Michele Serra: Io, prigioniero in auto nella tundra lombarda

05 Dicembre 2005
Nevica, si sa che in dicembre nevica. Specie al Nord, e specie in montagna. Ma le autostrade che dalla pianura padana scollinano in Liguria, valicando l’Appennino, ad ogni nevicata reagiscono come fossero la tangenziale di Haiti: paralizzate da un evento sbalorditivo e imprevisto. La notte tra il 2 e il 3 dicembre qualcuno è rimasto bloccato per quattordici ore, e non è la prima volta. A me è andata meglio: conoscendo la solfa, e presagendo il peggio, sono riuscito a scamparla uscendo a Ovada, e rientrando a Milano (alle tre del mattino, dopo sei ore di rally dei ghiacci), procedendo a tentoni in una tundra di strade statali malamente segnalate e quasi mai spazzate, tra auto nel fosso e camion di traverso. Non sono in grado di stabilire, per incompetenza tecnica, come e quanto gli spazzaneve e gli spargisale potrebbero ovviare, in parte o del tutto, a queste penose avventure, che diventano piccoli incubi nel caso si abbiano bambini o anziani o ammalati a bordo. Il punto certo, però, è un altro. è lo stato indecoroso della comunicazione viaria. è la sensazione che non esista coordinamento, né logica pubblica, capace di orientare le migliaia di automobilisti in tilt, prima di tutto facendogli sapere in tempo utile (cioè SUBITO, non DOPO) che la strada davanti a loro è impraticabile, e poi, a danno avvenuto, almeno aiutandoli a trovare una via di scampo. Nell’ordine: si digita istericamente sull’autoradio, cercando invano le frequenze di 103,3, informazioni sul traffico. è un servizio pubblico, ma al pari delle altre reti della Rai il segnale, in moltissime zone d’Italia, è letteralmente cancellato dall’allegro casino delle stazioni locali. Problema noto da anni, irrisolto da anni: una delle tante piccole e grandi soperchierie nazionali, i comodacci privati (e locali) che oscurano le necessità pubbliche (e nazionali). Sulla Milano-Tortona, per esempio, è impossibile sintonizzarsi con regolarità. Allora si prova, dal cellulare, a chiamare un numero verde (840-042121). è libero, esultanza nell’abitacolo. Ma un disco fornisce, con voce sinistramente metallica, indicazioni gravemente lacunose, e nel mio caso sbagliate: dicono che il casello di Ovada è chiuso solo in direzione Sud, ma non è vero. Si arriva al casello, dopo un’ora di incolonnamento sulla statale, ed è chiuso in entrambi i sensi. Impossibile tornare indietro ridiscendendo l’autostrada. Terza opzione. Si scende dall’auto e si cerca, affondando nella neve come Amudsen, qualche addetto in grado di dare indicazioni. Anche drastiche, tipo ‟si butti dal viadotto con la macchina, è meglio”, purché diano un quadro attendibile della situazione. Il casellante allarga le braccia, nessuno ai caselli è autorizzato a dire se un chilometro più in là c’è una voragine, o uno sbarco marziano. Se mai vi capitasse di parlare con un casellante mentre il suo casello è avvolto dalle fiamme, provate a domandargli: ‟Scusi, c’è per caso un incendio, qua intorno?”. Risponderebbe di non essere autorizzato a rispondere. Allora si chiede a un signore dell’Anas, che presidia un mucchio di neve con molta autorevolezza, assediato da automobilisti appiedati, e ansiosi di notizie. Gentilmente risponde di non poter dire niente sulla viabilità due chilometri più a Sud, perché due chilometri più a Sud è Liguria, qui siamo in Piemonte, e le competenze sono regionali. A quel punto, per disperazione, si consulta chiunque. Ho parlato a lungo con un alcolista dell’Ovadese che suggeriva di tornare a Tortona e provare a fare i Giovi (bloccati anche quelli, ma l’ho saputo la mattina dopo), con un benzinaio che mi suggeriva di pernottare a Ovada, con un pizzaiolo che mi ha detto che i due alberghi di Ovada, ogni volta che nevica, sono un bivacco di disperati che non riescono ad andare né avanti né indietro, e aspettano il disgelo nella hall. A duecento metri di altezza sul livello del mare. Impraticabile per neve, come la Nord del Cervino. Ora: ammesso (e non concesso) che la rete autostradale di un paese soggetto a forti nevicate non sia in grado di pulire tempestivamente la carreggiata. Aggiungendo che il numero di automobilisti italiani sprovvisti di catene è tipico, appunto, della circonvallazione di Haiti. E dando per inevitabile un certo grado di disagio in caso di intemperie. La domanda è: a che serve viaggiare con un’autoradio, un cellulare, magari un computer di bordo, se il livello di aggiornamento e soprattutto di coordinamento dei notiziari è questo? A che servono i caselli, i punti blu, i cartelloni luminosi (l’altra sera dicevano: nevica. Già che c’erano potevano aggiungere: fa freddo, ragazzi!)? A che servono l’Anas, le polizie locali, la società autostrade, la protezione civile e quant’altro se sono in grado di dare informazioni solo sul marciapiede di fronte, perché due chilometri più in là ‟è Liguria”, perché le competenze sono sempre a cortissimo raggio? Nessuno pretende che la neve cada senza mezzo disagio, che il ghiaccio smetta di essere pericoloso e collabori, che l’inverno receda dai suoi propositi ostili alla circolazione. Ma proprio per questo, proprio perché ci sono pezzi di viabilità normalmente soggetti a intasarsi, come è possibile che almeno l’informazione, con i mezzi di cui disponiamo, non sia all’altezza di queste così ordinarie emergenze? Che non si riesca a sentire "Onda verde", o che "Onda verde" non sia aggiornata (magari perché la Società Autostrade teme di perdere pedaggi), non è un accidente. è un’omissione. Quando la protezione civile porta un po’di coperte e di acqua minerale agli intrappolati, significa che la frittata è già fatta. Gli intrappolati, in buona parte, non si troverebbero lì se le segnalazioni luminose o i notiziari li avessero avvertiti. Se i caselli d’ingresso fossero dotati di un filtro informativo e non fossero meri collettori di quattrini. L’arcaicità di certi ingorghi appartiene alla vaga epoca nella quale non esisteva comunicazione. Un’epoca nella quale si viene retrocessi quando, per quindici centimetri di neve decembrina, ci si sente sperduti in un paese che ignora, a Ovada di sotto, che sta succedendo a Ovada di sopra.

Michele Serra

Michele Serra Errante è nato a Roma nel 1954 ed è cresciuto a Milano. Ha cominciato a scrivere a vent’anni e non ha mai fatto altro per guadagnarsi da vivere. …