Vittorio Zucconi: Obama, l’ultima sigaretta in nome della Casa Bianca

07 Febbraio 2007
Barack Hussein Obama - il 46enne concorrente democratico alla successione di Giorgio II nel 2009 che è l’unico fumatore confesso nella processione di personaggi che anelano alla Casa Bianca - ha dovuto promettere di buttare le sigarette nella spazzatura della storia della repubblica americana, fondata, 220 anni or sono, da un uomo che aveva fatto fortuna coltivando tabacco, George Washington. Ma il fumo, oltre che alla salute, oggi nuoce gravemente all’immagine pubblica con l’elettorato di pelle bianca, anche per un candidato di pelle scura cui pure i fratelli di colore guardano come a qualcuno ‟nero di fuori e bianco dentro”.
Un Barack Obama con una Marlboro alla Casa Bianca sarebbe forse piaciuto a quell’America "afro" che ancora accende sigarette proporzionalmente più di quella "euro", ma per l’elettorato di mezzo, per le "mamme di sobborgo", per le armate della "fitness" sarebbe stato uno scandalo più intollerabile di un Bush che mente sugli arsenali di Saddam o di un Clinton con un sigaro spento e una stagista tra le mani, come dimostrò la signora Hillary quando fece sparire tutti i portacenere da casa, forse preoccupandosi anche della incolumità delle povere segretarie. Barack, il primo candidato afro-americano con possibilità concrete di ottenere l’investitura del suo partito e di competere per il titolo, fuma da quando era al liceo, in media 10 sigarette al giorno, ha confessato ai giornali di Chicago, ma assai di più sotto esami accademici ed elettorali. Ha smesso più volte, e poi ripreso, l’ultima alla fine dello scorso anno, tra i buoni propositi per il 2007. ‟Sto masticando gomma alla nicotina come un disperato” e la moglie conferma: ‟Dalla fine dello scorso anno, non l’ho più visto accendere una sigaretta”. Si osservi la finezza diplomatica della formula che afferma senza affermare.
Poiché il fumo uccide più americani ogni anno - oltre 300 mila, e un numero sproporzionato di neri che fumano di più e hanno meno soldi per curarsi la salute - di quanti la Internazionale dei Terroristi potrebbe neppure immaginare, un Presidente che fumasse sarebbe visto come una minaccia all’incolumità della popolazione e come il massimo del cattivo esempio in una nazione dove alcuni sindaci di preparano a bandire il fumo ovunque in pubblico e a proibirlo anche nei palazzi di appartamenti, come in California. Secondo Dick Morris, una delle menti più sottili e mercenarie delle strategie elettorali, colui che dopo avere fatto eleggere schiere di repubblicani conservatori, salvò Clinton e i democratici dal caso Monica per un ingaggio più alto, un ‟presidente fumatore” oggi ‟è l’equivalente di un presidente pedofilo”, semplicemente ‟ineleggibile”. Neppure l’opzione di accendere una cicca di nascosto, come Clinton che usciva di notte sulla balconata interna della Casa Bianca quando la moglie non c’era per accendersi un sigaro, o come si dice faccia tuttora Laura Bush, con le sue sigarettine sottili da signora, naturalmente negandolo in pubblico secondo il modus operandi di famiglia, è più disponibile. Come scoprimmo che Bush aveva rischiato di strozzarsi con i salatini davanti alla tv, un Presidente che emanasse puzza di fumo sarebbe certamente esposto da qualche gola profonda e irritata.
L’ultimo fumatore ufficiale di sigarette nello Studio Ovale, se anche Barack dovesse vincere dopo avere davvero smesso, resterebbe dunque Dwight Ike Eisenhower, che morì a 79 anni senza avere mai rinunciato alle Lucky Strike che lo avevano intossicato durante la guerra, nonostante due infarti. Anche "Ike", pur nei meno salutisti anni ‘50, evitava tuttavia di fumare in pubblico, ostentando il vizio come invece amava fare Franklyn Delano Roosevelt, il cui bocchino d’avorio era perennemente incastonato tra le labbra. E se di George Primo, il padre, si sa che aveva rinunciato al fumo dopo il congedo militare, Gerald Ford tirava golosamente da sigari e soprattutto da pipe, brutta abitudine che lo accompagnò quasi fino alla sua morte, il mese scorso, a 93 anni, forse aiutato dall’aria fina della Montagne Rocciose tra le quali aveva abitato dal 1976. Ma se il tabacco fu pietoso con Ford, non lo fu con il vincitore della Guerra Civile, il generale e poi presidente Ulysses Grant, ucciso con un tumore in gola dai 30 sigari che consumava al giorno, in pace o in combattimento.
Più che le sigarette, che avrebbero bruciato sul nascere le ambizioni del giovane senatore dell’Illinois, sono sempre stati i sigari il vizio prediletto degli inquilini della Casa Bianca, forma di tabagismo più freudianamente virile dell’esile ed effeminata sigarettina. A parte Washington, che lo vendeva ma non lo consumava (pare che la gentile signora, Martha, non disdegnasse invece una presina via naso, occasionalmente) fumavano accanitamente sigari James Madison, che se ne portò uno tra le labbra sul letto di morte a 85 anni, Herbert Hoover, il presidente del crack di Borsa nel 1929, e Lyndon Johnson, che li masticava con rabbia osservando le foto aeree del Nord Vietnam. Grover Cleveland, due volte eletto, lo masticava e lo scaracchiava, in sputacchiere di rame degne della Città Proibita maoista.
Fumavano molte First Ladies, Jackie prima fra tutte, e ancora sotto il regno del pio Carter, negli anni ‘70, dopo le cene ufficiali le signore si ritiravano nella "Stanza Rossa" della Casa Bianca per accendere le loro sigarette mentre i gentlemen si accomodavano nella "Sala Verde" per dar fuoco ai loro cannoni. E nessuno era fanatico di sigari, ovviamente cubani, come John Kennedy, che ordinò al proprio confidente e addetto stampa, Pierre Salinger, di fare incetta dei suoi cigarillos prediletti, gli Upmann Petit Coronas, il giorno prima di proclamare l’embargo commerciale contro Fidel. Secondo Salinger, riuscì a rastrellarne 1200.
Dunque almeno in materia di tabacco, saranno risparmiate in questa campagna elettorale a Barack Obama, le implacabili etichette di "Nuovo Kennedy", che affliggono ogni candidato democratico presidenziale che non sia decrepito o irritante.
Il fumo, nella campagna elettorale americana, è ormai da tempo strettamente riservato alle idee politiche, non ai polmoni.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …

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