Vittorio Zucconi: Internet, primo sorpasso sulla tv

03 Novembre 2006
Poiché sempre, secondo lo spietato vangelo dell’economia di mercato, un giorno sarà fatto a te quello che tu hai fatto agli altri, tocca ora alla televisione subire quello che la televisione ha inflitto ai giornali di carta. Per la prima volta in una nazione economicamente sviluppata, il Regno Unito, gli introiti pubblicitari di un motore di ricerca per Internet, il famoso Google, battono gli incassi di Channel Four, network pubblico creato nel 1982. E Google si prepara, il prossimo anno, a sorpassare anche la venerabile rete privata e commerciale ITV, la Independent Television. Con un ritmo di crescita pubblicitaria del 92% all’anno, quasi un raddoppio ogni 12 mesi, Google sta sparecchiando il tavolo che le televisioni credevano riservato a loro dopo averlo tolto alla carta. E non è una coicindenza se questo annuncio arriva nel giorno in cui il numero di siti nel Web, la rete informatica, supera i 100 milioni nel mondo e l’augusto Mit, il Massachussets Institute of Technology inaugura, insieme con l’università inglese di Southampton il primo corso di laurea in Internet. Non "via" Internet, come ormai esistono a migliaia, ma "su" materia Internet, dottore in "Internettologia". Dalla nuova economia alla nuova scienza.
Sbollita appunto la frenesia speculativa degli anni ‘90 sulla new economy che divorò sé stessa nel falò delle troppe illusioni, dalle rovine è affiorata la realtà dura di un nuovo mezzo di comunicazione, di informazione, di commercio che sta rendendo obsoleti anche coloro che si credevano all’avanguarda. E comincia a fare soldi. Mentre tutti i grandi network televisivi generalisti sono profondamente in crisi, soprattutto negli Stati Uniti dove Cbs ha speso 15 milioni di dollari per ingaggiare un’anchorwoman stellare alla guida del proprio tg della sera per vederla sprofondare negli ascolti, la "nuova Internet", quella che grazie al progresso tecnologico ormai permette la trasmissione di video e audio di buona qualità, comincia a mangiare la pappa in testa alle tv. Dopo pochi decenni di esistenza, si comincia a sospettare che anche la tv sia "vecchia".
Google, il motore di ricerca creato con 10 mila dollari di prestiti da un russo emigrato in America, Sergyei Brin e da uno studente di Stanford, viaggia verso i 3 miliardi di dollari di ricavi previsti per il 2007 dagli analisti di Borsa, come Mary Meeker della Morgan Stanley che ha concluso una ricerca con una considerazione banale quanto agghiacciante per chi deve competere con predatori quali Google: «La pubblicità su Internet è ancora soltanto il 3% della torta globale, ma i ritmi di crescita sono superiori a ogni altro media e non può che andare in una sola direzione, cioè sempre più in alto».
Le previsioni troppo ottimistiche di un boom della pubblicità via Internet sono state smentite dalla realtà in passato e gli annunci della morte della televisione tradizionale, così come quella della carta stampata, sono ancora naturalmente premature. Ma il mondo della Borsa, come quello della finanza, guarda alle tendenze, scommette sul domani, e la notizia del sorpasso di Google su due dei più venerabili network britannici dimostra che lo "smart money", il danaro più avveduto, comincia davvero a scommettere sul cavallo del futuro. Entro il 2011, spiega lo stesso studio, 450 milioni dei 900 milioni di persone che oggi utilizzano Internet, disporranno di "banda larga", (forse qualcuno anche in Italia, arretratissimo cavallo bolso in questa corsa) dunque della possibilità di vedere filmati, spot, annunci sul proprio computer a scelta, "on demand" come vuole il gergo, senza dover subire l’insulto delle interruzioni imposte durante i programmi. Una fruizione non più passiva, come in tv, ma attiva. E questa volontarietà del consumatore nel guardare una pubblicità rende assai di più in termini di persuasione, di quanto renda la mazzata di spot imposti dalle reti tradizionali. Chi sceglie di guardare la pubblicità di una nuova automobile è presumibilmente meglio disposto, o interessato all’acquisto di quel prodotto, che è l’obbiettivo del messaggio commerciale. Yahoo, la principale concorrente di Google, ha diffuso quasi un miliardo di clip video su richiesta, nel proprio sito, e di questi il 10 per cento, dunque cento milioni, erano spot, aperti dagli utenti. L’insieme del budget pubblicitario destinati a tutti i siti internet cresce, secondo Cnet, del 26% all’anno.
Ma se i quotidiani e i periodici tradizionali pubblicano, come il Financial Times, le notizie del sorpasso di Internet sulle tv con un buona dose di "schadefreunde", di malvagio compiacimento per i guai del nemico radiotelevisivo che tanti dolori ha inflitto, hanno ben poco di cui rallegrarsi. La diffusione dei quotidiani negli Usa - esattamente come gli ascolti dei tg serali, i più importanti, dei tre network maggiori e come i canali satellitari di "all news", a eccezione della Fox di Murdoch politicamente e sfacciatamente faziosa - continua a precipitare. Nei primi sei mesi del 2006, è diminuita globalmente del 2,8 per cento e addirittura del 3,4 per cento per le edizioni sandwich della domenica, imbottite di speciali pubblicitari. Tutte le maggiori testate, dal New York Times al Boston Globe, dal Washington Post al Los Angeles Times, hanno perduto acquirenti. Usa Today, il quotidiano più venduto, ha lasciato per strada 50 mila abbonati in sei mesi. La "signora in grigio", il New York Times ha perduto il 3 per cento dei lettori. Persino il Wall Street Journal ha visto scendere di quasi il 2% la propria circolazione, dimostrando che non è la coloritura ideologica a produrre la disaffezione. E tutto, in un mercato dove non intervengono manine pubbliche, si traduce in pubblicità perduta
Nessuno dei media tradizionali, tra i quali ormai vanno incluse anche radio e tv, è al sicuro dalla avanzata famelica del "velociraptor", del rettile informatico che divora il nutrimento dell’informazione più grassa e flaccida. Sopravviveranno i quotidiani? Reggeranno i network generalisti come la Cbs che ha speso 15 milioni di dollari per la signora Katie Couric, la prima donna anchor, per ottenere un miserabile share del 3,5%? Seminari, commenti, previsioni catastrofiste si accavallano, mentre i pubblicitari cominciano a muovere miliardi verso la grande rete. Fino a quando anche il "velociraptor" alla Google sarà un animale estinto, sconfitto nell’implacabile darwinismo del mercato.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …