Vittorio Zucconi: Cibo spazzatura ma dietetico: l'ultimo sogno americano

22 Agosto 2005
Che sia una guerra, lo dicono le cifre. Costa 550 miliardi di dollari all'anno, quando spende il Pentagono per combattere le sue. Che la guerra sia lontanissima dall'essere vinta, lo dice il fatto che ogni giorno una nuova battaglia epocale tra le forze del Magro e le forze del Grasso viene annunciata, combattuta e puntualmente persa, lasciando sul campo milioni di vittime ingrassate come oche nell'illusione di avere trovato la Chimera, il mitico cibo che può essere mangiato a palate senza fare ingrassare. Nell'estate di questo 2005, mentre il numero di «tecnicamente obesi» e di seriamente grassocci raggiunge negli Stati Uniti il massimo storico dei due terzi della popolazione, sul campo di battaglia giacciono i rottami della Dieta Atkins, fallita, della South Beach Diet, adottata da Clinton poi infartato, della psicosi anti carboidrati e il New York Times promette il nuovo miracolo a lettori in lotta con i bikini e i costumini Speedo: i grassi che fanno bene. Il fritto che non è fritto, ma si può sgranocchiare senza commettere peccato. Nei laboratori della Proteus Industries in Massachussetts, già nel nome qualcosa di sinistro, carcasse di pollo sono irrorate da un liquame grigiastro e colloso che le avvolge prima di essere gettate nelle padelle, dove il miracolo si materializza. Il pollo frigge, ma assorbe soltanto la metà dell'unto, grazie al profilattico chimico che lo avvolge e dunque permette al consumatore di mangiarlo più sollevato. E magari di farsene due porzioni, così ingerendo la stessa quantità di grasso di quella che avrebbe inghiottito limitandosi a un pezzo solo cotto senza rivestimento, ma questo genere di semplice aritmetica alimentare è troppo ostica per una nazione pungolata a consumare e poi flagellata per il troppo consumare. Tutte le guerre sono gomitoli di bugie propagandistiche e questa non sfugge alla regola. Condurre una campagna a tappeto, come quella per il fumo di sigaretta, per convincere gli americani a ridurre le porzioni e quindi tutti gli ingredienti nocivi che possono esservi dentro, si scontrerebbe contro la potenza e l'importanza economica di un business che nutre e ingrassa la pubblicità, le televisioni, i giornali, i settimanali illustrati che nelle stesse pagine esaltano i meriti dell'ultima dieta, e poi pubblicizzano quei cibi e quelle bevande che hanno appena finito di sconsigliare. L'uscita dalla contraddizione fra dovere del consumo e timore delle conseguenze sta nel trucco propagandistico dello healty food, del cibo confezionato con ingredienti salubri e benefici. Mentre la Proteus sperimenta il proprio scudo spaziale per galline la Pepsi Cola distribuisce le chips arricchite di fibre vegetali, che passano immuni nell'apparato digerente dunque non contribuiscono all'ingrasso, e che l'America consuma in quantità troppo basse. In via di estinzione farinacei con ridotti carboidrati, generati da quella folle dieta di Atkins che prometteva linea e salute purchè si mangiasse soltanto carne, arriva la panetteria condita con il nuovo olio santo, l'Omega 3 ricavato dal grasso del pesce. Stimola la crescita cerebrale nei neonati, protegge le coronarie, combatte il rimbambimento senile ed è un altro «grasso che fa bene», soprattutto agli allevatori di salmoni. L'Omega3, tenta di obbiettare un nutrizionista dal curioso cognome di professor Nestlè (sic) è presente in molti alimenti naturali, come le uova, e sono cresciute generazioni di bambini geniali senza mangiare salmone. Ma l'idea di consumare una pagnottona che acuisce l'ingegno e combatte l'infarto è troppo seducente per essere rintuzzata dal buon senso. I leaders politici devono naturalmente scendere in guerra, come vuole la mistica del nostro tempo. George Bush ci fa sapere di avere perduto tre chili e otto etti, rinunciando a quei dolcetti e salatini che rischiarono di strozzarlo davanti al televisore. Il sindaco di New York, Bloomberg, prossimo alle elezioni, esorta, urges dice il comunicato ufficiale, i ristoranti ad abbandonare burro e margarina, per olio d'oliva e altri oli vegetali. Arrivano nuovissimi «amidi modificati con enzimi speciali» per ridurre le calorie nelle patatine e nelle tortillas. Trionfano additivi chimici, come un prodotto che tiene in sospensione le bricioline di frutta nello yogurt, combattendo la gravità che tende a trascinarli sul fondo. Soltanto in additivi, si spendono 4 miliardi di dollari all'anno. Ma il nemico è insidioso, metamorfico. I grassi «parzialmente idrogenati», che ieri parevano l'arma di salvezza di massa, ora sono tabù, impuri. E il problema chiave resta insoluto. I grassi sono i componenti che rendono appetitoso il cibo e ci sono limiti alla capacità umana di gustare carote scondite e pescetti lessi. Il Sacro Graal che i crociati dell'industria alimentare sognano, dalla Imperial Chemical inglese, massima produttrice di additivi e surrogati, alla Kellogg che sta investendo milioni per creare un olio di pesce che non abbia il difettuccio di sapere di pesce, è il grasso che non è grasso. La Kerry Industry (nessuna parentela politica) lavora freneticamente sulla «gomma di guar», una poltiglia burrosa ricavata dalla pianta del guar che sembra riprodurre le sensazioni del grasso ma è naturalmente ripugnante. Il rapporto col cibo, nella nazione che ne produce di più e a più a buon mercato di ogni altra, diventa così un inferno da separati in casa, da amanti che passano da momenti di libidine irresistibile ad altri di reciproco terrore. La promessa della cornucopia americana, spalancata davanti ai morti di fame della Terra, diventa la minaccia di malattie tremende. Soltanto lo scudo di quell'industria e del suo arsenale da 550 miliardi dispiegato sugli scaffali del supermercati in quelli che ora si chiamano «Smart Spots», il cantuccio per mangioni intelligenti, potrà salvare i due terzi di americani grassi dalla più terrificante delle insidie. Che è la nostra incapacità di mangiare meno.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …

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