Michele Serra: Punta Perotti. La grande lezione per tutta l’Italia

03 Aprile 2006
L’idea che lo sviluppo possa essere una scelta, non un percorso obbligato, è una giustissima idea: tra l’altro, è un’idea "liberale" nel senso più nobile e profondo del termine, proprio perché implica il concetto di scelta, e rigetta quello, determinista e autocratico, del "fatto compiuto" come sola politica possibile. Ma è un’idea fragile, che abita soprattutto nelle belle speranze e nelle belle letture: perché lo sviluppo, in questo Paese più che in ogni altro che si definisce moderno, è stato soprattutto un tumultuoso e poco meditato sfruttamento intensivo del territorio. È stato benessere economico di parecchi ma anche rapina ai danni di intere collettività, messe a tacere con la promessa di vantaggi immediati e accecate rispetto a un futuro prossimo compromesso dall’avidità di breve periodo. E soprattutto, lo sviluppo italiano, è stato una somma paurosa di fatti compiuti: prima si costruiva, prima si speculava, poi, e non sempre, si ragionava sulle conseguenze.
La storia di Punta Perotti è di straordinaria importanza perché ribalta la sensazione che lo sviluppo – questo sviluppo – sia irreversibile. Che il costruito sia la sola realtà possibile, il solo paesaggio ammissibile, e il più lesto, il più potente, il più intraprendente sia l’attore incontrastato del nostro futuro.
La lunga e complicata trafila giudiziaria che ha dato l’abbrivio alla storica demolizione di oggi, 2 aprile 2006, ha dato ragione a chi intende il territorio come un bene comune. Sul quale l’iniziativa privata ha ovviamente un’enorme influenza e forza di propulsione, ma non il potere di decidere per tutti destinazioni e destini. Non l’arbitrio di ignorare le leggi o di by-passarle.
Paradossalmente, il disfare che prenderà forma a partire da oggi è un gesto costruttivo. Indica una strada (anche economica, tra l’altro: quella del rifacimento e del risanamento) molto diversa dalla via maestra fin qui percorsa dallo "sviluppo". Si può disfare perché si può rifare, e possibilmente rifare meglio. Si può provare a riprogettare quello che ci aspetta, a immaginarlo secondo canoni non obbligatoriamente brutti, o rapinosi, o anche solo mediocri.
Il vuoto che sorgerà al posto di un pieno opprimente segnerà il diritto di riconcepire un paesaggio che, dal dopoguerra a oggi, è stato spesso brutalizzato oltre ogni limite. Perché, a monte degli espropri necessari per cercare di rimediare ai danni, c’è l’esproprio originario perpetrato dalla speculazione di pochi a svantaggio delle prospettive di molti.
La parola "prospettiva", che ha valore architettonico, non per caso ha anche un formidabile significato sociale e politico. Avere una prospettiva, potere affondare lo sguardo oltre la contingenza, è ciò che manca – lo si dice sempre, e lo si è detto molto anche a proposito di questa campagna elettorale – a questo Paese. Punta Perotti, nell’imporre la sua massiccia prospettiva, soffocava tutte le altre. Impediva la vista su altri spazi possibili. E poiché immaginare un futuro differente, e migliore, è la sola vera benzina di una buona politica, la demolizione di Punta Perotti è uno degli atti politici più significativi della storia italiana recente.

Michele Serra

Michele Serra Errante è nato a Roma nel 1954 ed è cresciuto a Milano. Ha cominciato a scrivere a vent’anni e non ha mai fatto altro per guadagnarsi da vivere. …