Vittorio Zucconi: Così fa del male il benefattore Gates

09 Gennaio 2007
Fare il bene usando i profitti del male, essere filantropi con una mano e rapaci con l’altra, fino a uccidere proprio coloro che si vorrebbero salvare. L’accusa di ipocrisia e doppiezza contro il benefattore accusato di nascondere dietro la generosità i propri interessi colpisce uno degli uomini più ricchi, importanti, adulati ed esecrati del pianeta, William ‟Bill” Henry Gates, fondatore e padrone dell’impero planetario del software, la Microsoft. La sua Fondazione, che ha diffuso sul mondo più di 30 miliardi di dollari in opere di bene dalla nascita nel 2000 è ora accusata in una lunga e documentata inchiesta del più importante quotidiano della costa Pacifica, il ‟Los Angeles Times”, di alimentare questa munificenza con i profitti degli investimenti nelle multinazionali più ‟socialmente irresponsabili”, dagli impianti dell’Eni italiana in Nigeria a quelle farmaceutiche monopoliste che rifiutano di abbassare i prezzi dei medicinali contro l’Aids, proprio una delle piaghe contro le quali la Fondazione Gates si batte. I sospetti di interessata ipocrisia che colpiscono queste gigantesche Fondazioni americane create per alleggerire le tasse, è la riedizione moderna della classica storia ottocentesca del libertino che lascia le proprie fortune al convento delle ex vergini sedotte, per salvarsi l’anima. Ma se le altre grandi Foundations costruite sui profitti dai Carnegie, dai Mellon, dai Rockefeller, dai Walton sono da decenni studiate, questo attacco all’uomo più ricco della nazione (portafoglio personale stimato a 53 miliardi di dollari) è nuovo. Gates, che ha fatto della piccola società creata per la distribuzione del sistema operativo per Personal Computer MS-Dos, un monopolio di fatto del software che alimenta il 90% dei PC nel mondo, è stato ripetutamente accusato e incriminato per pratiche contro la concorrenza, negli Stati Uniti come alla Commissione Europea, nel tentativo, finora sostanzialmente vano, di spezzare il suo impero. Ma dal 2000, quando ufficialmente lui si chiamò fuori dalla gestione della Microsoft per diventare ‟un filantropo a pieno tempo” e fondare con l’ex impiegata della società, Melinda, oggi sua moglie la ‟Gates Foundation”, Bill sembrava essersi immunizzato dall’odio che la durezza delle sue pratiche commerciali avevano prodotto. Il resto della sua vita, ancora lunga essendo nato nel 1955, sarebbe stato dedicato a finanziare la guerra all’Aids in Africa, l’istruzione delle minoranze negli Stati Uniti, la bonifica dei disastri ecologici, l’assistenza medica nelle regioni più disperate. Una sorta di neo dottor Schweitzer a distanza. Il mondo della politica e della ricerca, non insensibile al suo borsellino, lo aveva ricoperto di onori e di inviti. Lui, che non aveva mai finito l’università a Harvard, aveva ricevuto tre dottorati honoris causa, in Svezia, in Olanda e in Giappone, insieme con un cavalierato della corona Britannica. Ora, la scoperta che il portafoglio benefico della Fondazione è gonfio di profitti raccolti da investimenti in aziende e imprese che fanno esattamente il contrario di ciò che il benefattore dice di voler fare. Lo stabilimento dell’Eni, a Ebocha in Nigeria, vomita sulla popolazione 250 sostanze altamente tossiche, approfittando della inesistente sorveglianza ambientale delle autorità. Secondo i medici di quella zona, asma, bronchite cronica, altre malattie respiratorie sono endemiche. ‟Qui fumiamo tutti, senza mai accendere una sigaretta” dice una madre. Duecentodiciotto milioni di dollari sono stati donati per campagne di vaccinazione e di prevenzione in quel delta del Niger, dove sorgono raffinerie e impianti di Eni, Exxon, Chevron, Shell, Total, Conoco Philips, Tyco e la Dow Chemical, classificate tra i peggiori inquinatori nelle graduatorie americane e canadesi, nei quali la stessa Fondazione ha investito molto di più, 423 milioni. La beneficenza tenta di rimediare dunque ai guasti che l’investimento provoca. Per evitare proprio questo conflitto di interesse, Gates aveva separato il braccio benefico della fondazione dal braccio finanziario, perché la destra non sapesse ciò che fa la sinistra. Ma il braccio finanziario, che deve alimentare la generosità del braccio benefico, non si fa scrupoli. Investe in multinazionali del farmaco che fanno pagare 500 dollari per un trattamento dell’Aids chiamato Kaletra, un prezzo esorbitante per i pazienti in Africa. Il conflitto tra le azioni e le intenzioni si ripete attorno alle grandi cartiere sudafricane, impianti tra i più micidiali, che attirano migliaia di operai e legioni di prostitute, alle quali la Fondazione Gates tenta invano di insegnare l’uso dei profilattici, come ha predicato Bill all’ultima conferenza mondiale di Toronto, mentre la valle sulla quale le cartiere rigurgitano i loro scarichi ha la massima incidenza di tumori. I locali la chiamano ‟la Valle del Cancro” e la causa diretta sono quegli impianti nei quali la Fondazione Gates ha investito. Il 41% del portafoglio è, secondo i calcoli degli specialisti interpellati dal ‟Times”, in società ‟socialmente irresponsabili”. L’opposto di quella responsabilità sociale che il titolare predica nei congressi, alla Nazioni Unite, alle quali donò un miliardo di dollari e ai governi che si sgomitano per invitarlo e ascoltarlo. Naturalmente, accusare e attaccare Bill, l’Antipatico monopolista che milioni di utilizzatori maledicono ogni giorno per i difetti dei suoi sistemi operativi come Windows, è facile e l’obiezione è ovvia. Quelle aziende inquinanti, quelle farmaceutiche rapaci, troverebbero comunque schiere di investitori avidi, senza restituire neppure un centesimo alla comunità umana. E senza la legge fiscale americana che abbuona dal fisco il 5% dei profitti se dati in beneficenza, ci sarebbero ancora meno briciole per i bambini asmatici della Nigeria. Non è facile, neppure per i miliardari filantropi, essere ‟socialmente responsabili” in un mondo socialmente irresponsabile.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …

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