Michele Serra: Il partito di Corona

10 Luglio 2007
Circola da qualche giorno, non smentita, la notizia che Fabrizio Corona starebbe per salire ad Arcore per vagliare con Silvio Berlusconi – da leader a leader – i suoi progetti politici. Intenderebbe fondare "un nuovo partito di destra", mettendo al servizio del capo dell´opposizione la sua fresca popolarità giudiziaria. Popolarità che nella piccola Bisanzio meneghina dove egli vive (corso Como e le sue traverse) gli ha già fruttato qualche applauso da marciapiede, e un lancio benefico di mutande dal suo davanzale di casa.
Nel paesaggio antropologico italiano, l´idea di un vertice Berlusconi-Corona ha questo di terribile: che è perfettamente plausibile. Fotografa gli incubi peggiori dei benpensanti di sinistra (come chi scrive), convinti in cuor loro che lo sfascio cerebrale del Paese ancora non abbia partorito tutti i suoi mostri. E il guaio è che niente come l´espressione del nostro sconcerto vale ad attizzare la fantasia sfrenata dei Corona: oramai ci basta mormorare a bassa voce "oddio, questo no, non può essere…", e subito qualche frondista o qualche esteta del nuovo nichilismo provvede ad accontentarci, godendo un sacco del nostro naso torto, della nostra tristezza imputabile – secondo loro – non allo spettacolo in onda, ma al carattere mesto di chi non lo gradisce.
È l´ombrello di Altan: che esiste, a pensarci bene, solo perché ancora esistono terga vulnerabili. Non per caso, da anni, è opinione molto diffusa, nella destra dolcevitosa e sui suoi giornali, che il problema non sia l´ombrello, ma le terga: il problema non è l´immoralità, è il moralismo di chi si impanca a definirla tale. Dall´elogio di Previti (già incassato) all´elogio di Corona (siamo pronti), dal conflitto d´interessi presentato come monomania di una casta di bacchettoni al profluvio di merda televisiva imputato alle narici troppo sensibili di chi sente puzza, il gioco dei ruoli è ormai consolidato: chi si offende è perduto, è il vecchio testimone imborghesito di una cultura occhiuta e impicciona, che niente capisce delle pulsioni rapinose e vitali di tronisti e viveur, faccendieri e cortigiane, un tempo (da Pitigrilli a Paparazzo, quello vero) colorite frattaglie del ventre nazionale, oggi, grazie alla televisione, divenuti un nuovo ceto così coeso, e sdoganato, da far saltare in mente a un tenentino del gossip come Corona di nominarsi generale. E raccogliere sotto le sue insegne quella vibrante gioventù che bivacca ai margini dei palinsesti, e spinge per entrare, e non si capacita dei pochi gettoni fin lì racimolati quando basta, per dire, vendere (a una rete Mediaset) le immagini rubate della propria separazione, e della propria ex moglie in ambasce, come ha fatto il leader Corona, per diventare ricchi, ricchi a palate, come è obbligatorio che sia, come è impensabile, intollerabile che non sia. O ricchi o morti. O famosi o indegni.
Ma davvero per questo si è "di destra", oggi? Perché tra sé e i quattrini facili, tra sé e il successo, non si tollerano più gli scalini della fatica o lo scalone del talento? Ma non era la destra, fino a prima di Berlusconi e del berlusconismo, la prima teorizzatrice del dovere, delle leggi e delle gerarchie? La destra legalitaria dei padri liberali e monarchici, quella di Ambrosoli e di Borsellino (fatti fuori entrambi, e si capisce), che predicava onestà e pazienza, merito e rispetto? Che cosa è successo, negli ultimi vent´anni, in questo Paese, se un giovane furbo di Milano, neanche stilista, neanche designer o procuratore d´affari o trafficante di bond, può definirsi "di destra" e bussare alla porta di Berlusconi, senza che nessuno, a destra, si scandalizzi e manifesti il suo disgusto? Senza che Berlusconi, che pure rappresenta anche un sacco di persone per bene, non senta la necessità di mobilitare il suo esercito di portavoce e opinionisti per smentire decisamente di avere qualcosa a che fare con un arnese del genere?
Forse il problema è che nessuno si è accorto che l´ombrello di Altan bussa a tutte le porte. La presunta puzza sotto il naso dell´establishment intellettuale di sinistra è uno spettacolo che entusiasma la nuova destra sbarazzina, convinta che la disinvoltura etica sia una trovata spiritosa, destra come destrezza nell´adeguarsi ai tempi che corrono, agilità mentale contro la mentalità ottusa della vecchia sinistra barbogia. Ma i Corona lavorano solo per se stessi. Quando saltano le chiuse, saltano per tutti, a destra e a sinistra. E trovarsi a convivere con una smania decerebrata di successo, un carrierismo patologico, un cinismo sconfinato e feroce, farà del male a tutti. Ha già fatto del male a tutti, non alle due Italie, ma a un paese intero.

Michele Serra

Michele Serra Errante è nato a Roma nel 1954 ed è cresciuto a Milano. Ha cominciato a scrivere a vent’anni e non ha mai fatto altro per guadagnarsi da vivere. …