Michele Serra: Scongiuri nerazzurri

22 Agosto 2005
"Questa è l´annata dell´Inter" è una frase che, per la comunità nerazzurra, ha un suono sinistro. E´ già stata udita in altri agosti, abbacinati da campagne acquisti ancora non contraddette dalla prova dei fatti, con la cabala che faceva pensare che la stessa disgrazia non può ripetersi per dieci volte consecutive nello stesso posto, e alla stessa ora. Poi, alle prime brume…
Ora che arriva questa Supercoppa (di dimensioni enormi forse per ovviare alla sua ancora incerta fama), la tentazione dell´ottimismo è forte, anche perché Torino è sempre Torino e infilzare in casa la Juve, costringendo Capello a dichiarazioni del dopo-partita piuttosto illividite, non è una soddisfazione di tutti i giorni, e nemmeno di tutti gli anni. Idem vedere Adriano Galliani che infila la medaglia del vincitore al collo di giocatori non del Milan e non della Juve, rara effrazione alla legge del duopolio biancorossonero. E poi molto bene Pizarro, uno di quei nani armonici che in campo riescono a mandare in cortocircuito gli slungagnoni ipermuscolari, facendo l´effetto di un topo che gioca con i gatti.
Però si è diventati con gli anni, noi interisti, superprudenti nel valutare i primi fremiti di fine estate, e l´occhio si è fatto acutissimo nel cogliere, insieme ai buoni presagi, anche particolari e dettagli che potrebbero far presagire la rovina, offuscare l´orizzonte, rovinare la festa. I più critici (cioè i più feriti), in gran parte radunati attorno a televisori balneari, notavano ad esempio che la copertura televisiva di Sportitalia, generosa ma, diciamo così, di genere minore e di non altissimo profilo, era già un sintomo evidente di declassamento per un trofeo non illustrissimo, un po´ come vedere in una sala di seconda visione un sedicente kolossal che non ha trovato una distribuzione degna. Volendo, anche lo sguardo ansioso e ansiogeno di Toldo, che pare sempre più terrorizzato dalla sua professione di portiere, oppure il fraseggio rococò di un centrocampo così illustre e amante del pallone da rinunciare, spesso, al noioso disbrigo del lancio in avanti, rappresentano, per l´interista già plurideluso, piccole inquietudini, possibili crepe. E poi – leviamoci il dente da subito – c´è il rovello vero, la paura inconfessabile, cioè che il maturo divo Figo, aggiunto nel piatto della campagna acquisti quando pareva già felicemente chiusa, come un branzino da venti chili sopra un meditato assortimento di frutti di mare, possa diventare uno di quei famigerati "casi" che gonfiano le pagine sportive e confondono il tecnico e lo spogliatoio, perché uno come Figo è impossibile non farlo giocare anche quando è impossibile farlo giocare.
Ma questi, diciamolo, più che valutazioni lucide sono scongiuri obbligatori, mugugni preventivi di una tifoseria così abituata al diluvio da uscire con l´ombrello e la cerata anche sotto il solleone. I famosi fatti dicono che l´Inter, dopo la Coppitalia, ha incassato anche il primo derby con la Juve, per giunta guarnito di Supercoppa, e che ha aperto la stagione con solidissime prove di gioco, perfino assennate dal famoso punto di vista psicologico, che prevedeva, in passato, collassi di tipo isterico nei momenti più delicati della partita: mentre a Torino, per esempio, nel secondo tempo supplementare il vantaggio è stato amministrato con grinta e lucidità quasi da Juve, tanto che la Juve stessa non riusciva a crederci. Incassare questo, per adesso, e tenersi la solita strizza che sia tutta un´illusione. La paura di non farcela è la coperta di Linus dell´interista: ci siamo così affezionati che, senza, dovremmo rifarci una psiche calcistica nuova di zecca.

Michele Serra

Michele Serra Errante è nato a Roma nel 1954 ed è cresciuto a Milano. Ha cominciato a scrivere a vent’anni e non ha mai fatto altro per guadagnarsi da vivere. …

La cattura

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di Salvo Palazzolo, Maurizio de Lucia