Michele Serra: I presocratici ultime vittime del Pci

27 Novembre 2006
Togliatti censurò i filosofi presocratici? La domanda, non c’è dubbio, appartiene al genere consolidato della parodia: si prende un’idea (in questo caso, la famosa egemonia culturale comunista) e le si fa il verso gonfiandone fino al ridicolo i presupposti. Chissà se era conscio di questo esito inevitabilmente spassoso Armando Torno, che sul "Corriere della sera" di ieri, con un paginone di cultura richiamato in prima pagina (titolo testuale: "Censura marxista sui presocratici"), dà ampio rilievo alla tesi dell’antichista cattolico Giovanni Reale. Secondo il quale "gli intellettuali comunisti penetrati nei laboratori dell’editoria liberale" avrebbero dolosamente manipolato alcuni frammenti del pensiero greco più remoto nei secoli. Per sapere di quale pregnante valore antimarxista si fossero resi responsabili, con due millenni di anticipo, i presocratici, o quel poco che ne è arrivato fino a noi, basta poi leggere il breve e spietato intervento nel quale Luciano Canfora, nella stessa pagina del "Corriere", tenta di riportare alla ragione il professor Reale e il suo esegeta Armando Torno: nei frammenti "censurati" si parla di capre, capretti e consimili. L’ostilità di Togliatti per le capre non era fin qui nota, né l’eventuale inconciliabilità tra le osservazioni sugli ovini compiute nell’evo antico e i disegni egemonici del marxismo nel mondo moderno. Nel lungo articolo di Torno, infatti, non si riesce a trovare (e come si sarebbe potuto?) neanche il fantasma di una ragione culturale, e perfino di una spiegazione logica, che documenti l’ostilità dei comunisti italiani per i presocratici e per le capre. L’affermazione è dunque squisitamente pregiudiziale: parte dal presupposto di una volontà manipolatoria a prescindere di imprecisati "intellettuali comunisti". Che potrebbe tranquillamente riguardare, oltre ai presocratici, la botanica o i poeti romantici tedeschi, le canzoni di gesta o il romanzo erotico. Il nesso? Non c’è, o meglio esiste solo in quanto si voglia certificare a qualunque costo un vero e proprio piano generale di contraffazione culturale, di censura, di omissione e di menzogna da parte di un ceto politico-intellettuale che agì nell’Italia della seconda metà del secolo scorso. In termini tecnici, questo svolgimento accusatorio è precisamente paranoico. Lo è a partire dal linguaggio, con i comunisti perennemente "penetrati" e "infiltrati", come in una riedizione tardiva e goffa del maccartismo. Possibile che non fossero mai già lì, questi comunisti? Da dove "penetravano", da quali oscuri meandri della società, da quale stato estero, da quale baccellone caduto dallo spazio, da quale condizione umana abietta eppure pericolosamente confinante con "l’editoria liberale", tanto che il povero editore Laterza, che nella ricostruzione del "Corriere" fa la figura dell’ebete, si ritrovò gli uffici della casa editrice pullulanti di comunisti senza neanche accorgersene? E se anche ne avesse avuta contezza, il povero editore liberale infiltrato, come avrebbe potuto sospettare che in qualche scrivania della sua ditta sedeva un togliattiano intento a sbianchettare i presocratici? In questo senso, l’episodio Reale-Torno è decisamente benvenuto. Perché disvela, con un’ingenuità che lascia di stucco, un’ossessione molto poco culturale, e squisitamente politica: quella di ridurre una questione importante come l’influenza marxista sul pensiero e sull’editoria a una trama diabolica e quasi a una interferenza aliena sul corretto dispiegarsi della storia e della cultura nazionali. La nevrosi dietrologica, vizio così tipicamente di sinistra per lunghi decenni, divampa oggi tra le folte schiere di chi rivede le carte della nostra storia al solo scopo di smascherare una lunga congiura, quella dei marxisti versus la Verità. Una ricostruzione dei fatti che, se coerente con i suoi presupposti, vedrebbe la salita al Quirinale di un autorevole intellettuale ex comunista come il culmine perverso di un processo sessantennale di infiltrazione~ Sfortunatamente (ma anche fortunatamente), anche le migliori ragioni e i più onesti propositi, quando perdano di vista la serietà culturale da un lato, e il buon senso dall’altro, sfociano nella caricatura di sé medesimi. La "notizia" della censura comunista sul pensiero greco rischia (come si può leggere in un frammento presocratico inedito, trafugato da Togliatti al povero Laterza e oggi in mio esclusivo possesso) di "buttare in vacca quel poco che rimane della nostra intelligenza". Togliatti lo censurò perché oltre alle capre odiava anche le vacche. Di prossima pubblicazione lo scoop sul piano di sterminio delle galline. Ma non sul "Corriere": il "Corriere" ha già dato.

Michele Serra

Michele Serra Errante è nato a Roma nel 1954 ed è cresciuto a Milano. Ha cominciato a scrivere a vent’anni e non ha mai fatto altro per guadagnarsi da vivere. …