Vittorio Zucconi: Berlusconi e la propaganda in America

02 Novembre 2005
È stato soltanto ieri mattina al suo ritorno a Roma, davanti alle prime pagine di tutti i quotidiani italiani indipendenti che registravano le smentite della Casa Bianca alle sue parole, che Silvio Berlusconi si deve essere reso conto appieno della gravità politica di quello che aveva fatto a Washington, del suo tentativo di arruolare Bush nella lotta per sopravvivere alle elezioni.
La usuale aggressione a giornali che avevano dato conto di quello che persino il suo alleato e presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, ha condannato come ‟uno spot elettorale” è la constatazione tardiva della enormità di una ‟furbata” che soltanto una retromarcia in extremis a fine conferenza stampa ha impedito si trasformasse in un incidente diplomatico storico tra Roma e Washington. Le parole del Cavaliere e le due precisazioni subito uscite dalla Casa Bianca hanno precipitato nel provincialismo politico una brevissima e fredda visita di Stato.
Questa visita è finita peggio di come era cominciata, con quella intervista a La7 che tutti i principali media americani, compresa quella rete Fox News di Murdoch che è l´organo ufficioso dei neo conservatori Usa, avevano letto come un tentativo furbesco di ‟distancing”. Di sganciarsi dalla strategia di Bush e dalla ideologia della guerra preventiva. Una sortita che aveva raggelato l´atmosfera e negato a Berlusconi il trattamento di serie A, con conferenza stampa congiunta in diretta.
Per leggerezza, o per malizia, il presidente del Consiglio aveva creduto di poter ‟strumentalizzare” (anche questa un´espressione usata da Casini) un passaggio a Washington come propaganda da usare contro il centrosinistra, ma ha demolito il copione con le sue stesse mani. Oggi il premier si agita contro i soliti giornalisti e le ‟bufale” altrui, e dimentica che la sola ‟bufala” all´origine di tutto è stata la sua quando ha risposto, a una prima domanda posta garbatamente dall´inviata del Tg1, di avere saputo alla Casa Bianca che gli Stati Uniti temono il cambio di governo in Italia.
Non sarebbe stato il primo, né certamente sarà l´ultimo, leader di una nazione compresa nella sfera d´influenza dell´impero americano a chiedere a Washington una forma di ‟endorsement”, di investitura elettorale. Non è questo che scandalizza chi da decenni vede politici di italiani di ogni parte e colore venire al soglio del potere per domandare legittimazioni dal sommo pontefice dell´Occidente o almeno neutralità. Ma diffondere la notizia che il presidente americano si dice ‟timoroso” di una vittoria degli altri, è saltare un fossato istituzionale di decenza e di correttezza che non poteva passare inosservato.
E non è passato. Pochi minuti dopo la risposta al Tg1 e il tempestivo lancio dell´agenzia Ansa sulla patacca del nyet di Bush al cambio di governo, un´altra agenzia, la Ap. com, telefonava diligentemente all´ufficio stampa della Casa Bianca e otteneva la prima, prevedibile smentita dal portavoce Fred Jones: ‟Noi non interferiamo mai nella vicenda politica interna di una democrazia”. La Casa Bianca, naturalmente, è Bush, perché a suo nome, e per suo conto, parlano i portavoce se non vogliono essere licenziati in tronco, cosa che non risulta sia accaduta.
Non bastava. Alla domanda di un inviato del Corriere della Sera sullo stesso tema, il Presidente Berlusconi avrebbe ripetuto la stessa formula, ‟il governo americano teme etc...”, senza aggiungere nè precisare nulla. E due.
Soltanto a una terza domanda finale, posta con insistenza dall´inviato di ‟Repubblica” per sapere se egli si fosse reso conto dell´enormità di quanto aveva per due volte attribuito al Presidente Bush, il capo del nostro governo ha smentito se stesso, confessando di avere dato lui una propria, gratuita interpretazione del pensiero della Casa Bianca. ‟So bene che il governo americano non interferisce negli affari interni di altre nazioni”, ha detto, ma è logico pensare che ‟se uno più uno fa due, l´America non voglia al governo in Italia chi ha lo stesso programma di Zapatero”.
Logico, forse, ma mai affermato dalla Casa Bianca pubblicamente o privatamente. Sollecitato dall´Ansa, il portavoce dello Nsc, il Consiglio per la Sicurezza nazionale che è il massimo organo di consulenza strategica dentro la Casa Bianca, produceva un´altra precisazione secca e vagamente inviperita, tanto per non lasciare dubbi: ‟Gli Stati Uniti non interferiscono mai... ‟. Due smentite a nome e per conto di Bush, in due ore.
Il maldestro tentativo del presidente del Consiglio di prendersela con i giornalisti non cancella la gaffe di Washington, una gaffe così clamorosa che persino il suo alleato di governo Casini ha dovuto prenderne le distanze.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …