Giorgio Bocca: Un nuovo rapporto tra esercito e governo

23 Giugno 2006
Il governo Prodi ha un merito storico, quello di aver messo fine al governo Berlusconi, ma non pensi di camparci sopra e di farsi perdonare tutti i peccati che in questo debutto non sono stati pochi e veniali.
Alla festa della Repubblica e alla parata militare il governo è andato in ordine sparso e confuso. C'erano dei ministri al loro posto istituzionale, ma c'era anche una ridicola confusione: il presidente della Camera, con il distintivo pacifista, ministri presenti ma obtorto collo, chi applaudiva e chi no, chi dichiarava che l'Esercito è da abolire e chi seriamente affermava che deve esserci, ma senza armi.
I nuovi ministri hanno voglia di mostrasi e di compiacere le loro clientele, ma così non si fa. Un governo che deve guidare il Paese nel presente e non nei sogni e nelle chiacchiere deve, sul tema della difesa, chiedersi seriamente se essa è ancora necessaria e, se lo è, decidere in merito compattamente.
La risposta ovvia è che un esercito è necessario in un periodo in cui si parla ogni giorno di guerra e si fanno le guerre dovunque. Non è necessario partecipare a tutte le guerre specie se sbagliate, ma a quelle che ci minacciano direttamente bisognerà pure in qualche modo rispondere.
Le minacce alla sicurezza nazionale sono nel prossimo futuro due: il terrorismo e il fenomeno migratorio. A entrambe bisogna rispondere con la politica, ma essa deve avere nelle forze armate il suo strumento esecutivo: una Marina che possa controllare i nostri mari, un Esercito e una Polizia che possano difendere il nostro territorio.
Il governo è chiamato a rispondere in concreto a queste necessità.
Ma c'è qualcosa che il governo di centrosinistra deve risolvere prima. Occorre maggior reciproca fiducia da entrambe le parti. Il governo deve dar credito alla lealtà dell'Esercito che non ha tradizioni golpiste e a cui conviene appoggiare la democrazia, ma questo Esercito deve liberarsi dell'apparato parassitario che si presenta come ausiliario dell'intelligence, come rete di informazioni, mentre è soltanto un modo per intascare stipendi e per arrotondare le pensioni. Non è una operazione di pulizia facile: il servizio di informazioni deve sopperire alla mancanza di mezzi che la prevenzione e la difesa contro il terrorismo rendono più acuta. Ma proprio perché il nostro Esercito non ha tradizioni golpiste, deve impedire che i suoi collaboratori coltivino simpatie parafasciste e siano troppo succubi dell'Alleanza Atlantica.
Non è una operazione semplice. Il legame fra le nostre Forze armate e quelle americane è un legame forte, strutturale: dipendiamo dagli Stati Uniti non solo per la difesa atomica, ma per l'arsenale bellico, per le armi e per le comunicazioni. Ma essere alleati non è la stessa cosa che essere servi e un rapporto di fiducia del governo con l'Esercito può essere il modo migliore per conservare il massimo di autonomia possibile.
Il presidente Prodi ha riunito lo stuolo dei suoi ministri in Umbria per ricordargli che senza compattezza, senza disciplina degli appetiti, delle clientele e delle vanità personali non si fa molta strada. Speriamo che lo capiscano.
Il governo Prodi ha un merito storico: ci siamo liberati del demagogo e del suo modo irresponsabile di gestire la cosa pubblica. Ma la lezione deve tradursi in serietà e modestia. Siamo un Paese che ha una grande storia, ma che non deve ricominciare con i sogni di gloria e di primato. Dobbiamo fare il passo lungo come la gamba e, non di più, dobbiamo mantenere le conquiste sociali sancite dalla nostra Costituzione, dobbiamo respingere le tentazioni dell'unanimismo berlusconiano. Se ci ricadiamo, questa volta non farà prigionieri.

Michele Serra

Michele Serra Errante è nato a Roma nel 1954 ed è cresciuto a Milano. Ha cominciato a scrivere a vent’anni e non ha mai fatto altro per guadagnarsi da vivere. …

La cattura

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di Salvo Palazzolo, Maurizio de Lucia