Muhammad Yunus: Poveri pieni di risorse

20 Ottobre 2006
*Ventisette anni fa, nel villaggio vicino all’università dove insegnavo economia, mi imbattei in una donna che stava confezionando seggiolini di bambù: un evento fortuito destinato a cambiarmi l’esistenza. E a cambiare anche il modo in cui mi avevano insegnato a guardare ai fatti della vita. Sufia, così si chiamava, era una donna poverissima. Mi spiegò che le davano solo due penny al giorno (in moneta Usa) per confezionare quei graziosi sgabellini di bambù. Non era nelle condizioni di pretendere una cifra superiore, perché per contratto doveva rivenderli a chi le aveva prestato il denaro, a un prezzo naturalmente fissato da lui: un prezzo che copriva quasi soltanto i costi della materia prima. Il lavoro di quella donna veniva retribuito due penny al giorno. E quanto chiedeva in prestito Sufia? Solo 25 centesimi: la somma necessaria per acquistare il bambù.
Attraverso Sufia compresi il potere del denaro. Toccai con mano come fosse possibile ridurre in schiavitù un essere umano impugnando l’arma del denaro. Era profondamente ingiusto, bisognava fare qualcosa. Le banche avrebbero dovuto prestarle soldi, non improvvisarsi usurai. Ma le banche, mi resi conto ben presto, non concedevano nulla ai poveri perché non li consideravano ‟degni di credito”. Le banche chiedevano garanzia prima di poter concedere prestiti. E i poveri non possono offrirne nessuna. Un vicolo cieco che ritenni inaccettabile. Decisi di provare a prestare denaro senza pretendere nessuna garanzia, ed elaborai un metodo che facilitasse al massimo il prestito e la restituzione da parte dei diseredati. Funzionò. Mi concentrai in particolare sulle donne, perché con loro, più che con gli uomini, si estendevano i benefici a tutta la famiglia. Le beneficiarie del credito non solo restituirono la somma con gli interessi, ma cambiarono radicalmente vita: incrementando i loro guadagni, aumento anche la loro autostima; i figli iniziarono ad andare a scuola, la dignità venne loro restituita, le condizioni alimentari e igieniche migliorarono di molto. Fondai allora una banca dei poveri, la Graamen Bank, i cui propietari sono tre milioni di poveri che possono accedere al credito, il 95 per cento dei quali donne. La banca presta denaro per attività in grado di produrre un reddito, per l’acquiso di case, per l’istruzione dei figli. Ai più indigenti fa credito senza interessi. Fornisce un’assicurazione sulla vita, copertura assicurativa sull’attività lavorativa e fondi pensionistici.
La Graamen Bank mi ha convinto con assoluta certezza che i poveri sono assolutamente capaci di prendersi cura di sé. Non sono loro i responsabili della povertà in cui versano, al contrario lo sono le istituzioni create loro intorno, la politica di cui sono vittime, la struttura che tutti abbiamo contribuito a creare. Se offriamo loro le stesse opportunità dei ricchi, non resterà nessun povero al mondo. Ecco l’importanza dei servizi finanziari pensati specificamente per i più deboli: un passaggio così nodale che mi sto battendo affinché il credito venga considerato uno dei diritti fondamentali dell’uomo.
Ma la Graamen Bank è anche un’azienda in attivo. Crea profitto. Dimostra che prestare denaro ai poveri può essere un buon business. Eppure il mondo continua a gestire le istituzioni finanziarie nel modo di sempre, escludendo le fasce di popolazione più deboli. Perché? La sola risposta che so darmi e la mancanza di volontà politica e di iniziativa.
Il mio sogno è dunque di porre fine, da subito, a questa apatia politica, dimostrando che la fine della povertà è un proposito con un doppio intento: ci si può arrivare attraverso le dinamiche di mercato, se solo legislatori e politici lo volessero. Il mio sogno è di concentrarsi su questo, per raggiungere l’obiettivo stabilito dall’Onu nella Campagna del Millennio: riduzione della povertà entro il 2015, sua cancellazione entro il 2030. Da questa data in poi, la povertà sarà un pezzo da museo. Ecco il mio sogno: costruire musei della povertà in tutto il mondo, in modo che le generazioni future possano visitarli e condannare i loro predecessori per la crudeltà dimostrata nei confronti di tanti esseri umani, loro fratelli.
La povertà non è degna di una società civile. È inutile, è dannosa per tutti. Ogni essere umano è dotato di potenzialità vaste, illimitate, ed è una responsabilità sociale aiutare ciascuno a farle emergere. Il mio sogno è di creare una società in cui a tutti sia data la possibilità concreta di liberare le proprie energie creative. E due fattori in particolare servono per raggiungere lo scopo: l'accesso ai servizi finanziari e all'let, l'lnformation & Communication Technology.
Il mio sogno è di ripensare l'economia in modo tale da indurre la leadership politica mondiale a creare istituzioni capaci di porre fine alla povertà, per sempre, senza che mai più si torni indietro. Nel nuovo, auspicato, sistema economico, ogni persona avrà due opzioni: l'impiego salariale o l'impiego in proprio. Ciascuno potrà muoversi fra queste due possibilità a seconda delle circostanze.
Il nuovo assetto economico dovrà fortemente tenere conto che nel mercato esistono due tipi di impresa: una orientata al profitto personale, l'altra con obiettivi sociali. Entrambe dovranno convivere e rendersi competitive sul mercato.
Il mio sogno è che l'impresa a scopo sociale diventi gradualmente dominante, occupando nicchie sempre più consistenti dell'economia e togliendo sempre più spazio alle imprese che generano profitto solo personale. Ci sarà una Borsa a parte per facilitare gli "investitori sociali" a trovare il tipo più adatto di impresa economico-finanziaria-sociale. Chi intenderà investire parte o l'interezza del proprio capitale in imprese socialmente utili avrà come riferimento la "Borsa sociale" e qui prenderà le proprie decisioni. Ci sarà una Commissione di garanzia sociale a regolare gli scambi, e un'Agenzia creditizia sociale. Ci saranno fondi comuni d'investimento sociale per ridurre i rischi degli investitori, e Venture capita I sociali capaci di elargire finanziamenti e di promuovere partnership. Le imprese socialmente utili gestiranno attività (anche in franchising) per diffondere il credito della Grameen Bank nei più remoti villaggi e nelle baraccopoli, per avviare centri sanitari capaci di fornire servizi medici a prezzi accessibili a chi non ne ha alcuno, nelle terre di nessuno; per fondare compagnie farmaceutiche capaci di abbattere i costi dei medicinali, o aziende che promuovano l'utilizzo di energie pulite, rispettose dell'ambiente; o ancora aziende specializzate nel riciclaggio dei rifiuti; imprese per elevare ovunque il grado di istruzione e per garantire ai poveri l'accesso all'Ict più all'avanguardia, in modo che possano trame i massimi vantaggi, il massimo delle informazioni per creare una rete di comunicazione che li avvicini ai mercati e ai consumatori.
L'obiettivo della riduzione della povertà sarà semplice come non mai nella storia dell'umanità con l'aiuto della tecnologia. Il mio sogno è che i professionisti dell'Ict tengano in alta considerazione le donne poverissime e analfabete del mondo, nel configurare hardware e software, e rendere così possibile l'accesso agli strumenti che possono risolvere i loro problemi, a breve o a lungo termine.
Il mio sogno è che tutti, scienziati, militanti, politici, giornalisti, economisti, imprenditori, leader dell'Ict, esponenti religiosi, esperti di alta finanza, professionisti e giovani, tutti insieme possano dare vita a un network che promuova e appoggi iniziative innovative nel campo del business sociale.
Il mio sogno è che una nuova imprenditoria sociale gestisca le multinazionali in modo da proteggere i produttori più deboli, nei paesi più deboli, garantendo loro guadagni equi nelle dinamiche del mercato globale. E aiutandoli a partecipare a pari peso e livello nell'imprenditoria internazionale. Il mio sogno è di vedere che attraverso l'intermediazione dell'imprenditoria sociale i poveri diventeranno azionisti di aziende di successo, in modo da beneficiarne in prima persona, da influenzarne direttamente l'andamento con il potere decisionale. Il mio sogno è di vedere i frutti della globalizzazione penetrare fin nella parte più bassa della popolazione mondiale. Il mio sogno è di vedere i giovani del pianeta diventare imprenditori sociali e risolvere così i problemi economici e sociali attraverso le dinamiche di mercato, creare alleanze politiche per cambiare la natura stessa della politica, liberandola dalla corruzione, dai pregiudizi razziali, religiosi, nazionali.
Il mio sogno, infine, è di assistere alla nascita di una struttura governativa globale in cui si dimostreranno inutili, del tutto superflue, le spese nazionali militari.

*Testo raccolto e tradotto da Cristiana Ceci

Il banchiere dei poveri di Muhammad Yunus

Muhammad Yunus vive in uno dei paesi più poveri del mondo. Ad arginare gli effetti devastanti delle calamità naturali, della malnutrizione, della povertà strutturale, dell'analfabetismo e della alta densità di popolazione, in Bangladesh, non sono bastati i trenta miliardi di dollari degli aiuti int…

La cattura

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