Michele Serra: Inter. Il presidente senza vittorie e il ricatto degli ultrà

18 Aprile 2006
Nella sua lunga e stralunata saga, l’Inter morattiana non si è fatta mancare proprio niente. Ma questa ultima pagina "politica", con gli ultras che proclamano (non si sa davvero a quale titolo) lo sciopero del tifo in occasione del derby di oggi, è particolarmente penosa. Il potere di ricatto e di minaccia del tifo curvaiolo nei confronti delle società di calcio è, da anni, uno dei massimi scandali sportivi (e non solo) di questo paese. Sono state sospese partite, sono stati squalificati campi, si sono persi milioni di euro a causa dell’azione, a volte palesemente predeterminata, di gruppi di tifosi che agiscono come vere e proprie cosche o gruppi paramilitari (a volte, le due cose insieme). Il tifo organizzato è oramai, quasi istituzionalmente, uno degli attori del calcio giocato, in grado di orientare risultati e condizionare il comportamento delle società. Con costi pubblici impressionanti da quantificare, specialmente in termini di mobilitazione nazionale delle forze dell’ordine prima, durante e dopo le partite. L’Inter, e i suoi tifosi "normali", hanno già pagato un prezzo intollerabile alla propria curva, con quattro partite di Champion’s League giocate a porte chiuse. E un prezzo morale e culturale forse perfino più alto, per una società civilmente impegnata come quella nerazzurra, è già stato versato a causa della connotazione ringhiosamente razzista e fascista dei suoi ultras. A fronte di questo prezzo, dispiace dire che il presidente Moratti conferma di essere un pagatore nato. Quasi senza battere ciglio, ha sopportato il danno - enorme - della Champion’s League a porte chiuse con una signorilità incomprensibile, facendosene carico e condonando implicitamente agli ultras l’oltraggio inflitto a tutta la città. Pochi giorni fa, dopo che la curva ha nuovamente ululato contro l’africano del Messina, Zoro, tutto il suo spregio, il presidente ha nuovamente spiazzato tutti definendo "stupidi ma non razzisti" i cori curvaioli. Ora, dopo l’aggressione di Malpensa, l’annuncio di uno "sciopero della curva" potrebbe anche essere salutato con entusiasmo dalle migliaia di tifosi interisti che si vergognano della propria curva, e finalmente potrebbero andare allo stadio senza imbarazzo, e senza dover tendere con ansia orecchie e occhi a ciò che vomita quello spicchio di stadio (finalmente fischiato, nella partita col Messina, dai non-ultras esasperati). Ma il sollievo è oscurato dalla cognizione che gli stessi ultras, con i loro picchiatori pregiudicati in prima fila a rivendicare il ruolo di "portavoce", sono oramai, e non solo all’Inter, un potere quasi formale, quasi ufficiale, che agisce e giudica, proclama e pretende, influenza, e sta alle costole della società anche per business mai abbastanza chiariti. Il tutto nella quasi totale inerzia e incoscienza delle istituzioni calcistiche, e perfino di un gentiluomo democratico come Moratti, benemerito sottoscrittore di Emergency, ma flebilissimo oppositore di una curva che, contro di lui, contro la sua società e i suoi giocatori, ha spesso agito con spirito e metodo malavitosi. Francamente, della malasorte sportiva dell’Inter importa relativamente poco: nello sport perdere è parte del gioco, e il fatto che i nerazzurri siano specialisti nel ruolo può perfino essere interpretato come supremo snobismo. Ma vedere l’Inter, e Moratti, sotto lo schiaffo di una minoranza di tifosi abituati a spadroneggiare e ricattare, è per molti interisti molto peggio di cento sconfitte sul campo. Moratti lascia intendere di potere - forse - lasciare l’Inter in altre mani, ma ama sottolineare che non sono certo i comportamenti e le pressioni degli ultras a condizionarlo. Non è chiaro se questo "non condizionamento" dipenda da suprema padronanza dei propri nervi, o dalla sottovalutazione di un fenomeno ripugnante come il razzismo e la violenza di curva. Sarà comunque utile far sapere alla società nerazzurra, e a Massimo Moratti, che invece per molti tifosi il comportamento di quella curva è ben più condizionante degli inciampi di Recoba o dei chili superflui di Adriano. Non c’è niente di vergognoso nelle sconfitte sportive. Molto di vergognoso nello scoprire che l’Inter è strapazzata (a Malpensa anche fisicamente) dai suoi ultras, che ne hanno condizionato largamente in peggio il rendimento e pure i bilanci da parecchi anni in qua. E non è in grado di reagire. Ci sono parecchi interisti che lo "sciopero del tifo" già lo fanno, da qualche anno in qua, perché non sopportano più il clima dello stadio. E non ci vanno più. Non hanno "portavoce", loro. Vorrebbero avere un presidente e una società che, difendendo se stessi, difendono anche la gente che va allo stadio. O vorrebbe andarci, e non ci va più perché le viene il voltastomaco.

Michele Serra

Michele Serra Errante è nato a Roma nel 1954 ed è cresciuto a Milano. Ha cominciato a scrivere a vent’anni e non ha mai fatto altro per guadagnarsi da vivere. …