Vittorio Zucconi: La magia del pianeta triplo, le nuove foto di Saturno

06 Marzo 2007
Anche Galileo si emozionò come noi oggi: "Altissimum planetam trigeminum observavi", ho visto un pianeta triplo altissimo, annotò quando Saturno apparve per la prima volta nel suo telescopio. Era l’anno 1610 e se lo stupore dello scienziato che traspare in quella nota è lontano da noi 400 anni, la meraviglia del bambino che scopre l’universo, è ancora la nostra, di fronte alle foto che la sonda Cassini oggi ci manda. Galileo si sarebbe fatto bruciare vivo dal Cardinal Bellarmino, come Giordano Bruno, per riuscire a vedere Saturno come oggi lo vediamo noi. O per toccarlo, perché la reazione di un banale terrestre davanti alle immagini che la missione italo euro americana del robot spaziale dedicato a un altro astronomo italiano, Giandomenico Cassini e all’olandese Christiaan Huygens, ha trasmesso, fanno scattare la voglia di allungare la mano e di giocare con questo, che di tutti i pianeti e corpi che ruotano attorno al sole è da sempre il più affascinante. Sta, secondo corpo più grande nella nostra famiglia solare dopo Giove, come un frisbee "altissimum" nel sole. Saturno, il pianeta del sesto giorno nella lingua inglese che chiama il sabato "Saturday" e non secondo l’ebraico "Sabato" come noi, aveva fatto impazzire Galileo, che vedeva il suo anello comparire e sparire nel telescopio, secondo la posizione nell’orbita relativa alla Terra. Di esso, del leggerissimo dio fatto di idrogeno liquido e di altri gas che galleggerebbero sulla superficie di una piscina, se si trovasse una piscina abbastanza grande, perchè il suo peso specifico è inferiore all’acqua, oggi crediamo di sapere molto, ma il mistero di quell’aureola di altri gas, di detriti, di satelliti che lo circonda con un diametro di 250 mila chilometri (il diametro della terra è di 12 mila) non è ancora del tutto spiegato. Astronomi, astrofisici, tecnici della Nasa, dell’Esa europea e dell’agenzia spaziale italiana che hanno concepito, costruito e lanciato la sonda Cassini cercano, e cominciano a trovare, risposte scientifiche e quantificabili alle domande che prima Galileo, poi Cassini, prototipo del cervello italiano in fuga divenuto l’astrologo e astronomo di corte nella Versaille del Re Sole e Huygens l’olandese, si erano poste. Di Saturno, della sua composizione gassosa, delle 18 lune che gli orbitano attorno facendo il lavoro dei "pastori" che tengono assieme il frisbee dell’anello altrimenti condannato a disperdersi, del suo lungo ruotare attorno al sole che richiede 27 dei nostri anni terrestri, delle sue dimensioni, che stanno al piccolo pianeta di casa nostra come un pallone da football sta a una moneta di euro, ormai i testi, i laboratori, gli istituti sanno moltissimo. E Saturno ha già attirato molti curiosi. Il primo artifatto umano che lo avvicinò fino a riprendere foto a bassa risoluzione dopo sei anni di viaggio dalla Terra, fu Pioneer 11, nel 1979, ma anche quelle immagini consentirono di scoprire altre lune e anelli che i telescopi da terra, neppure lo straordinario Hubble orbitante attorno alla Terra, avevano individuato. Voyager I e Voyager II, nel 1980 e poi nel 1981, rimbalzarono oltre duemila foto del pianeta leggero e Cassini aveva già avvicinato Saturno nel 2004, il primo a sondare l’atmosfera restando in orbita. Da Cassini, che porta non soltanto il nome, ma un contributo importante della tecnologia spaziale italiana, si è staccato un altro piccolo robot, lo Huygens, che da poco più di un mese sta posato sulla superfice di Titano, la più grande luna del sistema Saturno e la seconda più grande in quel sistema solare che lentamente, ma inesorabilmente, stiamo punteggiando dei nostri ancora rudimentali attrezzi, sulla Luna, su Marte, su Saturno. Dei nostri robot. Ma quello che prende il respiro di tutti, astrofisici e pedoni da marciapedi quando si spalancano queste foto, è la angosciosa bellezza di quello che vediamo, è l’umiliante magnificenza di corpi, di colori, di giochi di luce taglienti, ignoti a noi che viviamo immersi nel batuffolo soffuso dell’atmosfera terrestre. Un sentimento di timore segue all’ammirazione e all’orgoglio, poi quasi di vergogna, di chi è sorpreso a guardare dal buco della serratura l’universo nudo, come non avremmo dovuto vederlo. Siamo bambini guardoni, a bocca aperta, maleducati e invadenti, siamo noi quegli "alieni" che cominciano ad allungare i tentacoli e gli occhi su mondi che non ci appartengono, ma che un giorno saranno nostri, e a deporvi i nostri primi biglietti da visita. Tutti condannati, come Galileo, alla magnifica e insopprimibile eresia del conoscere.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …