Vittorio Zucconi: Italia-Germania 2-0. Il calcio sopravvive

05 Luglio 2006
Sono le tre del mattino, mentre tento di prendere sonno in un albergo di Duesseldorf, dove, a differenza di Dortmund, qualcuno ha scoperto l'esistenza di un ordigno chiamato condizionatore d'aria. Ma nonostante il fresco artificiale, che sta succhiando via l'umidità atroce che ci ha inzuppato nello stadio del Borussia, l'adrenalina, l'eccitazione, la contentezza infantile per la vittoria in una partita di pallone contro la Germania, in Germania, (tiè, tiè e aritiè) mi tengono sveglio. E nell'insonnia, mentre la sbornia lentamente recede come una marea, uno si chiede come sia possibile, dopo avere visto guerre, rivoluzioni, disastri, scandali, nella propria vita di lavoro, dopo avere conosciuto grandi gioie e grandi tristezze, emozionarsi ancora tanto per una partita di calcio, al punto di indurre un dignitoso signore non più giovanissimo come me a esibirsi in ripetuti gesti del salame, detti anche saluto degli avi o gesto dell'ombrello, in direzione dei colleghi della stampa tedesca seduti con aria inversamente affranta, nella fila dietro della tribuna stampa.
La risposta più onesta è che non lo so. So che è così, e per la Nazionale sono ancora capace di regredire con abbandono a stadi di abbrutimento morale e fisico (seguire un Mondiale di calcio è un impegno atletico) che razionalmente sono riprovevoli e incomprensibili. Nazionalismo da Nazionale? Certamente, soprattutto per chi tiene come immagine nel desktop del computer la foto di un nipotino di due anni americano al quale lo sciagurato padre, cioè mio figlio, ha fatto indossare la divisina completa degli Azzurri. Stupidità? Senza dubbio, ne occorre una dose per soffrire quando un miliardario in mutande sbaglia a dare calci a una palla. Ingordigia? No, perché il calcio non mi ha mai dato una lira e semmai sono io che ho finanziato il calcio da quando sprecavo la paghetta per assistere a Milan Atalanta.
Non ci sono spiegazioni, perché se ci fossero, troverei l'antidoto, la cura, e mi eviterei la rabbie selvagge di fronte ai gol mancati dagli Italiani in Corea, agli sputi, ai calcetti e ai pugnetti che ci costano partite, ai Francesi che si fregano un Europeo che avevamo legittimamente meritato, se non fosse stato per un attaccante che in Nazionale segna soltanto quando ormai la pappa è cotta. Se ci fossero spiegazioni non esisterebbe più il calcio che è uno sport insensato, nel quale si tenta di controllare la palla coi piedi e che produce quindi esiti spesso insensati che poi i cosiddetti analisti tecnici tentano, a posteriori, di ricondurre a logiche che non ha.
Per questo avvengono i casi Moggi, i tentativi di "fix", di rubare il risultato, di controllare l'unico fattore controllabile di questo sport che può essere massacrante, come devono essere stati i 120 minuti di ieri nella sera grondante calore e umidità di Dortmund.
Nella boxe tutto quello che un farabutto deve fare, per essere sicuro del risultato, è convincere uno dei due a fare un bel tuffo, se non può comperare gli arbitri, ma neppure il tanto esecrato arbitro Moreno poteva sapere che Vieri si sarebbe mangiato un gol grosso come un tacchino e che Maldini non sarebbe riuscito a impedire a tale Anh di saltare meglio di lui.
In molti hanno tentato di controllare il calcio, cioè di incanalarne l'assurdità intrinseca, comperando vagonate di giocatori di gran nome senza badare a spese, trafficando con gli scambi di piedi, massaggiando arbitraggi e designazioni e nello sport anche i tentativi di truffare vanno puniti con assoluta severità.
Ma alla fine, nessuno ci riesce davvero, e soltanto qualche anima molto candida o molto torbida può pensare che una squadra arrivi dieci o quindici punti dietro un'altra soltanto per colpa di una guardialinee o di un arbitro o che il Treviso avrebbe vinto lo scudetto se non ci fosse stato Moggi. Si possono regolare i rubinetti dei soldi, come ha fatto per esempio Galliani a nome e per conto del suo datore di miliardi e dei suoi complici in Lega ben lieti di accettare parte del bottino o qualche resto mancia, per soffocare nella culla ogni ambizione altrui o rubacchiare qualche punto grazie a un arbitro che maneggia com abilità di prestigiatore i cartellini gialli e rossi.
Poi, il dio del calcio si ribella e ci regala partite come questa Germania Italia che ci riconciliano con il gioco, non con i truffatori. Inventa terzini e riserve grandi "goleador", riesuma campioni sonnecchianti come Zidane, spinge una squadra come l'Italia che dopo la partita con l'Australia era stata descritta come un residuato bellico e le mette a disposizione la chance di vincere con merito un campionato del Mondo.
Perché il calcio è più forte dei delinquenti che lo vogliono manipolare, dei sensali di cavalli che lo vogliono soltanto mungere, dei buffoni che vogliono usare squadre di club come poster elettorali. E fino a quando ci sarà la certezza di vedere schifezze come Usa Italia e poco dopo partite deliziose come Germania Italia ci potranno provare in tanti, ma non riusciranno ad ammazzarlo. Non è diventato il gioco che il mondo pratica più di ogni altro, perché lo vogliono le tv o gli sponsors. I soldi sono venuti dopo e stanno tentando di soffocarlo, come l'afa di Dortmund, ma il bambino scalcia ancora ed è vivo.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …