Umberto Galimberti: L'intelligenza senza sentimento

22 Agosto 2005
I sospetti su Guglielmo Gatti, indiziato d'aver fatto a pezzi gli zii, si aggravano e s'estendono fino a lambire la morte del padre, di cui il magistrato potrebbe chiedere la riesumazione del corpo. Non è il caso di suscitare la curiosità morbosa di quanti si appassionano a queste storie truci che raccontano, in forma drammatica e crudele, quel che può contorcere l'animo umano, fino a spingerlo a compiere azioni a tal punto aberranti da rasentare l'incredibile. Eppure accadono, e ormai anche con una certa frequenza come nei casi di Toretta Graneris che a 19 anni stermina una famiglia di cinque persone per entrare in possesso dell'eredità, di Ferdinando Carretta che a 27 anni uccide il padre, la madre e il fratello, di Pietro Maso che a 20 anni ammazza a bastonate i genitori per impadronirsi del loro denaro e poi andare con gli amici in discoteca, di Erika che, col suo fidanzatino Omar, uccide madre e fratellino per poi accusare della strage gli immigrati clandestini. Che tipi umani sono costoro? E di che cosa soffrono? La psichiatria dell'Ottocento aveva coniato un nome per rubricare in una sindrome questi comportamenti. Quel nome era "psicopatia" con cui si designava una psiche apatica incapace di registrare la differenza tra il bene e il male, la gravità di un'azione o la sua irrilevanza, la risonanza emotiva che ciascuno di noi registra quando compie un'azione, dice o ascolta una parola. E sì, perché la psiche non è una dote naturale che uno possiede per il solo fatto di esser nato e cresciuto. La psiche è qualcosa che si forma attraverso quel veicolo così spesso trascurato che è il sentimento. Ora capita spesso che ai bambini insegniamo a mangiare, a dormire, a parlare. Ammiriamo i loro sprazzi di intelligenza, le loro intuizioni, ma poco ci curiamo della qualità del sentimento che in loro si forma e talvolta, a nostra insaputa, non si forma. Il sentimento è l'organo che ci consente di distinguere cos'è bene e cos'è male, per cui Kant arriva a dire che è inutile definire cos'è buono e cos'è cattivo, perché ognuno lo "sente" naturalmente da sé. Questo criterio, che valeva al tempo di Kant, oggi vale molto meno. E la ragione va cercata nel fatto che i bambini di oggi sono sottoposti a troppi stimoli che la loro psiche infantile non è in grado di elaborare. Stimoli scolastici, stimoli televisivi, processi accelerati di adultismo, mille attività in cui sono impegnati, eserciti di baby-sitter a cui sono affidati, in un deserto di comunicazione dove passano solo ordini, insofferenza, poco ascolto, scarsissima attenzione a quel che nella loro interiorità vanno elaborando. Quando gli stimoli sono eccessivi rispetto alla capacità di elaborarli al bambino restano solo due possibilità: o andare in angoscia, o appiattire la propria psiche in modo che gli stimoli non abbiano più alcuna risonanza. In questo secondo caso siamo alla psicopatia, all'apatia della psiche che più non elabora e più non evolve, perché più non "sente". L'appiattimento del sentimento solitamente non è avvertito perché l'intelligenza non subisce per questo alcun ritardo. Anzi, si sviluppa con una lucidità impressionante, perché non è turbata da interferenze emotive, come tutti noi possiamo constatare quando di fronte a una prova, quale può essere una prova d'esame, le nostre prestazioni sono sempre inferiori alla nostra preparazione, per l'interferenza dell'emozione. Nessuna meraviglia quindi di fronte alla freddezza e alla lucidità con cui Erika difendeva la sua posizione accusando del delitto gli immigrati clandestini, così come nessuno stupore di fronte all'analoga freddezza e lucidità con cui Guglielmo Gatti, ottimo studente a scuola e all'università, si difende oggi dai sospetti che sempre più pesanti gravano su di lui, senza lasciar trapelare alcuna emozione. Sono casi questi in cui la psiche è piatta, non registra né odio né amore, tantomeno sensi di colpa. Non si è formata, perché il sentimento non l'ha mai attraversata. Quando i giudici, appurate le prove, condannano imputati del genere, sono soliti appurare la loro facoltà di "intendere" e "volere" che ovviamente funziona benissimo. Bisognerebbe però anche valutare la loro capacità di "sentire". E qui si scoprirebbe la radice di certe condotte che risultano aberranti a noi tutti che viviamo sostenuti dal nostro sentimento, ma che non acquistano alcuna rilevanza per chi il sentimento non l'ha mai conosciuto perché a suo tempo non è stato raccolto, ascoltato, coltivato. Gli psicopatici sono un caso limite dell'umano, ma la psicopatia come tonalità dell'anima a bassa emotività e a scarso sentimento è qualcosa che si va diffondendo tra i giovani d'oggi che, nella loro crescita, acquisiscono valori di intelligenza, prestazione, efficienza, arrivismo, quando non addirittura cinismo, nel silenzio del cuore. E quando il cuore tace e più non registra le cadenze del sentimento, il terribile è già accaduto anche se non approda a una strage. Illustrare questi casi è opportuno non per sollecitare la nostra curiosità morbosa, ma per capire dove può arrivare la nostra condotta quando non è accompagnata dal sentimento, e quindi richiamare l'attenzione sui processi di crescita dei nostri figli onde evitare che l'intelligenza si sviluppi disancorata dal sentimento e diventi intelligenza lucida, fredda, cinica, e potenzialmente distruttiva.

Umberto Galimberti

Umberto Galimberti, nato a Monza nel 1942, è stato dal 1976 professore incaricato di Antropologia Culturale e dal 1983 professore associato di Filosofia della Storia. Dal 1999 è professore ordinario …