Umberto Galimberti: La nostalgia di unità e il destino dell’individuo

23 Giugno 2006
Il tema del "distacco" è un gran bel tema che incide profondamente nei processi di crescita dei giovani che si incontrano e si abbandonano con drammi talvolta da "fine del mondo", dimentichi che la loro vita ha preso inizio proprio da un distacco, il distacco dalla madre. Può essere che l’amore, quello fisico intendo, sia la reiterazione sconfitta di ricomporre quel corpo a corpo, quell’essere nel corpo dell’altro come memoria di un’antica beatitudine che non ritorna: la nostalgia di quello che Freud chiama ‟sentimento oceanico”. Ma la vita avanza e cresce a colpi di distacco. Distacco dal mondo genitoriale, dal mondo dei figli che si sono generati, dagli amori che abbiamo frainteso, quasi che la vita volesse allenarci a quell’ultimo distacco che è quello spasmodico amore di noi da cui, con la morte, ci congediamo. Questa è la nostra sorte di "individui", dove il senso della divisione, della separazione, del distacco è già nella parola, per cui l’uomo, come ci ricorda Platone, è ‟simbolo” di un uomo, è ‟parte” che cerca l’altra parte per ricomporre l’antica unità. Con Platone penso che tutte le tensioni amorose siano il tentativo sconfitto di ricomporre questa unità originaria che ci è concessa per brevi istanti, sconvolgenti nel loro spasmo, affinché l’individuo possa consolare la sua radicale solitudine, che è poi la sorte che gli è stata assegnata per la sua individuazione. ‟Diventa ciò che sei” diceva Nietzsche. È bene che i giovani sappiano che l’individuazione, propiziata dal distacco, è l’unico destino degno della nostra vita.

Umberto Galimberti

Umberto Galimberti, nato a Monza nel 1942, è stato dal 1976 professore incaricato di Antropologia Culturale e dal 1983 professore associato di Filosofia della Storia. Dal 1999 è professore ordinario …