Vittorio Zucconi: Il bambino che sfida Bush sulla riforma della sanità

03 Ottobre 2007
Con il caschetto di capelli biondi, gli occhiali da miope e le mani intrecciate per nascondere il nervoso, è un ragazzo di 12 anni con la faccia di Macaulay Culkin di ‟Mamma ho perso l’aereo” il nuovo ‟nemico pubblico numero uno” di George W. Bush, nel film vero che sta terrorizzando la Casa Bianca. Si chiama Graeme Frost, viene da Baltimora e dai microfoni delle radio, dalle tribune del Congresso, sta ribattendo e rispondendo direttamente a Bush. Lo accusa di volere la sua morte e la morte di tutti i bambini e le bambine come lui, che per sopravvivere a malattie e incidenti dipendono da quella sanità pubblica che la Casa Bianca vorrebbe falciare nel nome dell’ideologia privatista e degli interessi del ‟big business” assicurativo. La storia di Graeme, il bambino che è stato scelto per essere il protagonista di un film che si potrebbe intitolare ‟Presidente, ho perso l’assicurazione” è insieme una storia vera e una sceneggiatura politica. Questo ragazzo di seconda media, insieme con un rabbino, una suora cattolica, un infermiera e un pediatra già portati in parata, sono i volti pubblici della battaglia lanciata dai Democratici contro il Presidente Repubblicano sul terreno del problema che angoscia la vita quotidiana degli americani di ogni età e condizione: l’assicurazione sulla salute. Graeme aveva 8 anni quando viaggiava con la sorella sull’auto del padre che scappò via sul ghiaccio di dicembre. Si ferì gravemente. In quattro anni di interventi chirurgici, assistenza, riabilitazione lenta, è tornato in piedi, un ragazzo come gli altri ora in settima classe nella Park High School di Batimore. Ma il miracolo della sua piccola resurrezione non sarebbe avvenuto se il padre avesse dovuto pagare con il suo reddito di 36 mila dollari all’anno il conto medico, fisioterapico e ospedaliero (finora) di 400 mila dollari. Fu pagato da Schip, che non è un benefattore, ma l’acronimo del programma di assicurazione pubblica statale per minorenni delle famiglie di reddito basso, che gli stati americani finanziano con i fondi ricevuti dal governo federale. Ora il caritatevole "Mister Schip" ha finito i soldi e Washington lo deve rifinanziare. Generosamente, vota la maggioranza democratica in Parlamento con ampia collaborazione del partito repubblicano (67 "sì" su 100 senatori). Tirchiamente, pretende Bush, il "Mister Scrooge", l’avaro delle rappresentazioni natalizie, che ha annunciato il veto ai 35 miliardi di dollari di aumento e l’estensione anche a fasce di reddito più alte (fino a 62 mila dollari l’anno). Lo vede come un cavallo di Troia, questo ‟Schip”, nel quale far passare l’aborrito nemico, la minaccia finale alle civiltà occidentale e alla "american way of life": un sistema sanitario nazionale. ‟Irresponsabile” ha risposto Bush a Graeme. Il ragazzino biondo, il rabbino, la suora, il pediatra, l’infermiera, sono pedine per il sociodramma che dal 1947, dai tempi di Harry Truman, l’America recita senza mai portarlo a termine: il dramma della nazione più ricca del mondo che può permettersi di spendere 500 miliardi l’anno per le forze armate, 620 miliardi aggiuntivi per la guerra senza fine, avere tremila miliardi di debito pubblico, ma grida allo stalinismo di fronte a 35 miliardi stanziati per assicurare almeno i figli di chi non può pagare le cifre da riscatto chieste dalle assicurazioni private. Bush non ci sente. L’ideologia privatista, e la potenza di fuoco delle grandi compagnie di assicurazione che già polverizzarono il tentativo di Hillary e Bill Clinton di introdurre un’assicurazione nazionale, gli faranno mettere i veto all’aumento del finanziamento di questo ‟Schip”, che costerebbe 60 miliardi per i prossimi 5 anni, l’equivalente di appena sei mesi di guerra in Iraq. Persino il nerboruto governatore della Caiifornia, nominalmente repubblicano, lo implora di non mettere il veto e di allargare l’assicurazione sanitaria per i figli delle famiglie medio basse. Ma il principio conta semore più della realtà, in quel film in bianco e nero che è il mondo di Bush, e i candidati democratici per la Casa Bianca, che sventolano tutti le promesse di una nuova era per la sanità, sentono di averlo, questa volta, incastrato. Il bambino smarrito e timido che chiede con la voce spezzata dai primi sintomi dell’adolescenza di non lasciarlo a casa da solo senza l’assicurazione, è un nemico politicamente più micidiale dei sinistri barboni che delirano dalle lontane caverne dell’Asia.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …

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