Vittorio Zucconi: Fare tutto nello stesso momento. L´illusione dell´uomo-computer

21 Ottobre 2005
Inzuppato dallo scroscio continuo di informazioni, stravolto dalle interruzioni senza sosta, costretto a divincolarsi nelle sabbie mobili del multitasking, delle troppe cose che possono essere fatte contemporaneamente, il "Tecno Fracchia" del XXI secolo annaspa e affoga nell´ufficio del terzo millennio. Il momento del grande paradosso tecnologico, quando l´esplosione degli strumenti di produttività finisce per ridurre proprio la produttività che dovrebbe aumentare, è arrivato. Tutti geni e contemporaneamente tutti idioti, siamo costretti a vivere come il Napoleone che riusciva insieme a leggere, a scrivere e a dettare lettere, ma purtroppo senza essere Napoleone, nel viluppo di computer, televisori, cellulare, "Blackberry", web, posta elettronica, iPod, pod-casting, web-casting, radio, telefono, e scopriamo la inadeguatezza del nostro antiquato e limitato cervello biologico. Il risultato è una giornata di lavoro (o una nottata davanti al proprio schermo per i lavoratori in pigiama e ciabatte) sbriciolata in frammenti di concentrazione, sminuzzata in schegge di lavoro che hanno prodotto la nuova disciplina accademica chiamata, forse non senza allusioni sessuali, lo studio dell´"concentratio interrupta".
Il nuovissimo mondo della società high tech, wired, digitale, collegata sempre e ovunque e a tutti, ha riesumato il classico apologo dell´apprendista stregone, mostrando la nostra incapacità di controllare le forze che abbiamo scatenato. Soprattutto nell´industria dell´informazione e dell´informatica, ma ormai sempre più nella vita del consumatore e del "tecno travet" qualsiasi, la giornata è un insolubile caleidoscopio di posta elettronica, messaggi in voce, sms, notiziari che si accavallano con altri notiziari, finestre che si spalancano una dentro l´altro nella prospettiva infinita e surreale aperta dalla potenza dei processori non più costretti a funzionare soltanto da sontuose macchine per scrivere o calcolatrici potenti.
Gli studiosi della "attenzione interrupta" osservano il nostro costante stato di panico davanti a scelte impossibili (quale e-mail apro prima? Quale leggo e quale ignoro? Leggo o scrivo? Rispondo allo sms o continuo il mio lavoro?) e al continuo saltabeccare da questo a quello. "La giornata di chi lavora in un ufficio moderno", ha calcolato per il New York Times Gloria Mark, professoressa di "Interazione uomo-computer" nella Irvine University della California "è spezzettata in segmenti non più lunghi di 11 minuti, che spesso sono addirittura soltanto 3 minuti".
Questo è il tempo massimo di concentrazione che si riesce a dedicare continuamente a un progetto, a un lavoro, 11 minuti senza essere inesorabilmente interrotti da qualcosa che arriva a tirare la giacchetta al nostro cervello.
La scoperta della professoressa Mark, che ha cominciato studiando se stessa e poi ha esteso la ricerca a mille impiegati di società grandi e piccole, dalla Microsoft alle start up, alle microsocietà che spuntano in California, è partita da un´autorivelazione. Quando ottenne la cattedra, nel lontanissimo - in tempi tecnologici - anno 2000, la Mark si era illusa di potersi concedere i languidi tempi della ricercatrice pura. Di potersi dedicare allo studio chiusa nella propria celletta cistercense, soltanto per vederle esplodere attorno la maledizione del multitasking, delle tecnologie che permettono alle macchine, e dunque a noi, di fare mille cose contemporaneamente, scrivere e guardare un film, giocare e comunicare, ricevere posta da Pechino e calcolare il bilancio del dipartimento, seguire una guerra lontana in diretta e fare la spesa on line al supermercato. «È vero - ha spiegato al New York Times - che la continua interazione con i colleghi, siano essi vicini o lontani è parte del lavoro e può accrescere la produttività, ma lo stress costante di essere strappati al proprio compito e di dover scegliere quale e-mail aprire subito, quale ignorare, quale aprire più tardi, è corrosivo».
Nell´ufficio del tardo XX secolo, 25 anni or sono, quasi un´era geologica in tempi tecnologici, telefono, posta lumaca e al massimo fax consentivano al computer biologico, al cervello, di fare ciò che sa fare meglio, lavorare in modo sequenziale, una cosa dopo l´altra. Nell´ufficio del XXI secolo, tutto si presenta invece in formato parallelo, denudando la nostra debolezza nella elaborazione contemporanea e parallela di molti compiti diversi, appunto il multitasking. Tentiamo, dice Mary Czerwinksy, che studiò per la Nasa metodi per "sequenzializzare" i mille compiti di un astronauta senza affogarlo, di «rimettere le cose in ordine di priorità, perché gerarchizzare è la risposta naturale del cervello».
Ma di fatto, il pensiero di quella lettera non aperta, di quel messaggio non letto, di quella finestra non aperta, di quella notizia non vista, di quel documento urgente appena inviato, ci tormenta. I filtri e i programmi pensati per selezionare gli stimoli funzionano male e in maniera rudimentale. Si è pensato a indicatori che ci avvertano della importanza relativa dei compiti, quelli da sbrigare subito, quelli che possono aspettare. La dottoressa della Nasa, dopo avere escluso messaggi di testo, che gli astronauti avrebbero ignorato, o sirene e cicalini che li avrebbero inutilmente innervositi, scelse per comunicare con le navette e le capsule orbitanti forme geometriche tridimensionali colorate che apparivano e ruotavano sui loro monitor per richiamare la loro attenzione. Forme come quei solidi colorati che si danno ai bambini. Dunque un appello al bambino che sonnecchiava in loro.
La speranza, per i Tecno Fracchia del XXI Secolo, è che il problema divenga la soluzione di se stesso, che lo stesso computer impari quella regole di autodisciplina che noi umani sovente ignoriamo. A Oxford, ciberscienziati stanno studiando programmi intelligenti, e con l´occhietto di una minivideocamera fissa per guardare chi li guarda, che imparino a riconoscere quando il loro "padrone" è particolarmente oberato di lavoro o superconcentrato e limitino l´alluvione di posta, di informazioni, di finestre rimettendo tutto in ordine sequenziale. Come il cane che "capisce" quando l´amico umano è di cattivo umore o di umore giocoso, il vostro pc intuirà il vostro stato d´animo e la vostra situazione, osservandovi obbiettivo e sereno come lo Hal 9000 di Arthur Clark.
Già i nuovi programmi operativi che Apple e Microsoft elaborano per il futuro (sperando di non essere interrotte) dovrebbero comprendere elementi di "intelligenza artificiale" per alleviare l´incubo del multitasking e bloccare coloro che s´intrufolano nella nostra vita almeno ogni 11 minuti, gli hackers della vita. Sarebbe, concludono i nuovi apostoli della "scienza dell´interruzione" un formidabile aiuto. Vero. Almeno fino a quando il pc non ci informerà con voce suadente che di quello stupido accessorio umano non ha più bisogno, grazie e buonanotte.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …