Vittorio Zucconi: Clinton, ex presidente d’oro, ora vale 40 milioni di dollari

25 Febbraio 2007
È l’‟uomo con la voce d’oro”, è il vecchio seduttore di donne, di elettori e ora di finanziatori, l’arma non tanto segreta di Hillary Clinton nella guerra per la Casa Bianca. Nel circuito mondiale dei "polli di gomma", dei discorsi a pagamento, William Jefferson "Bubba" Clinton, forse il futuro "marito del Presidente", ha incassato finora 40 milioni di dollari da un mondo disposto a pagare fortune per assistere ai suoi "concerti". Con una tariffa d’ingaggio che può arrivare a 500 mila dollari per serata secondo le disponibilità dei consumatori di polli, il Presidente che costrinse per due anni i massimi giureconsulti della nazione a dibattere se il sesso orale fosse un attentato alla Costituzione o soltanto un minuto o due di terapeutico relax presidenziale, Clinton ha stracciato il record di due milioni che Reagan incassò dagli industriali giapponesi. ‟Arrivai alla Presidenza senza un dollaro a mio nome in banca, e dopo esserne uscito sono diventato un uomo ricco” sorride alle platee che devono divertirsi per forza avendo pagato fortune per invitarlo e poi arriva la battuta finale che tira giù la casa: ‟E più divento ricco più Bush mi riduce le tasse, come vedete ho saputo scegliere bene il mio successore”. Il Washington Post, che ha fatto i conti in tasca alla coppia più strana e affascinante che abbia battuto i palcoscenici della politica americana e internazionale, ha calcolato che la ditta Bill & Hillary che aveva lasciato la Casa Bianca nel 2001 indebitata fino alla tintura per i capelli, con una parcella legale di 12 milioni accumulata, oggi ‟vale” come si dice qui, tra i 10 e i 50 milioni di dollari netti. I conti in tasca non sono difficili da fare e non richiedono fughe di notizie o complici nella guardia di finanza. Per partecipare alla vita politica e soprattutto per concorrere alla Casa Bianca, la legge impone che i candidati rivelino davvero il profilo patrimoniale. Dall’esame della ‟financial disclosure” fatta dalla senatrice, e dalle dichiarazioni degli agenti che curano le tournee di ‟Clinton in concert” esattamente come fa il procuratore di un cantante rock o di un calciatore, vengono a galla le straordinarie parcelle di ‟Bubba”, ribattezzato ‟The Golden Voice”, voce d’oro. Clinton è sempre una ‟hit”, un successo. Con quell’aria maliziosamente contrita, che stuzzica le fantasie delle signore, e quel tocco di autoironia che rassicura i maschi, il sessantunenne Bill non si risparmia. Nel 2006 ha tenuto 352 discorsi, praticamente uno al giorno, a volte anche due, pranzo e cena, offerti in pacchetti tutto compreso da 475 mila dollari. Lo invitano congressi di ortodontisti e di impresari di pompe funebri, associazioni benefiche e lobby politiche, finanziarie e immobiliaristi e come ex presidente, dunque come privato cittadino, può andare dove vuole e parlare a chi vuole. Lui e Hillary, o meglio Hillary e lui si dovrebbe dire, funzionano come una efficiente società d’affari, dove da tempo ormai il matrimonio è un puro contratto. Spesso scatta l’offerta speciale del ‟due al prezzo di uno e mezzo”, con un ingaggio pagato a lui per avere anche lei, o viceversa, pollo di gomma compreso. Il Citigroup, la società che controlla la Citibank, è tra i massimi finanziatori della senatrice, con 320 mila dollari versati alle sue casse, ma si è premurata di invitare il marito in Francia nel 2004 per un discorso ai propri dirigenti europei pagato 250 mila dollari. E ha contribuito con 5 milioni al fondo per la lotta all’Aids, una delle iniziative benefiche di Bill Clinton. Anche gli 8 milioni di dollari che Hillary incassò dall’editore delle sue memorie impallidiscono di fronte ai cachet del coniuge e rendono patetici gli ingaggi che Bush il Vecchio, il papà dell’attuale occupante, ottiene, al massimo 125 mila dollari a botta. Ma è soprattutto il pubblico non americano quello più disposto a pagare cifra da riscatto per ascoltare e vedere un uomo che ha ormai superato lo status da ex presidente per assurgere a quello di star. Una finanziaria saudita gli tributò 600 mila dollari per due discorsi a Ryad. Il gruppo immobiliare cinese JingJi, guidato da un alto funzionario locale del Partito Comunista con ancora una forte coscienza proletaria e rivoluzionaria nonostante i grattacieli, si fermò a 200 mila dollari, mentre i più generosi giapponesi del Gruppo Mito ne scucirono 400 mila, per un solo discorso. La Goldman Sachs, insieme con il Citigroup è un cliente costante del marito di Hillary, ma ‟Bubba Bill”, che conosce le via del peccato e delle pubbliche resurrezioni, non disdegna neppure gli inviti di un’organizzazione creata da un Kenyota, Salim Koja, divenuto ispiratore di giovani dopo essere stato condannato per truffa e appropriazione indebita e assegni falsi. L’assegno di 650 mila dollari firmato da Koja per Clinton risultò comunque coperto. L’ecumenismo dell’ex presidente è totale. Nell’accettare inviti non fa distinzione di etnia, fedi religiose o convinzioni politiche. All’Hotel Pierre di New York aiutò il goveno di Sharon a piazzare 101 milioni di dollari in obbligazioni, ma poi parlò in Canada a un gala di cattolici, disposta a pagare 500 dollari a pollo. Oltre la metà di quello che incassa, hanno fatto notare i suoi promotori al Washington Post, va comunque in beneficenza, anche per limare gli artigli del fisco americano, e in particolare per combattere l’Aids. E se qualche imbarazzo nasce, quando accetta 150 mila dollari da una farmaceutica svizzera sotto inchiesta per avere pagato di nascosto medici per ordinare i suoi prodotti, il fine, come sempre nella filosofia clintoniana giustifica i mezzi. Il nuovo fine si chiama presidenza e nessuno altro candidato, democratico o repubblicano, bianco o nero, progressista o conservatore che sia, può vantare nel proprio arsenale un alleato con la ‟voce d’oro”.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …