla magistratura che, ai sensi della nuova legge, dovette incriminarlo e mandarlo davanti al più talebano dei giudici locali. Era quello che gli ‟uomini scimmia”, come li dipinsero i vignettisti devoti alla Bibbia, volevano: una condanna da portare davanti alla Corte Suprema per vederla dichiarare palesemente incostituzionale.
Per difenderlo, fu interpellato addirittura H. G. Wells, che rifiutò. Accettò invece un avvocato ultrasettuagenario in pensione, Clarence Darrow, che si trovò davanti, per la pubblica accusa, un formidabile avversario, il più volte candidato democratico alla Casa Bianca e leader dei dixiecrats, del democratici conservatori del sud, William Bryan. L´accusa non faticò molto a provare il proprio caso. Interrogò il povero Galileo che ammise di avere insegnato le teorie proibite. Caso chiuso. Ma il vecchio Darrow, il difensore, aveva un´arma segreta. La Bibbia stessa.
All´inizio del processo aveva chiesto e ottenuto di far mettere la Genesi agli atti processuali. E quando, tra lo stupore generale, chiese di interrogare l´accusatore, avvicinò la sbarra reggendo il libro sacro e cominciò le domande al grande e grasso Bryan, che pigramente si faceva vento con un ventaglio nell´auletta da 150 posti oppressa da 500 curiosi e circondata da almeno 20mila accampati per le strade.
”Avvocato - cominciò Darrow con il suo accento sudista - lei crede nelle verità letterali della Bibbia, vero?”.
”Certo”.
”Bene, dunque lei crede che effettivamente Giona sia stato inghiottito da una balena?”.
”Beh, è chiaro che...”.
”Lei è scientificamente convinto che Giosuè abbia fermato il corso del sole?”
”Insomma, si deve capire”.
”Lei crede che realmente tutti gli animali siano saliti in coppia a due a due sull´Arca di Noè per sopravvivere al diluvio? Che Eva abbia mangiato una mela?”.
”Naturalmente sono versioni da non prendere sempre alla lettera”.
”Ahhhh, ecco - sospirò Darrow - ma almeno lei crederà che Dio creò l´Universo esattamente in sei giorni?”.
”Assolutamente sì”, si rianimò l´accusatore.
”C´è una cosa che non capisco - mormorò l´implacabile Darrow - di quante ore erano fatti quei giorni, di 24 ore? Perché Dio avrebbe dovuto usare i nostri orologi per calcolare il tempo dell´Universo?”.
Fu una dimostrazione di "cinismo legale" come la definisce oggi il professor Allan Dershowitz di Harvard quando illustra la causa celebre ai propri studenti. I giornali e le radio impazzirono. Il ‟New York Times”, già allora un quotidiano "empio", definì quell´interrogatorio, "l´episodio più sbalorditivo nella giurisprudenza americana". Furibondo, il giudice ordinò che quella testimonianza fosse cancellata dai verbali e alla fine di luglio del 1925 John Scopes fu condannato a 100 dollari di pena pecuniaria. La condanna, pur mitissima, bastò per organizzare il ricorso alla Corte Suprema del Tennessee, che un anno dopo annullò la condanna e dichiarò la legge anti evoluzionismo incostituzionale.
Le scimmie avevano vinto una battaglia. Il grande rigurgito culturale teocratico e fondamentalista si fermò 80 anni or sono contro la diga di un paesino del Tennessee trasformato in Barnum biblico-circense, con una piccola coda tragica.
William Bryan, per consolarsi, si concesse un pranzo pantagruelico, alla fine del quale stramazzò. È morto di crepacuore, scrissero i suoi amici. Ma quando mai, è morto di crepapancia, rispose Darrow, l´avversario, cinico fino in fondo. La questione delle "scimmie contro la Bibbia" era stata definita una volta per tutte. O così sembrava.
Ottanta anni più tardi, negli scorsi mesi, lo stato del Kansas ha reso ufficiale e obbligatorio l´insegnamento della creazione secondo la Genesi come verità scientifica e letterale, escludendo Darwin. Il duello con le scimmie continua. Si cercano, finora invano, nuovi Galilei.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …