Umberto Galimberti: Letizia Moratti, la via breve per ottenere il consenso

14 Marzo 2007
Se volessimo dare un nome all’iniziativa del sindaco Letizia Moratti che ha invitato i cittadini a scendere in piazza per dire basta a prostituzione, spaccio, violenza, rapine, truffe e quant’altro, questo nome sarebbe ‟populismo”. ‟Populista”, infatti, è quel governante che, di fronte ai problemi della nazione, in questo caso della città, invece di cercare la soluzione, porta in piazza le persone perché queste urlino che i problemi ci sono. Sarebbe come se un preside portasse in piazza i suoi alunni per dire che nella sua scuola non funziona niente, o un industriale portasse in piazza i suoi dipendenti per manifestare contro le condizioni invivibili di lavoro. Quello che non farebbe mai un preside con i suoi alunni o un industriale con i suoi dipendenti, lo fa il sindaco con i suoi cittadini, strumentalizzando le loro paure, a cui non sa come porre rimedio. Bella dichiarazione di impotenza che, nella manifestazione, sarà affogata nello sfogo di massa che, essendo stato promosso dal sindaco, farà credere che il primo cittadino è dalla loro parte. Il populismo è esattamente questo. È la via breve per ottenere consenso e approvazione promuovendo manifestazioni in cui si agitano i problemi che non si è in grado di risolvere. L’insicurezza dei cittadini e la paura che ne deriva hanno cause ben più complesse e profonde di quelle che i manifestanti sono soliti urlare. Esse nascono dalla percezione che siamo solo all’inizio di quel processo irreversibile che, per effetto della globalizzazione, traduce le grandi città in agglomerati di sconosciuti, senza più quel tessuto sociale che creava quel rapporto fiduciario tra gli abitanti del territorio i quali, se anche non si conoscevano, sapevano di sottostare a quella legge non scritta che era l’uso e il costume degli abitanti di quella città.
Ora ben vengano le forze dell´ordine invocate dal sindaco. Ma affrontare i problemi e creare soluzioni è un lavoro troppo gravoso per il populista, il quale, se non è stupido come di solito non è, sa che il territorio non lo si garantisce tanto con il controllo delle forze dell´ordine, quanto rinsaldando quel tessuto sociale, depositario di usi, costumi e tradizioni, che rendono fiduciario e non diffidente il rapporto con il prossimo.
Ma per questo ci vuole lavoro che non è proprio la prerogativa del populista. E in particolare bisogna lavorare sui processi di immigrazione da rendere compatibili con i processi di inserimento, sui processi di emarginazione da ridurre con le pratiche di recupero, bisogna lavorare sulla scuola, sulla vita delle carceri per evitare di coltivare un´umanità che, quando sarà libera, lo sarà solo per delinquere, bisogna intervenire sulla programmazione dei media locali che quando non promuovono televendite distribuiscono venti delitti all´ora. E infine bisogna lavorare sulla scelta della rappresentanza politica cui il sindaco affida le deleghe per l´ordine, la sicurezza, l´istruzione, affinché la sequenza dei delitti, delle rapine, del bullismo, della violenza, dell´intolleranza, nonché l´ira dei cittadini non diventino una semplice occasione di propaganda per i politici più demagogici, più interessati a soddisfare l´emotività della gente che a risolvere i problemi.
Perché per risolvere i problemi bisogna averne individuato le vere cause, che sono più complesse di quelle elementari che la gente invoca quando chiede di chiudere le carceri con dieci mandate e blindare i confini all´insegna del "fuori l´immigrato". Come vede ce n´è di lavoro da fare, signor sindaco. E capisco che promuovere una manifestazione per dare ai manifestanti la sensazione di essere dalla loro parte è più facile e meno faticoso che rimboccarsi le maniche.

Umberto Galimberti

Umberto Galimberti, nato a Monza nel 1942, è stato dal 1976 professore incaricato di Antropologia Culturale e dal 1983 professore associato di Filosofia della Storia. Dal 1999 è professore ordinario …

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