Umberto Galimberti: Non mescolare le cose, il comandamento smarrito

27 Agosto 2007
La differenza sessuale l’abbiamo già abolita con gli abiti unisex, grazie ai quali il giovane può cancellare il sesso a vantaggio dell’età, offrendo così alla retorica della moda quelle espressioni "ancora giovane, sempre giovane" che servono a conferire all’età, più che al sesso, i valori di prestigio e seduzione. Oggi, la tendenza dei designer è quella di abolire la differenza tra adulto e bambino, arredando le camere dei bambini con oggetti dal significato adulto quando non velatamente sessuale, e i soggiorni degli adulti con arredi infantili che segnalano la fatica di crescere se non addirittura il rifiuto. Come per i vestiti, così per gli arredi sembra di assistere a un ritorno all’"indifferenziato" da cui l’umanità un giorno si è emancipata attraverso regole, divieti, tabù, codici, rigidi comandamenti seguendo i quali era possibile distinguere l’alto dal basso, la destra dalla sinistra, collocare in alto le cose celesti, in basso quelle terrene, a destra il bene, a sinistra il male, sotto la terra il regno dei morti, sotto la volta del cielo i presagi per i vivi. Fu così che l’uomo fuoriuscì da quello sfondo pre-umano abitato dagli dei, a proposito del quale Eraclito dice: ‟Il dio è giorno e notte, inverno e estate, guerra e pace, sazietà e fame, e muta come il fuoco quando si mescola ai profumi odorosi, prendendo di volta in volta il loro aroma”. A differenza del dio, prosegue Eraclito: ‟L’uomo ritien giusta una cosa e ingiusta l’altra e non mescola tutte le cose”. Non voglio elevare troppo il tono del discorso a partire da semplici oggetti di arredo, ma senz’altro segnalare che ogni abolizione delle differenze genera una sorta di disorientamento che non aiuta chi sta crescendo a raggiungere quello stadio della ragione che è articolazione delle differenze. Quando un bambino usa un pennarello prima per disegnare, poi per succhiarlo, infine per metterlo nell’occhio del fratello, interviene la mamma che, con una serie di no, insegna che il pennarello serve solo per disegnare, perché non è un biberon e tantomeno un’arma impropria. Con i suoi divieti la mamma insegna al bambino il principio cardine della ragione che è il principio di non contraddizione, per cui una cosa è se stessa e "non altro". Insegna le differenze tra le cose e passo passo porta il bambino fuori dall’indifferenziato, dove pericolosamente abita e per cui richiede costante vigilanza. Confondere i codici e far credere che non c’è nessuna differenza tra un tappeto e un uovo fritto, tra una poltrona e una bocca spalancata significa non aiutare il bambino a uscire dall’indifferenziato in cui abita prima di orientarsi nel mondo, e avviarlo a passi spediti nelle prossimità del delirio dove queste contaminazioni sono frequenti, e se non è il delirio, il mondo del sogno dove tutto si contamina in quel fluire e defluire di immagini, dove l’effetto precede la causa, dove il tempo si contrae e lo spazio si altera, dove neppure la mia identità resta stabile, ma prende a oscillare tra l’adulto e il bambino, tra il maschio e la femmina, perché quando la coscienza dorme è la follia a inscenare il suo teatro. E i bambini vivono in un mondo folle che non è il caso di alimentare con oggetti che hanno più l’apparenza dei fantasmi onirici che la segnaletica di un mondo ordinato o in via di ordinamento. Quando poi sono gli adulti a circondarsi di oggetti infantili - come le poltrone che non finiscono con i braccioli ma con due mani prensili, o come gli arredi da bagno che, dal lavandino allo specchio, hanno la forma dei cuoricini che i bambini dell’asilo si scambiano quando, incapaci di scrivere, comunicano con disegnini i sentimenti delle loro amicizie e inimicizie - allora davvero si contravviene al sesto comandamento che, nella versione originale, non recita: ‟Non commettere atti impuri”, ma: ‟Non mescolare le cose”. La cultura greca che tanto ha insistito sulla "paideia", ossia sull’educazione dei bambini, a più riprese ha messo in guardia sul rischio di mescolare le cose. Accadde ai troiani che confusero una macchina da guerra come il cavallo di Troia per un dono votivo, accadde ad Edipo che trattò sua madre come sua sposa, accadde ai tebani che quando Dioniso, il dio di tutte le contraddizioni, entrò nella loro città, videro le donne comportarsi come menadi scatenate, i vecchi come bambini, e soprattutto videro infrangersi l’ordine culturale che custodiva quei valori mitici e rituali che garantivano la buona convivenza nella città. ‟Non mescolare le cose” significa che l’adulto deve fare l’adulto e non il bambino, e deve affidare agli oggetti che dispone nella casa le tracce ben visibili di questa differenza. Perché il bambino che si sta orientando nel mondo e faticosamente sta acquisendo la differenza tra le cose progressivamente liberate dalle contaminazioni fantastiche, oniriche e allucinatorie che prima possedevano, riceve un grande conforto se, in questo processo che lo libera dall’incertezza quando non addirittura dall’angoscia, è aiutato dall’adulto che non fa il bambino e non si confonde con lui mescolando per gioco tutte le cose, perché questo, anche se non sembra o non gli si dà troppa importanza, è un gioco davvero pericoloso, perché disorienta, perché non avvia all’età della ragione, che è articolazione delle differenze.

Umberto Galimberti

Umberto Galimberti, nato a Monza nel 1942, è stato dal 1976 professore incaricato di Antropologia Culturale e dal 1983 professore associato di Filosofia della Storia. Dal 1999 è professore ordinario …