Vittorio Zucconi: Internet supera un’altra frontiera. Sono cento milioni i siti sul Web

03 Novembre 2006
C’è una grande nazione nuova nel nostro mondo, un’Atlantide riemersa nella quale abitiamo ormai tutti, senza passaporti né documenti. È cresciuta in fretta come mai nessuna nazione nella storia dell’umanità e ora conta 100 milioni di cittadini, quanti sono divenuti ieri i ‟siti” del World Wide Web, della rete globale di luoghi virtuali e reali nei quali l’umanità si scambia idee, informazioni, commerci, danaro, sogni, infamie e incubi. Quel primo timido collegamento fra due computer tentato negli Stati Uniti nel 1957 da un professore con un nome buffo un po’ da cartoon dei Simpson, il professor Licklider, è diventato ufficialmente ieri un’idra con 100 milioni di teste. Neppure la rivoluzionaria invenzione della stampa a caratteri mobili, che fissa nelle prime due Bibbie prodotte da Johannes Gutenberg nel 1455 addirittura la fine del Medio Evo e l’alba del Rinascimento europeo conobbe un’esplosione paragonabile alla bomba I, alla conflagrazione nucleare di questo nuovo strumento di comunicazione e di informazione. Appena un decennio fa, nel 1995, quando un’organizzazione chiamata netcraft (allitterazione neppure troppo coperta con parola witchcraft, stregoneria) cominciò a tenere il conto di quanti ‟siti” fosse stati aperti lungo i fili di Internet, i website erano 18 mila. Già sembravano molti per una rete perfezionata al Cern, il centro europeo per la ricerca nucleare, dove crearono quei linguaggi e quelle tecnologie che trasformarono i semplici scambi di dati fra calcolatori con il Web, la rete che usiamo oggi, tutto con l’intento di scambiare tra fisici informazioni e scoperte e dati sulle particelle. Ma quel luogo per chierici della cultura scientifica più rarefatta si è allargato come una piazza, come una metropoli che ha avvolto il mondo e che cresce con rapidità esponenziale. Ci vollero quasi dieci anni per arrivare ai 50 milioni di siti nel 2004 e poi appena due anni e mezzo per raggiungere i 100 milioni e non ci sono limiti alla potenziale espansione futura. Costi, programmi, potenze inimmaginabile ancora qualche anno fa dei server, i computer che gestiscono e regolano il traffico, rendono possibile a chiunque l’apertura di nuovi strumenti di informazione, di vendita, di scambio, di comunicazione e di crimine, perchè anche Internet, come tutti gli attrezzi nella storia dell’uomo fabbro, possono essere usati secondo la volontà di chi li maneggia, per il male o per il bene. Quel www, appunto l’acronimo di World Wide Web, rete mondiale, che fu tessuto dai geni del Cern europeo sui rami di Internet costruita dagli americani inizialmente con intenzioni militari, parve all’inizio uno strumento perfetto per lo scambio di dati fra università e laboratori di ricerca, così come i torchi di Gutenberg parvero gli attrezzi ideali per diffondere la parola del Signore. Ma non servì molto tempo perché venditori e spacciatori, propagandisti e magnaccia, artisti e truffatori, capissero quale formidabile universo si fosse spalancato. E la città invisibile raggiungesse i 100 milioni di ‟url” come si dice nel gergo tecnico, di indirizzi, metà dei quali, 54 milioni, sono negli Usa e il resto sparpagliati in Europa, fra Germania, Regno Unito, Francia e, pateticamente lontana, l’Italia. Nella sua terrorizzante magnificenza, questa città del mondo ha annullato i ponti, i mari, le navi, gli aerei e ha cancellato la necessità del contatto umano fra venditore e acquirente, aprendo ipotesi entusiasmanti e spaventose, di solitudine dentro la moltitudine. Neppure più la voce, che ancora legava il telefono alla nostra fisicità umana, e necessaria per comunicare nella città che non esiste. Un computer portatile, una scheda, un collegamento a banda larga sono il passaporto necessario per saltare sopra ogni muro, per divenirne cittadini. Una città aperta nella quale si sta concentrando la nuova ricchezza del mondo, come indicano le mappe elettroniche nella sede di Netcraft o di Google che illuminano le nazioni nelle quali la metropoli del futuro si espande. Ovunque, ormai, tranne in un continente che resta ostinatamente buio, l’Africa. Escluso anche da questa città futura, divenuta, ieri, città presente.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …

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