Michele Serra: Cancellatori alla ribalta

18 Maggio 2006
Nel primo quarto d’ora di vita, dal primo vagito del giuramento alla prima telecamera di passaggio, il nuovo governo ha già abbattuto il Ponte sullo Stretto, ritirato le truppe dall’Iraq, abolito la legge Gasparri, riaperto il contenzioso sull’alta velocità e abrogato la Festa della Repubblica.
È, questa, solo una prima spremitura delle notizie d’agenzia, nutrite dalle dichiarazioni di neoministri non espertissimi, e probabilmente eccitati dalla carica appena assunta, sia pure in ministeri di seconda fila. (I ministri di prima fila, più esperti, hanno sorriso molto e, in genere, parlato pochissimo).
Quanto basta per chiudere un occhio sull’evidente goffaggine da esordienti. Ma anche per aprire l’altro occhio sul disordine, e sull’imprudenza, di dichiarazioni che parevano ispirate soprattutto al desiderio di ritagliarsi uno spicchio di ribalta. Molte delle quali, difatti, corrette e rintuzzate da altri neoministri, quasi per una sinistra conferma del peggiore dei sospetti che gravano su questo governo: l’impossibilità oggettiva di coordinare una maggioranza così vivacemente composita.
Essendo già stato detto, milioni di volte, dai centri studi più pensosi ai bar sport più chiassosi, che l’elettorato di centrosinistra non gradisce i personalismi, fa un certo effetto scoprire che gli unici a non esserne informati sono alcuni tra i nuovi ministri. Che non vedevano l’ora di poter ribadire, da ministri, quanto appena detto, un mese e mezzo fa, nel comizio di chiusura della loro campagna elettorale, magari di fronte ai loro venticinque elettori.
Solo che oggi, appena investiti di un incarico governativo, hanno l’onore e l’onere di rappresentare molto più della propria cerchia o della propria claque. Un ministro è per definizione l’espressione di una maggioranza. E questo dovrebbe suggerirgli, se non per sagacia politica almeno per buona educazione, di parlare a nome del governo. O meglio, nella fattispecie, di non parlare a nome di un governo che non ha ancora parlato, non si è ancora riunito, non ha ancora comunicato agli italiani alcuna intenzione concreta al di fuori di un laborioso programma elettorale e di una appassionata ma non appassionante distribuzione dei posti di ministro e sottosegretario. E dunque: perché non tacere, in attesa di capire meglio che cosa dire di comprensibile e di fattibile ai cittadini?
Tra l’altro, la maggior parte delle fiere intenzioni raccolte dalla stampa non indicano strabilianti riforme, come ci si aspetterebbe da un governo progressista. No: formano, tutte insieme, una specie di trenino abrogazionista che si propone di cancellare quasi una per una le leggi del precedente governo. Molte della quali così nefaste e sospette (vedi la Gasparri, o la legge sulle droghe) da giustificare tanto zelo contrario: ma non sarebbe meglio, piuttosto che annunciare la cancellazione dei precedenti protocolli, aspettare di averne altri, e migliori, da proporre? Tanto per non ricadere, a piedi uniti, nella caricatura fatta dalla propaganda di destra, secondo la quale, a parte l’ostilità per Berlusconi e il suo governo, ben poche cose tengono unita la maggioranza?
Allo stesso modo, e per esprimere una modesta ma sentita preoccupazione per il clima del primo giorno di scuola: perché il responsabile dell’informazione dei Ds, Morri, annuncia che il direttore del Tg1 dovrà essere sostituito? A quale titolo?
Il fatto che, prima di lui e di questa maggioranza, siano stati i partiti di centrodestra a decidere chi doveva fare carriera in Rai e chi no, forse autorizza a ingerenze di segno opposto? Non si cambia un governo di prepotenti e per avere, in cambio, un governo diversamente prepotente: ed è così delicata, questa materia, e così avvertita dall’opinione pubblica arcistufa di lottizzazioni, da suggerire agli uomini di centrosinistra, di governo o di partito che siano, il rispetto più assoluto dell’autonomia della televisione pubblica.
Siamo solo agli inizi, c’è tempo per guadagnare in prudenza e in stile, ma forse è utile ricordare da subito che esiste, nell’elettorato di centrosinistra, un’ipersensibilità accertata su almeno due questioni: la prima è l’idiosincrasia per la litigiosità, lo spirito di divisione, la vanità personale di singoli leader. La seconda è il desiderio, molto avvertito, che il Paese torni a forme più rispettose, se possibile perfino più educate, di relazione della politica con i cittadini, con i loro problemi, con le loro aspettative. Urgerebbe un cambiamento di metodo: dichiarare al primo giorno di governo che si abbatterà un Ponte per altro mai costruito, oppure licenziare il direttore del Tg1 con una dichiarazione d’agenzia, non sembra una gran novità. Sembra solo il calco, al negativo, della foto del vecchio governo.

Michele Serra

Michele Serra Errante è nato a Roma nel 1954 ed è cresciuto a Milano. Ha cominciato a scrivere a vent’anni e non ha mai fatto altro per guadagnarsi da vivere. …